L’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), conosciuta anche con il nome inglese di World Trade Organization (WTO) ha dato ragione a Stati Uniti, Giappone e Taiwan a proposito di alcune tasse che l’Unione Europea applica sui prodotti elettronici. Le contestazioni del governo USA e dei due paesi asiatici si basano sul patto denominato “Information Technology Agreement” (ITA) siglato nel 1996 che prevede l’assenza di tariffe di dazio per le esportazioni verso l’Europa nel caso di prodotti ad alta tecnologia. Tale patto è stato oggetto di varie discussioni e l’Unione Europea ha un po’ forzato la mano proponendo un’interpretazione originale di quelli che sono stati i patti del 1996. L’OMC ha, per contro portato avanti una lettura della situazione totalmente diversa, chiedendo di rileggere gli accordi del ’96, intendendo imporre all’Unione Europea una più fedele aderenza a quelli che erano i principi originali dell’ITA.
I dispositivi inclusi in questa battaglia sono i più disparati e comprendono, ad esempio, anche i monitor e le stampanti. Per l’Unione Europea i monitor sono comparati ai televisori, pretendendo come tali un diritto di dazio; i paesi “accusatori” chiedono una diversa interpretazione a vantaggio dei prezzi finali sul mercato. Sin dal 2008, in effetti, l’Unione Europea ha applicato dazi e tasse protezionistiche che arrivano fino al 14%: cifre immense se si pensa che solo i produttori statunitensi hanno esportato dispositivi per 44 miliardi di dollari nel solo 2009.
L’Unione Europea ha nella prima fase respinto l’istanza dell’OMC avvalendosi di una richiesta di chiarimenti ma ora l’UE non ha più diritto a respingere la seconda diffida. La Commissione Europea ha ora 60 giorni di tempo per appellare la decisione. I pareri su ciò che potrà accadere sono contrastanti e come spesso accade i 27 membri degli stati hanno visioni diverse sulla materia.
[A cura di Mauro Notarianni]
