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Dieci anni senza Steve Jobs

Ci sono bambini di dieci anni che non hanno mai camminato sul nostro pianeta quando c’era ancora Steve Jobs. Il che non è eccezionale, ma lo è invece il fatto che centinaia di milioni continuino a passare il loro tempo all’interno del vettore tecnologico e ideale costruito dalla mente di quest’uomo che è stato qualcosa di meno di un genio ma sicuramente qualcosa di più di un semplice imprenditore di successo.

Steve Jobs è scomparso oggi dieci anni fa, dopo una malattia bruciante che l’uomo ha scioccamente trascurato e che poi ha cercato disperatamente di combattere. La sua eredità non si misura in miliardi di dollari (come per altri magari ancora viventi) ma in quello che ha fatto e come ha cambiato il mondo.

Con Phil Schiller finisce un’epoca

Perché Steve Jobs diceva chiaramente che voleva lasciare una tacca nell’universo, voleva cambiare la storia, essere un fattore di catalisi della trasformazione, mettendoci del suo e dando uno spin, una rotazione alla società e alla cultura contemporanea per quanto piccolo, comunque nella direzione che riteneva giusta e possibile da percorrere. E c’è riuscito, oh se c’è riuscito.

Dieci anni fa il mondo venne preso non in contropiede (perché si sapeva che Jobs era agonizzante eppure ancora impegnato nella realizzazione di una transizione strategica e di una ideazione di una traiettoria che avrebbe dovuto portare il suo più grande prodotto, cioè Apple, molto lontano) ma semplicemente sotto shock.

Era notte in Italia quando venne annunciato che Jobs era morto e per tre o quattro giorni questo e altri cronisti specializzati su Apple e su Steve Jobs non fecero altro che scriverne dalla mattina alla sera, rilasciare interviste ad altri colleghi che volevano saperne di più (era un’epoca, dieci anni fa, in cui avere delle competenze su qualcosa aveva ancora un qualche significato) e in generale vivere totalmente concentrati nella morte di un’altra persona che pochi se non pochissimi di loro avevano incontrato.

Steve Jobs ci aveva visto lungo: nel 2008 «App Store sarà miliardario»

Chi scrive ha saputo costruirsi l’opportunità di incontrarlo brevemente per tre o quattro volte e, bisogna essere sinceri, sempre all’interno di un rapporto professionale che Steve Jobs (e il vostro cronista, se è per questo) interpretava con la massima serietà ma con la minima empatia e umanità disponibile. L’uomo non era morbido e questo è un eufemismo, ma non era neanche duro in maniera irragionevole: si è letto e visto molto di aspetti della personalità di Steve Jobs che fanno di lui un personaggio cinematografico, un duro spietato che tratta i figli come oggetti (e cerca per quanto possibile di non riconoscerli, nel caso della figlia maggiore) o i colleghi e concorrenti come ostacoli da spezzare o spazzare via. Niente di più falso.

L’uomo era molto, molto complesso e non sono i libri di gossip e immaturi su Steve Jobs usciti per ragioni meramente commerciali prima che l’autore avesse avuto il tempo di finire le sbobinature e iniziare a ragionare sul significato di quello che gli era stato detto o che pensava di aver visto (Walter Isaacson, sto pensando a te e al tuo brutto libro) a cambiare la verità delle cose. Steve Jobs non era poca roba: è stato un imprenditore e uno stratega come pochissimi. Ha intuito delle direzioni e deciso di perseguirle creando un ponte verso il futuro che pochissimi hanno saputo decodificare, figuriamoci intuire insieme a lui.

Scott Forstall ricorda i 20 anni di Mac OS X
Un team di uomini straordinari che hanno lavorato/lavorano per Apple. Da sinistra a destra: Phil Schiller (ora Apple Fellow), Tony Fadell (il “papà” d iPod e fondatore di Nest), Jony Ive (ex Chief Design Officer di Apple), Steve Jobs, Scott Forstall (ex Senior Vice President iOS Software di Apple) e Eddy Cue (Senior Vice President of Internet Software and Services di Apple)

Alla Apple di Steve Jobs, e anche alla NeXT e alla Pixar se è per questo, dobbiamo alcune delle intuizioni più importanti e seminali della seconda metà del novecento e dell’inizio del XXI secolo. Steve Jobs ha dato la forma al mondo in cui viviamo molto di più di tantissimi imprenditori, economisti, politici, ideologi o semplicemente leader carismatici. E lo ha fatto in positivo, sino al capolavoro che è stata la scelta di Tim Cook come suo successore: l’uomo giusto al posto giusto, come stiamo vedendo giorno dopo giorno.

Cosa resta dieci anni dopo la morte di Steve Jobs? Un mondo che ha in parte la forma che aveva immaginato, una tacca nell’Universo che la sera, guardando fuori dalla finestra, fa capolino dietro la Luna, tra le stelle. E, nel caso di questo cronista, il ricordo di averlo potuto incontrare e parlarci qualche volta. Passi che non fosse simpatico: ce ne fossero altri come lui vivremmo in un mondo migliore e un po’ di sana antipatia farebbe anche bene in questo clima di costanti sorrisini e cuoricini sui social.

Sulle pagine di macitynet trovate centinaia di articoli che parlano di Steve Jobs: per i migliori libri su Apple e Steve Jobs è possibile partire da qui.

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