Apple, Google e altri big del settore che operano nella Silicon Valley dovranno rispondere di accordi anticompetitivi. L’accusa è contenuta in una causa collettiva che prospetta uno scenario che ha aiutato le realtà del mondo IT a risparmiare sugli stipendi, e in definitiva, a rendere meno efficiente il sistema di concorrenza.
Kelly Dermody, il legale che rappresenta chi ha promosso la causa, spiega che la vertenza parte da lontano, da documentazione presentata negli anni passati presso il Dipartimento di Giustizia che aveva preso in esame il caso. Nel fascicolo in questione erano incluse testimonianze e brandelli di comunicazioni tra i vertici di Google, Pixar, Lucasfilm, Adobe, Intel, Intuit e, appunto, Apple; ciascuna di queste aziende si sarebbe impegnata con le altre a non prendere in considerazione né a sollecitare richieste d’impiego di dipendenti che arrivavano dalle concorrenti. In questo modo chi partecipava all’accordo avrebbe avuto un notevole vantaggio giacché non ci sarebbe stata alcuna competizione e i dipendenti non avrebbero avuto modo di fare richieste di salario a crescere; poiché parliamo di alcune delle più importanti aziende del settore, questo avrebbe inciso notevolmente sul salario medio in generale, anche di altre imprese non in grado di competere con quelli offerti dalle realtà coinvolte nell’accordo.
L’udienza del processo, guidato secondo quanto riferisce il SFgate dal giudice Lucy Koh (lo stesso magistrato che sta guidando la causa di Apple contro Samsung), è programmata per maggio ma potrebbero esserci dei ritardi per i ricorsi presentati dai convenuti. È molto probabile che tra i documenti esaminati ci saranno anche le mail di Steve Jobs con le quali aveva avvertito Palm di ricadute legali contro i suoi dispositivi se avesse provato ad assumere dipendenti Apple.
