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Per l’Autorità Garante italiana alcune clausole di iCloud sono vessatorie

La nostra Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha terminato le indagini su presunte clausole vessatorie che riguardano: Google Drive, Dropbox e iCloud.

Alcune delle clausole indicate da Google, Apple e Dropbox per i servizi in ambiente di cloud computing, di memorizzazione, sincronizzazione e condivisione online di file per gli utenti collocati nello Spazio Economico Europeo, a detta della AGCM potrebbero essere vessatorie.

A essere oggetto di contestazione (qui il PDF con l’ultimo bollettino) clausole come quelle relative alla modifiche al Servizio (“Apple si riserva il diritto, in ogni momento, di modificare il presente Contratto e di imporre nuovi o termini o condizioni aggiuntivi relativi all’uso del Servizio”) e al Backup, evidenziando lacune in quest’ultima funzionalità.

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L’AGCM evidenzia che alcune clausole, esonerano l’aziena da ogni possibile responsabilità in merito alla perdita dei dati e ad altre problematiche che potrebbero riguardare i dati caricati dagli utenti. ln particolare Apple “esclude aprioristicamente ogni sua responsabilità, privando di qualsivoglia tutela il consumatore, anche nell’eventualità che la perdita o l’alterazione dei dati, da questo caricati, possa dipendere dal Professionista”.

Inoltre, Apple indica nelle clausole esaminate che “Se un dispositivo non ha fatto il backup su iCloud per un periodo di centottanta (180) giorni, Apple si riserva il diritto di cancellare i backup associati a quel dispositivo”. […] “In tal modo, si garantisce una ampia facoltà di cancellare del tutto i dati dell’utente, anche a fronte della mera assenza di “backup” del dispositivo per il breve periodo di centottanta giorni; tra l’altro si ritiene che in tal modo risulti svilita una delle funzionalità principali dei servizi cloud, i quali risultano generalmente intesi come strumenti per la memorizzazione di dati anche di dispositivi dismessi”.

“La Società”, scrive ancora AGCM, “esclude qualsiasi responsabilità per il cattivo o mancato funzionamento del servizio nonché per i danni causati al dispositivo e ai dati caricati, ponendo a carico del consumatore l’intero rischio ed escludendo qualsiasi tutela o diritto di quest’ultimo, senza fornire nessun tipo di garanzia per il servizio. Dall’esame del testo (delle clausole, ndr) emerge che il corretto funzionamento del servizio risulta una mera ipotesi, per l’effetto comprimendo ogni diritto del consumatore in tal senso”.

Si contestano anche le modalità di upgrade di iCloud: «Con riferimento ai piani a pagamento del servizio iCloud, essi rappresentano un upgrade di spazio di archiviazione del servizio gratuito. Per tali piani a pagamento la clausola in questione non prevede la possibilità di modifiche in peius alle condizioni e ai termini del servizio fino al termine dell’abbonamento sottoscritto, salvo che non ricorrano alcune specifiche circostanze, che, però, sono state chiaramente identificate nella clausola stessa; nel qual caso agli utenti viene riconosciuto il diritto al recesso con rimborso pro rata di quanto corrisposto».

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