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Foto digitale, ecco il grande cambiamento

All’inizio fu la foto digitale. Che poteva essere tale per nascita o per scannerizzazione di un negativo o di una stampa analogica. E a quell’epoca seguì quasi immediatamente quella di Photoshop.
Il software realizzato da Adobe, all’inizio solo per la piattaforma Macintosh e poi – bontà  loro -convertito anche per Pc, ha segnato il passaggio all’epoca del fotoritocco.
In realtà , a molto più che non il solo fotoritocco. Perché se Photoshop viene citato ancora oggi sui giornali (con soli dieci anni di ritardo dal suo primo picco di diffusione!) per la capacità  di alterare gli oggetti rappresentati in una fotografia, questo lo deve ai numerosi plug-in che nel tempo sono stati prodotti.
Ma Photoshop in realtà  non era nato tanto per quello quanto per aggiustare le caratteristiche generali delle foto: luminosità , contrasto, colore e via dicendo.Una terza rivoluzione è quella che è arrivata con l’utilizzo, prima da parte delle solo reflex e successivamente anche delle bridge e di alcune compatte, del formato “Raw”, cioè grezzo: un file contenente i dati non trattati della fotografia. A differenza di Tiff e Jpeg, infatti, il Raw consente operazioni più profonde di correzione della foto: esposizione, esposizione, bilanciamento del bianco, contrasto, dettaglio, riduzione del rumore e dell’aberrazione cromatica e tutto il resto. Un ulteriore passo in avanti. Ma non è finita.

Quello che sta realmente cambiando la natura della fotografia digitale adesso si chiama “gestione del ciclo di vita dell’immagine”. Che deriva dal bisogno di gestire quantitativi di fotografie sempre più grandi. Centinaia, migliaia, in alcuni casi decine e decine di migliaia. Come gestire tutte queste foto? Creando migliaia di cartelline per ogni rullino virtuale? No, il sistema è un altro.

A farlo ci pensano due software: Lightroom di Adobe e Aperture di Apple. E Aperture ha un “fratello minore” che è iPhoto. Il concetto è lo stesso, anche se giocato in maniera differente: quando si collega la fotocamera al Mac, uno dei tre programmi si “sveglia” e chiede di acquisire le immagini. Questo primo processo crea un nuovo rullino nella libreria di foto, dove verranno conservate in originale, senza alcuna modificazione, le immagini. Proprio come succede con l’editing non distruttivo di iMovie, Final Cut e Premiere.

Passo successivo: tag. Cioè, indicizzazione delle foto scelte, con l’accortezza che qui si possono scartare anche quelle oggettivamente brutte e da buttare. Le tag sono fondamentali, perché consentono di identificare le foto in archivi mostruosi.

Con la base di più criteri: quello geografico, con l’emergente geotagging dato dai sensori Gps esterni o integrati alla foto che “stampano” le coordinate; quello temporale con la tag di quando è stata creata la foto nella fotocamera: quello nominale indicando parole chiave per i soggetti rappresentati (“esterna”, “interna”, “bambino”, “tramonto” etc) e quelli semantici per quanto riguarda lo scopo del rullino o di parte di esso (“matrimonio mario e maria”, “vacanza alle Hawaii”, “isola di Ponza” e via dicendo).

Tutto questo serve a creare una collocazione razionale della foto in un quadro più ampio. Poi, la correzione del colore, saturazione, esposizione, e tutto il resto, visto che questi software consentono anche di operare in questa direzione. Senza bisogno di ricorrere a Photoshop. Passaggio successivo: il momento di esportare le foto scelte per il lavoro. Verso il laboratorio che le stampa, verso il sito dove verranno pubblicate, sui server del committente per il quale si sono stampate. Tutto quel che è necessario.
Ci sono i plugin per esportare verso Flickr e Picasa, ma anche verso altri tipi di servizi. Tenendo traccia.Infine, archiviazione vera e propria, con le librerie che possono essere salvate e sottoposte a backup selettivi o completi, ad archiviazione, a trasferimento su altri supporti (Dvd, nastro, dischi esterni) per venire messe al sicuro o archiviate.

Secondo un rapporto di InfoTrend, i cui dati vedete nella grafica di questo articolo, l’adozione negli Usa da parte delle aziende che hanno a che fare con le fotografie sta spostandosi inesorabilmente da Photoshop verso questi altri software professionali (Lightroom e Aperture, con l’attenzione che i dati non distinguono tra Mac e Pc, dove su Pc non è disponibile Aperture).
E aumenta contestualmente anche l’utilizzo di immagini raw prelevate direttamente dalla memoria del sensore della fotocamera. Sia Lightroom (da 23,6% a 35,9%) che Aperture (da 5,5% a 7,5%) sono dunque cresciuti, mentre Photoshop inizia finalmente a fare solo il mestiere per cui è stato creato ed è giustamente famoso, passando da 66,5% al 62,2%.La frontiera dell’evoluzione dei sistemi di gestione delle foto è in un arricchimento dei metadati, sia quelli generati automaticamente che quelli aggiungibili dall’utente o “smart”, con particolare attenzione alle tag Gps.
Il futuro è sempre più la gestione del ciclo di vita delle immagini digitali.

[Grazie a Ziouga per le sue segnalazioni]

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