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WSJ: «Tra Google ed Apple la battaglia sulle mappe è strategica»

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Apple abbandonerà le mappe Google entro l’anno. La conferma di quanto si vocifera da mesi arriva da una fonte tanto autorevole da essere considerata semi-ufficiale, il Wall Street Journal. L’articolo pubblicato questa notte non è però solo interessante perché fornisce una sorta di “bollo di garanzia” sulle indiscrezioni in circolazione ma presenta una descrizione puntigliosa e ricca di dettagli sulle ragioni e i retroscena del passo che condurrà Google Maps fuori da iOS.

Attingendo a quanto riferito da “dipendenti attuali e passati” di Apple, il giornale disegna un quadro che rende ben chiaro il travaglio ma soprattutto le ragioni strategiche dietro al divorzio, di fatto deciso molto tempo fa ma che solo ora Cupertino, dopo un serie di acquisizioni, è in grado di mettere in atto.

Secondo quanto riferito dalle fonti anonime (ma certamente collocate ai piani di alti di One Infinite Loop) Apple da sempre vede le mappe come una chiave fondante del suo sistema mobile a cominciare dai freddi numeri che dicono che il 25% della spesa in pubblicità mobile nel 2012 finirà in annunci geolocalizzati, il 10% in più rispetto allo scorso anno. Poiché il 90% degli utenti di iOS negli USA utilizza Google Maps, si comprende molto bene quanto importante sia per Google avere le sue mappe sui dispositivi di Apple e quanto Apple guardi con interesse a questo mercato e con sospetto il fatto che sia in mano alla principale rivale del suo ecosistema mobile. In aggiunta a questo ci sono anche motivazioni molto più di quadro; le mappe sono connesse alla posizione del telefono, il telefono svolge ricerche, utilizza applicazioni ed è un dispositivo molto personale; tutto questo dice, secondo il WSJ, quanto ci sia in gioco dietro le mappe.

La battaglia sul terreno della geolocalizzazione tra Apple e Google ha radici antiche. Fin dall’inizio, secondo il giornale, le due parti si sono approcciate con molta diffidenza sull’argomento. Un accordo iniziale era stato siglato per l’esplicita volontà di Apple di dare agli utenti iPhone un sistema “rivoluzionario” per accedere a mappe in mobilità, ma all’atto del primo rinnovo tra Schiller e Vic Gundotra, quest’ultimo responsabile per le app di Google, hanno subito avuto uno scontro su molteplici piani. Apple sospettava che Google facesse un uso troppo intensivo dei dati raccolti dagli utenti iPhone, compromettendo la privacy dei suoi clienti; sul fronte opposto Google pensava che Apple sfruttasse Google Maps come una mera soluzione tecnica senza portare valore aggiunto. Apple voleva anche che fosse introdotto Street View (già disponibile allora in Android) e che ci fosse un sistema di guida passo a passo, come quello dei GPS. Ma Google riteneva che Apple pretendesse condizioni inaccettabili per questi due servizi. In più Google voleva che fosse abilitato Latitude e di avere più evidenza per il suo brand. La situazione era tesissima, ma fu Google a risolverla, destinando Gundotra ad un altro progetto.

Schiller, spiega il WSJ restava però convinto che le relazioni con Google su Maps (e per tutto quel che stava succedendo intorno al mondo Android) erano troppo precarie e che i servizi di geolocalizzazione erano troppo importanti per essere fondati su basi così precarie e dipendere da un concorrente. La posizione era condivisa anche da Jobs. Fu in quel momento che Apple decise di costruire le basi per un suo servizio di mappe, acquistando prima Placebase (che divenne il “geo team” di Apple) e poi Poly9, una società canadese che aveva creato un servizio simile a quello di Google Maps per mappe in 3D; e fu in quel momento che Google comprese che Apple faceva sul serio.

A Cupertino si diede via ad un lavoro intenso e segretissimo. Anche gli stessi dipendenti che lavoravano su di esso non erano al corrente di tutto quanto si stava facendo, tanto da mantenere una segretezza reciproca. I vertici della Mela continuavano a fare shopping acquistando servizi (come quelli per il traffico in vari paesi del mondo) e creando tecnologie; ad esempio venne creato un geocoder, un software che traduce la posizione del telefono in un punto su una mappa, proprietario da integrare anche in app di terze parti. In questo modo quando si crea un’app non è obbligatorio mostrare già da oggi una mappa di Google, come dovrebbe essere usando il geocoder della Grande G.

Ora siamo al termine di questo lungo travaglio e tutto è pronto per il salto definitivo che non sarebbe solo il lancio di un’applicazione mappe con il brand di Apple, ma per lo svelamento di un pilastro di un sistema “olistico” che integrerà le mappe proprietarie e i servizi collegate ad esse con altro software. «Ad esempio – dice il WSJ – una persona potrebbe avere un appuntamento e sapere da iCal che la strada verso il luogo del meeting ha un ingorgo ed essere avvisata di un possibile ritardo».

Le mappe, sottolinea il Wall Street Journal, in definitiva sono solo uno dei tanti terreni di battaglia tra due società che sono sempre più rivali e nemiche: «Apple punta direttamente a Google – dice Rajeev Chand di Rutberg & Co. – la battaglia è su dati, dispositivi, servizi; il futuro del computing insomma». E il prossimo terreno dello scontro sarà la ricerca: SIRI, secondo Google, rappresenta proprio un sistema per aggirare la ricerca tradizionale su dispositivo mobile e tagliare un’altra importante fetta di mercato. Qui in calce una immagine pubblicata da BGR che dovrebbe anticipare le mappe 3D di Apple in arrivo con iOS 6.
Apple mappe 3D ios

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