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Tim Cook, l’uomo e i suoi valori brillano nel ritratto inedito

The Washington Post ha visitato Robertsdale, un piccolo comune (poco più di 5.000 abitanti) nella contea di Baldwin (Alabama) che ha dato i natali al CEO di Apple Tim Cook e dove è iniziato il percorso che ha portato il manager della Mela al centro del grande dibattito sulla privacy negli USA.

Il nome di Cook non sembra conosciuto nella periferia americana: non si trova su nessuna brochure delle associazioni imprenditoriali di zona e i quotidiani locali raramente parlano di lui. Nella sua vecchia scuola celebrano il running back della NFL Joe Childress, che frequentava le locali classi scolastiche nel 1952, ma non la persona alla guida dell’azienda più redditizia al mondo, che frequentava le scuole locali nel 1978. Camminando per le strade e parlando con le persone della piccola cittadina, Cook sembra un figlio prediletto un po’ dimenticato.

Rick Ousley, un ex compagno di scuola di Cook che ora è titolare di un negozio dove ripara computer, dice che Cook non ha mai cercato attenzione, che molti in questo luogo sono in realtà orgogliosi di lui, sospettando che la scarsa attenzione verso l’illustre concittadino è dovuta alle sue posizioni su delicate questioni sociali. Cook è gay e un paladino dei diritti per gli omosessuali; in un suo discorso a Montgomery (la capitale dello Stato) ha qualche tempo addietro criticato l’Alabama per i mancati progressi oltre ad avere contribuito a una raccolta fondi per iniziative a favore dei diritti gay nel profondo sud degli USA; modi di agire “offensivi” per molte persone del luogo dice Ousley spiegando ad esempio che un pastore locale ha fatto sapere che non userà più il suo iPad a causa del comportamento immorale dell’amministratore di Apple.

Tim Cook

Se non bastava la questione diritti degli omosessuali, con il suo punto di vista sulla questione privacy dei telefoni, Cook si sta ora mettendo contro altre persone ancora. Come noto, Apple non vuole fornire il firmware modificato che l’FBI chiede per sbloccare lo smartphone di uno dei terroristi dell’attentato di San Bernardino, spiegando che si tratterebbe di un pericoloso precedente (“l’equivalente software di un cancro” ha detto Cook) che permetterebbe di scavalcare i sistemi di sicurezza che l’azienda ha realizzato per la protezione dei dati degli utenti. Il problema, ha più volte spiegato il CEO, non riguarda “un solo telefono” e a suo modo di vedere il caso avrà ripercussioni nel futuro: “Il governo può obbligare Apple a scrivere del software che crediamo renda centinaia di milioni di nostri clienti vulnerabili in tutto il mondo?”.

Per capire il punto di vista di Cook, bisogna tenere conto anche di dove è nato e com’è cresciuto. È nella piccola Robertsdale che Cook ha forgiato la sua moralità, biasimando le ingiustizie che ha imparato a conoscere. “Credo che crescere in Alabama negli anni ’60 ed essere testimone di ciò che ha visto, in particolar modo per qualcuno che è gay, lo renda consapevole di ciò che significa stare in silenzio” dice Kerry Kennedy, attivista per i diritti umani che ha incontrato più volte Cook e il cui padre, Robert F. Kennedy, è considerato “un eroe” da Cook. “Non ha paura di affrontare gli argomenti quando vede qualcosa di sbagliato” dice ancora la Kennedy.

Nei primi anni ’70, una notte Cook (all’epoca poco più che bambino) era in sella sulla sua bicicletta su una strada rurale fuori Robertsdale quando vide le croci in fiamme di un gruppo del Ku Klux Klan accese su un terreno di una famiglia di colore e cominciò a gridare: “Fermatevi!”. Il gruppo si voltò verso il ragazzino; uno degli incappucciati, riconosciuto da Cook, invitò il ragazzo ad andare via: era una persona del posto che frequentava le varie chiese della zona ma non quella frequentata dalla sua famiglia. “Un’immagine che rimarrà per sempre impressa nella mia memoria e che avrebbe cambiato per sempre la mia vita” ha ricordato il CEO nel 2013.

Qualche tempo dopo, a 16 anni, vinse grazie ad una tesina scritta a mano (i genitori non potevano permettersi una macchina per scrivere) il premio di una locale società elettrica e come ricompensa poté incontrare George Wallace, l’allora governatore dell’Alabama, noto soprattutto per il suo sostegno populista alla segregazione razziale durante il periodo delle lotte per i diritti civili degli Afroamericani, convinzioni che avrebbe in seguito pubblicamente rinnegato.

Wallace era agli occhi del giovane Cook il “tradimento delle sue convinzioni morali”. Avergli stretto la mano gli sembrò un “gesto sbagliato”, “come se avessi venduto un pezzo della mia anima” ha ricordato parlando dell’avvenimento. Nello stesso viaggio premio Cook incontrò il Presidente Jimmy Carter alla Casa Bianca, un uomo palesemente e completamente diverso da Wallace: “Uno aveva torto e l’altro aveva ragione”.

segreti di Apple

Timothy Donald Cook è nato nel 1960 ed è il secondo di tre figli di Donald e Geraldine Cook. La madre, una casalinga, si è occupata dei ragazzi lavorando di tanto in tanto alla Lee’s Drug, farmacia cittadina. Suo padre ha lavorato ai cantieri navali della città di Mobile. Hanno vissuto in una modesta casa di mattoni in una strada senza uscita non lontana dal dove si svolgevano le aste di bestiame. Uno dei fratelli di Cook è business analyst nella Corolina del Nord; l’altro vive a Daphne, 15 miglia da Robertsdale. Suo padre, 83 anni, vive ancora qui. Sua madre è morta lo scorso anno a 77 anni.

Cook ricorda che da piccolo guardava su un televisore in bianco e nero Robert F. Kennedy opporsi a Wallace in un dibattito del 1968 e che la prima cosa che notò era l’accento di Kennedy, strano da ascoltare per uno del sud come lui. Cook studiò in seguito scritti e discorsi di Kennedy, come ad esempio il noto “Ripple of Hope” rivolto agli studenti dell’Università di Cape Town, in Sudafrica, una sorta di testamento di fede nei confronti dei giovani, presentati come la migliore speranza per un futuro brillante, nella convinzione che l’insieme di piccole azioni individuali possa produrre grandi cambiamenti.

Sulle pareti del suo ufficio a Cupertino sono appesi due poster di Kennedy e uno di Martin Luther King Jr, due personaggi che tipicamente non sono i modelli di riferimento dei manager di grandi aziende. I pensieri di Kennedy e Martin Luther King non erano esattamente quello che l’Alabama degli anni della sua gioventù proponeva ai ragazzi, bisognava comprendere da soli che era giusto e ciò che era sbagliato. “Sono cresciuto con la coscienza morale inculcata dai miei genitori e dalla chiesa” ha detto Cook, “intraprendendo da solo un personale percorso di scoperta”.

Il giovane Cook frequentava spesso la piccola biblioteca di Robertsdale dove trovò una copia del romanzo “Il buio oltre la siepe”, pubblicato qualche anno prima; come noto, racconta una storia che si svolge in Alabama e di un bracciante nero ingiustamente accusato di violenza sessuale nei confronti di una ragazza bianca. Alla morte di Harper Lee, autrice del noto romanzo, Cook ha pubblicato un tweet riportando una frase del libro: “La coscienza è l’unica cosa che non debba conformarsi al volere della maggioranza”.

Robertsdale oggi ha il doppio del numero di abitanti di quando l’ha lasciata Cook; sono state costruite molte nuove case tra i campi delle fattorie e due anni fa in città ha aperto anche il primo Supercenter della catena Walmart. Nel 1977 l’unico grande negozio della città era un supermarket di Piggly Wiggly, non c’era un cinema o una sala da bowling. L’unico diversivo era il mercato della contea. I ragazzi si incontravano nei campi da tennis cittadini o al massimo all’esterno del Supermarket Hammond’s.

La scuola era centrale nelle vite dei ragazzi dell’epoca. Cook a quanto sembra era molto bravo. Faceva parte della National Honor Society e ottenne riconoscimenti accademici, al pari di Teresa Prochaska Huntsman, studentessa dell’epoca che spinse Cook a tenere il commiato alla cerimonia di diploma. I due erano determinati al punto da ritenere di non apprendere abbastanza dalle lezioni di chimica dell’ultimo anno. L’insegnante era un allenatore di football che si limitava a dire agli studenti di leggere un libro o giocare a carte. “Eravamo preoccupati di andare al college e non essere abbastanza preparati” ricorda Huntsman. Parlarono con un consulente scolastico che disse loro di non preoccuparsi troppo.

Cook è ricordato come una persona piacevole dai suoi ex compagni di scuola. “Sembrava un ragazzo felice” dice Huntsman. Del suo essere omosessuale, nessuno sembrava averci fatto caso, anche perché all’epoca ricorda Harold Richardson (altro ex compagno di scuola), non se ne parlava, “in particolare in Alabama” e non era oltretutto qualcosa di neanche lontanamente immaginabile.

Essere cresciuti in una piccola città dell’Alabama una generazione fa significa conoscere il valore della privacy, spiega Paul Hard, 57enne di Demopolis (altra città dello Stato). Non conosce Cook ma immagina quello che ha passato da ragazzo, perché le stesse situazioni le ha vissute anche lui. “Non mostri apertamente le carte, continui a rimanere restio e tutto continua a restare chiuso nel tuo cuore”.

Cook ha fatto coming out nel 2014 annunciando pubblicamente la sua omosessualità sul settimanale Businessweek. Ha spiegato di non considerare se stesso un attivista, ma di avere compreso quanto ha ricevuto grazie al sacrificio di altri. “Se sentire che il CEO di Apple è gay può aiutare qualcuno o qualcuna che si batte per confrontarsi con quello che è, o confortare chiunque si senta solo, o ispirare persone a ottenere i loro diritti, allora vale la pena barattare la mia privacy” dichiarò all’epoca.

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La dichiarazione di Cook è stata considerata una scelta coraggiosa da parte di persone come Chad Griffin, attivista di Human Rights Campaign che ha parlato di un “gesto impegnativo”. Non tutti hanno ad ogni modo celebrato o gradito il suo coming out. Mark Briggs, rivenditore di computer di Intelligent Electronics, ex boss di Cook negli anni ’90, ha definito l’uomo un “genio delle attività operative” ma bollato le sue dichiarazioni come “ripugnanti verso Dio”, comportamenti che, a suo dire, dovrebbero essere controllati “come si fa con l’alcolismo”. Briggs dice anche di non avere mai capito che Cook era gay durante i loro rapporti di lavoro e che ad ogni modo non avrebbe avuto importanza. “Lui sa che io non approvo l’omosessualità. Lo sapeva allora. E lo sa ora. Non è un gran problema”.

Cook si laureato in ingegneria industriale all’Università di Auburn nel 1982[, e ha conseguito un Master in Business Administration alla Fuqua School of Business dell’Università Duke nel 1988. Ha passato sei mesi come Corporate Materials in Compaq prima di essere assunto in Apple da Steve Jobs nel 1998 per sistemare i problemi con la catena di approvvigionamento della Mela.

Cook pensava di dovere affrontare la questione omosessualità per conto proprio, privatamente, non dal luogo di lavoro. Steve” (Jobs, ndr), non la pensava allo stesso modo” ricorda Cook; “era idealista e il suo modo di pensare mi faceva ricordare di quando ero ragazzo, spingendomi a lavorare duramente per cambiare il mondo, creare grandi prodotti, spiegandomi che è possibile lavorare infondendo negli altri la propria visione morale”. Esternare la propria omosessualità, aveva spiegato nel 2014 il CEO di Apple, non lo porterà allo stesso rango di Luther King e Kennedy, ma gli permetterà di fare la sua parte nell’aiutare gli altri a esprimere la propria persona e a superare le discriminazioni tutt’oggi esistenti. “I mattoni da mettere insieme nella lotta all’omofobia sono davvero tanti”, ma il suo mattone, ha detto, l’ha sistemato, rendendo pubblica la sua omosessualità.

Nell’Alabama di oggi è ancora possibile essere licenziati se si è gay. Cook ha criticato stati con leggi che in nome delle “libertà religiose” praticano forme di discriminazione. Parlando a dicembre del 2015, poco prima dell’attacco terroristico di San Bernardino, ha accettato il Ripple of Hope Award, riconoscimento che ogni anno viene assegnato a un personaggio che si distingue nel mondo per il proprio impegno umanitario. “Ancora oggi” ha detto Cook in uno dei passaggi del suo discorso “più della metà degli stati in questo paese, non offre meccanismi di tutela basilari a gay o transgender, lasciando milioni di persone vulnerabili a licenziamenti o a essere sfrattati dai propri appartamenti a causa di chi sono o chi amano”.

Tim Cook

Nella sua “lettera ai clienti” per il caso iPhone di San Bernardino, Cook ha spiegato che “i clienti si aspettano che Apple e altre aziende tecnologiche facciano tutto ciò che è in loro potere per proteggere i loro dati personali”, di non avere “alcuna compassione per i terroristi”, illustrando i motivi per i quali Apple ha deciso di non rispettare la richiesta dell’FBI.

“Fino ad ora abbiamo fatto tutto quello che era in nostro potere e nel rispetto della legge per aiutarli, ma ora il governo degli Stati Uniti ha chiesto qualcosa che non abbiamo, e qualcosa che consideriamo troppo pericoloso creare”. Secondo Cook l’integrazione di un simile meccanismo avrebbe “implicazioni che esulano il caso giudiziario in questione”, indebolendo la privacy degli utenti e creando un pericoloso precedente che potrebbe fornire al governo degli Stati Uniti “l’equivalente di una chiave passepartout capace di aprire milioni di lucchetti, dai ristoranti, alle banche, ai negozi e alle case”.

“Benché le intenzioni dell’FBI siano buone” ha detto ancora Cook “sarebbe sbagliato obbligarci a integrare backdoor nei nostri prodotti”; “in ultima analisi temiamo che tale richiesta pregiudichi la propria libertà e la libertà che il nostro governo mira a tutelare”. Cook sa che scegliere da che parte stare nella questione privacy non è facile. In una recente intervista ad ABC World News Tonight con David Muir, quest’ultimo gli ha chiesto se ha mai avuto dubbi sul fatto che l’apertura dell’iPhone potesse aiutare a prevenire un attacco terroristico. “Alcune cose sono difficili e alcune cose sono giuste. E alcune cose sono entrambe, e questa una di quelle” la risposta del CEO di Apple.

Cook si definisce ancora un “orgoglioso figlio del sud”; va in Alabama quando può e normalmente durante le vacanze torna a Robertsdale o nella vicina Auburn dove adora guardare la squadra della sua università giocare a football.

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