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Newyorchese fa causa ad Apple: Siri è pubblicità  ingannevole

Nuova class action in arrivo – pare – per Apple, questa volta per mano del newyorkese Frank M. Fazio, che se la prende con l’acclamato Siri, forse la funzionalità più decantata dagli ultimi spot Apple.

La storia di Fazio è molto semplice: l’uomo avrebbe acquistato un nuovo iPhone 4S da 32GB, particolarmente stupito dalla potenzialità mostrate da Apple negli spot dedicati al suo nuovo assistente personale. Una volta spacchettato lo smartphone ed intavolata la prima discussione con Siri, Fazio si è accorto che le cose non andavano esattamente come illustrato negli spot: invece di restituire risposte al fulmicotone, il software o non capiva le sue richieste, oppure, dopo una lunga attesa, dava una risposta errata.

Per questa ragione il deluso utente statunitense ha deciso di rivolgersi allo studio legale Robbins Geller Rudman & Dowd, tramite cui ha definito gli spot su Siri “essenzialmente e volontariamente falsi e fuorvianti in quanto Siri non garantirebbe le performance pubblicizzate”. Per questo è partita la denuncia sotto forma di class action, con la speranza per lo studio legale che molti altri utenti si uniscano a Fazio.

Se tali reclami possono essere più o meno condivisibili (Fazio non è il primo né l’unico utente a sottolineare quanto le performance di Siri a volte siano quantomeno discutibili), lo è sicuramente meno la sua seconda affermazione, che descive l’iPhone 4S senza Siri come un semplice iPhone 4 più costoso, dimenticando molte delle specifiche tecniche che differenziano i due modelli di iPhone.

Ancora assente dall’Italia, Siri sembra essere ormai divenuto l’oggetto di molte discussioni attorno alle future interfacce; nonostante le interessanti promesse che il software presenta, alcune critiche evidenziano ancora una volta il suo stato di applicazione “beta”, che lo rendono ancora poco affidabile, almeno non quanto la più tradizionale digitazione manuale, forse meno rivoluzionaria ma più collaudata.

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