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Apple vs Epic: Phil Schiller sul banco dei testimoni spiega l’App Store

Nell’ambito del procedimento giudiziario che negli USA vede contrapposte Apple ed Epic Games, è stato chiamato a testimoniare Phil Schiller, responsabile dell’App Store, il quale dovrebbe intervenire più volte per spiegare come funziona l’App Store, i valori ai quali fa riferimento Apple, riferire il perché di alcune limitazioni egli SDK (kit di sviluppo software) sfruttati dagli sviluppatori, ecc.

Schiller è partito dalla storia della nascita di iPhone, evidenziando che sicurezza e privacy sono stati due punti cardine che hanno sempre contraddistinto questo device. “Questo nuovo dispositivo di elaborazione in tasca offre la possibilità di fare nuove cose, memorizzarndo informazioni sulle nostre vite che non erravano abituati ad avere in tasca”.

Schiller – spiega Macrumors – ha riferito come è stato concepito l’App Store dall’inizio, spiegando che, nella visione di Cupertino il software di iPhone “è parte del prodotto” che Apple crea, qualcosa di diverso rispetto a quanto avviene con Android, sistema operativo concesso in licenza ai produttori di dispositivi. Quest’ultimo modello di licenza, ha spiegato Schiller in difesa dell’organizzazione dell’App Store, “riduce la qualità” e la “velocità di innovazione”.

Si è parlato di quando inizialmente erano consentite solo app di Apple per offrire in seguito anche il supporto a quelle di terze parti, e dei rischi legati alla sicurezza e alla privacy che Apple ha dovuto affrontare. Dopo il lancio del primo iPhone, dalla richiesta degli sviluppatori di offrire loro app è nata l’esigenza di pensare in particolar modo alla qualità e alla sicurezza del dispositivo.

Apple ha sempre visto con preoccupazione le app jailbroken (app installate scavalcando le restrizioni del sistema operativo) e app che sfruttano funzionalità non autorizzate senza passare per API (interfacce di programmazione) documentate, elementi che secondo Schiller possono portare a dispositivi “inaffidabili e instabili”. Il manager di Apple ha evidenziato la necessità di proteggere gli utenti dal malware per avere dispositivi sempre funzionanti.

Epic Games vuole obbligare Apple a ripubblicare Fortnite su App Store

Schiller ha parlato delle policy di Apple spiegando che sviluppatori grandi e piccoli vengono trattati tutti allo stesso modo, spiegando anche che un evento come l’annuale Worldwide Developers Conference costa 50 milioni di dollari, per sottolineare che i margini su un evento del genero non sono così alti come Epic vuole lasciare intendere in suoi documenti presentati in tribunale.

Schiller ha spiegato ancora che il 17% di centinaia di migliaia di giochi sull’App Store usa il modello “freemium” (una versione gratuita tipicamente sovvenzionata dalla pubblicità, proponendo a pagamento funzionalità aggiuntive), che il 75% dei giochi si scaricano gratuitamente e che solo il 6% è scaricabile direttamente a pagamento.

Per quanto riguarda i beni materiali, Schiller ha riferito che nel 2019 l’App Store ha consentito la gestione di oltre 400 miliardi di transizioni riguardanti beni quali la consegna di cibi, gli acquisti su Amazon, Uber, ecc., elementi che non sono soggetti al pagamento della commissione del 30% sui ricavi dagli acquisti in-app.  Schiller ha riferito che Apple non incassa una percentuale sui beni fisici anche perché non potrebbe essere in grado di garantire la loro effettiva consegna.

Schiller sarà sentito ancora e nei prossimi giorni dovrebbero emergere nuovi particolari.

Apple sostiene la necessità di mantenere lo status quo, evidenziando la sicurezza per gli utenti e come l’azienda contribuisca a mantenere l’App Store un luogo sicuro e affidabile, tenendo conto di misure atte a prevenire rischi vari.

La diatriba di Epic Games contro Apple è iniziata con l‘introduzione in Fortnite di un sistema di pagamenti diretto vietato dalle regole di App Store, ma anche dal regolamento di Google Play Store: il gioco è stato espulso da entrambi i negozi digitali. Tutti gli sviluppi della vicenda sono disponibili da questa pagina.

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