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Svelata la nuova Leica Q Typ 116, la recensione in anteprima di Macitynet

C’è un segmento interessante di macchine fotografiche compatte di alto livello con obiettivi di grande qualità. Un segmento che è anche una nicchia altopagante, visti i prezzi, e che attira l’attenzione di professionisti e di amatori evoluti. Questa nicchia, dove Sony, Fuji e Ricoh, ma anche Panasonic e vari altri marchi blasonati come Nikon e Canon hanno lanciato in passato i loro prodotti, oggi diventa terreno di conquista per Leica.

Annunciata con una serie di teaser negli scorsi mesi e da una serie di (imprecise) indiscrezioni, la nuova Leica Q è il tentativo di rinvigorire la gamma di compatte/bridge della casa tedesca con un prodotto di altissima qualità che Macity ha avuto la possibilità di provare in anteprima.
Diciamolo subito: la principale difficoltà incontrata con la nuova Leica Q è stato resistere in silenzio alle decine di post su blog e forum vari. Tutti a farsi domande su cosa Leica avrebbe presentato il 10 giugno 2015 alle ore 15 (fuso orario italiano) mentre chi scrive aveva tra le mani e scattava foto con il piccolo oggetto del desiderio in anteprima per Macity. Che, vale la pena notare, è una macchina fotografica molto migliore di quella che verrebbe sulla base delle ipotesi fatte dalle voci e dai rumors online.
Leica Q Typ 116 1Una premessa
Come ha fatto Leica a costruire questa nuova Leica Q Typ 116, oggetto da quattromila euro meno cinque (3.995 euro) con obiettivo fisso Summilux 28mm f/1.7 e sensore full frame? La risposta è semplice: per la prima volta la casa tedesca è andata dai fotografi (amatori, evoluti e professionisti) che conosce e ha chiesto loro quali sono le cose che avrebbero giudicato importanti in una nuova macchina fotografica di questa classe. Le risposte sono state illuminanti: un decalogo di dieci punti sui quali concordano i potenziali clienti dell’azienda passata alla storia per aver inventato il formato 35millimetri ben 100 anni fa e lanciato la serie M (la più famosa macchina a telemetro, tutt’ora in produzione) 60 anni fa.

La nuova macchina a lente fissa di Leica risponde a questo identikit: sensore full frame, gamma dinamica e performance degli ISO molto elevata, mirino elettronico di alta qualità, obiettivo 28mm di altissima qualità, autofocus prestante ma anche messa a fuoco manuale semplice e precisa, corpo leggero tutto in metallo, ottima ergonomia e qualità complessiva dell’oggetto macchina fotografica di alto livello (finiture, assemblaggio delle parti, robustezza).
Leica Q Typ 116 2

“Das Wesentliche”, “l’essenziale”
Costo forse elevato ma sicuramente prestazioni maiuscole per questo piccolo prodigio tecnologico che sembra una M a pellicola come ingombri (minori rispetto a quelli dell’attuale serie M digitale, più spessa, alta e pesante) e con una usabilità più che discreta. La filosofia di base è quella delle macchine retro, di una estetica che Fuji soprattutto sta cavalcando (con la serie X100 e con altri prodotti X) ma che anche altri marchi giapponesi hanno individuato come una componente dell’attuale “retromania” della nostra società: Nikon e Olympus sono in prima fila, ciascuno nel suo segmento. È una linea che interseca quella della rivoluzione digitale, delle mirrorless, delle bridge che possono in realtà essere vere e proprie macchine “complete” grazie ai sensori full frame e a ottiche di qualità.

Se si esce, poi, dalla strada delle reflex e delle bridge “fatte a forma di reflex” (cioè grosse, ingombranti e “gobbe” sul mirino integrato) come ha scelto ad esempio di fare Fuji, si entra in un percorso interessante alla fine del quale c’è Leica. La quale ha inventato la moderna fotografia 35mm, ha tenuto in piedi l’impostazione delle telemetro ma ha anche fatto un lungo lavoro di ricerca e di raffinamento alla luce del digitale. Non dimentichiamoci che la prima full frame digitale è stata una Leica (M9) e che i primati di questa casa tutta europea sono talmente numerosi (e di costosa nicchia, va detto) che è quasi impossibile riassumerli tutti qui. Ma la ricerca dell’essenziale non si è certo fermata alla M3 o alle macchine a vite di Oskar Barnack. Tutt’altro: Leica, come dimostra questa Q, non riposa sugli allori. Vediamo perché.

Focale moderna
Si può definire in molti modi un obiettivo 28mm ma certamente non si può dubitare che sia un grandangolo. Se le lenti “normali” sono ricomprese nelle lunghezze focali tra i 35mm e i 50mm (o focali equivalenti per sensori full frame e pellicola) e i tele vanno dai 75mm in su, il 28mm è decisamente una lente “aperta”. Grandangolare. Che mette molto mondo dentro l’inquadratura e richiede di andare vicino, molto vicino, al proprio soggetto. Tant’è che è ideale sia per gli esterni (facendo molta attenzione a tenerla perpendicolare al suolo e parallela al soggetto inquadrato, se si vogliono minimizzare le distorsioni ottiche) che per gli interni. È una focale più intima, personale, che al tempo stesso consente di vivere e scattare in spazi stretti e affollati oppure di essere sociali e chiamare dentro tanti amici per scatti di gruppo e grandi panorami.

Un obiettivo da street-photography, da reportage, da racconto illuminato e creativo. Una lente non banale, che ad esempio Ricoh con la sua gamma di ottime super-compatte GR (prima a pellicola e poi digitali) ha reso uno strumento creativo quasi perfetto. Leica porta questa filosofia a un livello superiore perché consente di utilizzare la lente su un sensore full frame e di farlo con un mirino elettronico (sorry, niente telemetro) che nelle nostre prove si è rivelato straordinario per qualità visiva e mancanza di ritardo) e con la storica qualità dei suoi super-luminosi Summilux.

In questo caso una lente non retrofocus che si ferma a f/1.7 anziché il tradizionale f/1.4 della categoria Summilux (secondo la nomenclatura Leica) per ottimi motivi: l’azienda voleva una lente che fosse al massimo della resa anche a diaframma completamente aperto e così è: l’obiettivo è secondo noi la parte più costosa di questa macchina fotografica certamente non economica (costa più di una reflex e lente kit di qualità medio-alta!) ma ha una resa spettacolare, con bassissime distorsioni, resa dei colori stringente e nessuna morbidezza. L’obiettivo fisso Summilux 28mm f /1.7 ASPH. è un capolavoro: ha 11 lenti in 9 gruppi, 3 elementi asferici e diaframmi da f/1.7 sino a f/16 in passi da 1/3 con posizione “A” per la priorità dei diaframmi.
Leica Q Typ 116 3

Le ragioni di una scelta
Perché mettere un obiettivo costoso e così luminoso su una macchina fotografica full frame che ha una gamma ISO da 100 a 150mila, con resa di qualità sino a 32mila? Certamente non per vederci meglio al buio. L’idea di Leica è che si possa dare capacità di espressione artistica tramite la lente luminosa ai fotografi (effetti di sfocato, bokeh ricco e pastoso nonostante la corta focale) anche in pieno giorno grazie al nuovo otturatore ibrido: meccanico sino a 1/2.000 di secondo e poi elettronico fino a 1/16.000. In questo modo si può scattare in pieno giorno a tutta apertura.

Insomma, è cambiato il quadro di riferimento e adesso Leica, come gli altri, non cercano più di compensare con obiettivi molto “veloci” pellicole relativamente “lente” (25, 50, 100, al massimo 400 ISO fino a un paio di decenni fa), ma di offrire nuovi modi di interpretare la fotografia. Anche la ghiera dei tempi sulla calotta superiore ha una posizione “A” per la priorità dei tempi. In questo modo è possibile lasciare alla macchina fotografica la scelta della durata delle esposizioni a seconda del diaframma scelto. Se si mette anche questo in automatico e si lascia ISO e bilanciamento del bianco a loro volta in automatico, siamo di fronte a una costosa ed estremamente raffinata punta-e-scatta. Una sorta di Super iPhone 6 Plus della fotografia tascabile. Che ci regala anche la possibilità dell’autofocus (bisogna fermare la ghiera di messa a fuoco manuale, ottima e precisa, a fine corsa, assicurandosi di aver bloccato il piccolo cursore). E che, diciamocelo chiaramente, se avesse l’obiettivo rimovibile con attacco M a baionetta, manderebbe in pensione l’attuale M in trenta secondi.

Com’è scattare con la Q – Typ 116
Il mondo si divide in chi ha scattato con la pellicola e chi no. E poi in chi ha scattato con le reflex e chi con le telemetro. E chi con macchine professionali o semi professionali e chi con compattine amatoriali. Leica ha l’ambizione di tirare una riga sopra tutto questo. Il contesto è favorevole. La retromania porta molti a imparare l’impostazione vecchio stile dei comandi delle macchine fotografiche, quelle senza ghiera modale PASM ma con tempi sulla calotta e diaframmi sull’obiettivo e ghiera di compensazione di lato (che fortunatamente questa Leica Q ha, a differenza della serie M). Il digitale permette di semplificare e complessificare allo stesso tempo la fotografia, dando libertà dalle costrizioni sia nel senso dei troppi limiti (mancanza di scelte possibili) che della troppa flessibilità (che genera confusione).

E qui arriviamo al punto saliente della recensione: questa macchina fotografica è come un cavallo di razza. Se si conoscono i punti fondamentali della fotografia (veramente poche cose che si imparano in mezzo pomeriggio e che non hanno niente a che fare con l’orgia di menu e sottomenu delle attuali macchine giapponesi né con la fame di preparazione tecnica che produce “fotografi certificati” per questo o quel firmware e software) si fa guidare docilmente come un ronzino di classe. Se gli si chiede di correre, vola più e meglio della maggior parte delle macchine fotografiche sul mercato, senza scherzi. Certo, lo scatto è quello di uno straordinario obiettivo ma la focale è pur sempre un 28mm (che si può croppare in modo elegante a 35mm e anche a 50mm producendo file Jpeg o Raw sempre di qualità) ma la manovrabilità, la semplicità d’uso e la velocità di reazione di questa macchina, senza contare la sua mancanza di prosopopea (non sembra di avere un bazooka puntato contro quando qualcuno ci inquadra con la Leica Q, a differenza della maggior parte delle reflex) e le sue dimensioni sono più che piacevoli.

La Leica Q è “piccola” rispetto alle grandi ma sufficientemente “grande” rispetto alle compatte da consentire una fisicità corretta e stabile. C’è lo stabilizzatore ottico, e la focale è talmente corta che si riesce a scattare a mano libera con tempi pazzeschi senza fare mosso o micro-mosso. Il primo approccio può essere spiazzante a causa di una ergonomia differente da quella tradizionale, ma basta poco per capire come funzionano le cinque cose fondamentali (tempi, diaframmi, fuoco, ISO e gamma dinamica). Leica ha in effetti ascoltato con attenzione quel che le chiedevano i fotografi di mezzo mondo. La risposta è maiuscola.
Leica Q Typ 116 4

Ergonomia e altre cose
Corpo in magnesio e alluminio nero, solidità al tatto, leva per la messa a fuoco precisa e fluida (un po’ più “dura” rispetto ad alcuni obiettivi M provati in passato, anche Summilux), autofocus rapidissimo, il corpo macchina è ben bilanciato e si tiene bene in mano. Ci sono anche alcuni accessori (il grip o la mezza protezione in pelle) che permettono di avere una presa ancora migliore. Il software di bordo è decisamente più semplice e funzionale rispetto alla grande maggioranza di quelli sulle macchine oggi in commercio: questo non è un fattore secondario perché semplifica la disponibilità allo scatto e non richiede di vagare per ore attraverso menu e sotto-menu (lo so, mi ripeto, ma guardate che questa sta diventando una piaga della fotografia Japan-style) trasformando l’esperienza di scatto in un’arma per il fotografo e non in un ostacolo che lo rallenta nel cogliere l’immagine che sta cercando.

La Leica Q è prodotta tutta a Wetzlar, con un processore super-potente, il Maestro II che la Leica utilizza sulla sua nuova medio-formato digitale, Serie S. Ci sono tutti i ritrovati più moderni, ovviamente: dal focus peaking a tutte le possibili correzioni e aggiustamenti, più Wifi per passare le foto a iPhone o iPad oppure per comandare la macchina direttamente dalla app. Lo schermo posteriore da tre pollici è molto luminoso e touch, mentre il mirino come già detto è fenomenale con 3,7 milioni di pixel che non fanno rimpiangere un telemetro, mantenendone l’impostazione laterale.
Leica ha lavorato molto per ottimizzare l’obiettivo con il sensore e il processore del segnale, per arrivare a ridurre quasi a zero qualsiasi aberrazione e deformazione. Un sistema di correzione non solo meccanico e ottico ma anche digitale che negli ultimi anni sta assumendo caratteristiche sempre più interessanti (pionieri sono stati soprattutto Olympus e Panasonic con gli obiettivi per Quattro Terzi e Micro Quattro Terzi) e che si sposa anche al sensore costruito su misura per questo tipo di obiettivo.

Conclusione
In tutte le circostante in cui è stato possibile provare a scattare con questa macchina la resa è sempre stata più che notevole. Una full frame di classe, capace di impieghi molto flessibili. I 24 Megapixel di risoluzione del sensore consentono di scattare ottime foto anche da croppare per arrivare a lunghezze focali maggiori (senza però cambiamento di prospettiva, ovviamente) e i Jpeg escono con una qualità che può essere quella corretta per molti. I file Raw, in formato DNG (Leica segue con certa precisione le specifiche di Adobe per un negativo digitale universale) sono di alta qualità e mostrano in pieno di che cosa è capace questo obiettivo. Resa dei colori piena, nitidezza, definizione di alto livello, sfocato pastoso nonostante sia piuttosto limitato dalla corta focale che non consente di far “esplodere” più di tanto la tanto amata marmellata di pixel che va per la maggiore.

La Leica Q è una macchina per tutti? No. Lo sarebbe solo a condizione: A) di avere quattromila euro, B) di saper scattare le fotografie, perché non perdona (anzi, amplifica) le imprecisioni, C) di avere una forte passione per gli obiettivi 28mm. Se siete persone da teleobiettivo o da zoom, se passate più tempo a ravanare tra i menu che non a scattare fotografie, se pensate che Leica sia solo per ricchi figli di papà, dentisti e avvocati, evidentemente questa non è la macchina fotografica per voi. Peccato, perché rimarreste davvero molto sorpresi da quel che si può fare con questo piccolo capolavoro di ingegneria e ottica come lo è stato chi scrive. Se invece avete voglia di mettervi alla prova, o cercate un secondo corpo full frame e un’ottica grandangolare strabiliante da poter portare sempre con voi, allora avete trovato l’affare della vita.

Pro
Obiettivo spettacolare
grande flessibilità d’uso
essenziale nei comandi
full frame

Contro
Prezzo elevato
lunghezza focale di nicchia
impostazione “antica” e un po’ modaiola

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