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I migliori romanzi per scoprire le grandi città italiane – Seconda parte

L’Italia, paese dei mille comuni. Le tante individualità che rendono così diverso e unico il nostro Bel Paese sono legate alle città, vera piattaforma dell’espressione dei mille riflessi del carattere italico. Nel precedente articolo avevamo già portato fuori libri che ci hanno regalato immagini e pensieri unici per le nostre città: Venezia, Genova, Bologna, Pisa, Ferrara, Torino, Roma, Milano e Livorno, Firenze, Trieste, Verona, Napoli (e ancora Venezia).

Alcuni avrebbero appeso il libro al chiodo e lasciato stare, dopo questa straordinaria serie che il nostro Paese ci offre, ma noi sappiamo bene che si tratta solo di una introduzione alle mille ricchezze dei nostri comuni, un primo passo che può andare avanti ancora a lungo: è un bellissimo gioco con un’unica avvertenza per il lettore. Non sono guide turistiche, questi romanzi. Sono chiavi d’accesso a un’Italia segreta, quella che si nasconde dietro i monumenti e le cartoline. Perché la letteratura racconta le città e le persone meglio di qualsiasi mappa.

Avvicinandosi l’estate, offriamo la possibilità di trovare questi libri prima di tutto in formato Kindle, ma si può sempre cambiare modalità dal pannello di scelta di Amazon. Buona lettura.

Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.

migliori libri guida


Le ragazze di Sanfrediano

Dopoguerra era divenuto un vero fenomeno letterario, un autore di best seller nostrano. È Vasco Pratolini, che è famoso soprattutto per un romanzo ambientato a Firenze.

Il mondo del quartiere, la rappresentazione corale della vita di un rione popolare di Firenze: il libro di Pratolini è una favola moderna ma dall’ossatura antica, che si richiama alla novella boccaccesca, dove il vero protagonista è proprio lui, il quartiere di Sanfrediano (si scrive così, tutto attaccato).

Qui le ragazze spasimano e si dannano tutte per lo stesso dongiovanni, “Bob” (dalla sua somiglianza con Robert Taylor), ma quando una delle innamorate gabbate, la Tosca, scopre il doppio gioco del ragazzo, decide di organizzare una beffa destinata a dargli una lezione una volta per tutte. Con un ritmo narrativo agile e brioso e un lessico ispirato al vernacolo fiorentino, Vasco Pratolini accompagna il lettore in una vicenda ricca di ironia, dove il contrappasso e la farsa scandiscono le storie dei protagonisti.

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La luna e i falò

L’epopea dei partigiani raccontata da Cesare Pavese, autore fondamentale nella storia letteraria italiana tragicamente scomparso, è anche l’epopea della provincia, delle Langhe, della fuga dalla città durante la guerra “per andare in collina”, cioè a combattere con i partigiani.

Questo l’ultimo romanzo di Pavese ed è considerato il lavoro più significativo della sua poetica: è l’eredità che ci ha lasciato dei temi che gli furono più cari. Narra la storia di Anguilla, un uomo che, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, dopo aver vissuto per molti anni in America e aver fatto fortuna, torna al suo paese d’origine sulle colline piemontesi spinto dalla nostalgia di quel mondo di campagna.

Presto, però, si rende conto che ciò che ricordava non esiste più, solo i luoghi sono rimasti gli stessi, non le persone e nemmeno la vita. Rievoca il passato insieme al vecchio amico Nuto, ex partigiano sempre rimasto nel paese, e con lui prende atto dei cambiamenti determinati dalla guerra. Il romanzo vive del contrasto tra la visione felice dell’infanzia e il dolore del presente, sulle care amicizie svanite e su un dramma che incombe sopra un mondo che ormai gli è sconosciuto.

La narrazione “concreta” e lirica allo stesso tempo è strutturata con un continuo accavallarsi tra passato e presente, sorretta dai pensieri e ricordi del protagonista.

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Il sentiero dei nidi di ragno

Ancora la Resistenza, con un suo interprete meno noto forse ma altrettanto appassionato: Italo Calvino.

“Questo romanzo – scrive Calvino – è il primo che ho scritto; quasi posso dire la prima cosa che ho scritto, se si eccettuano pochi racconti. Che impressione mi fa, a riprenderlo in mano adesso? Più che come un’opera mia lo leggo come un libro nato anonimamente dal clima generale d’un’epoca, da una tensione morale, da un gusto letterario che era quello in cui la nostra generazione si riconosceva, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale”.

“Al tempo in cui l’ho scritto – continua l’autore –, creare una ‘letteratura della Resistenza’ era ancora un problema aperto, scrivere ‘il romanzo della Resistenza’ si poneva come un imperativo; Ogni volta che si è stati testimoni o attori d’un’epoca storica ci si sente presi da una responsabilità speciale”.

“A me – scrive Calvino – questa responsabilità finiva per farmi sentire il tema come troppo impegnativo e solenne per le mie forze. E allora, proprio per non lasciarmi mettere in soggezione dal tema, decisi che l’avrei affrontato non di petto ma di scorcio. Tutto doveva essere visto dagli occhi d’un bambino, in un ambiente di monelli e vagabondi. Inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici, ma nello stesso tempo ne rendesse il colore, l’aspro sapore, il ritmo”.

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La scelta

Giovanni Dozzini racconta una storia sempre collegata alla guerra, da un altro punto di vista. Siamo su un’isola del lago Trasimeno, in Umbria. È l’isola Maggiore, una delle tre isole del lago, pochissimo conosciute fuori dal centro-Italia.

Qui, un gruppo di ebrei cerca rifugio, mettendo in questo modo a rischio anche la vita degli abitanti. La scelta del titolo è proprio quella che dovranno compiere gli abitanti dell’isola: da un lato la paura dei tedeschi, dall’altro la propria coscienza.

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Nessuno si salva da solo

Margaret Mazzantini ci porta in Molise, a Campobasso. Delia e Gaetano erano una coppia. Ora non lo sono più, e stasera devono imparare a non esserlo. Si ritrovano a cena, in un ristorante all’aperto, poco tempo dopo aver rotto quella che fu una famiglia.

Lui si è trasferito in un residence, lei è rimasta nella casa con i piccoli Cosmo e Nico. Delia e Gaetano sono ancora giovani – più di trenta, meno di quaranta, un’età in cui si può ricominciare. La loro carne è ancora calda e inquieta. Sognano la pace ma sono tentati dall’altro e dall’altrove. Ma dove hanno sbagliato? Il fatto è che non lo sanno.

La passione dell’inizio e la rabbia della fine sono ancora pericolosamente vicine. Cresciuti in un’epoca in cui tutto sembra già essere stato detto, si scambiano parole che non riescono a dare voce alle loro solitudini, alle loro urgenze, perché nate nelle acque confuse di un analfabetismo affettivo. Eppure parole capaci di bagliori improvvisi, che sanno toccare il nucleo ustionante dei ricordi, mettere in scena sul palcoscenico quieto di una sera d’estate il dramma senza tempo dell’amore e del disamore.

Mazzantini ci consegna un romanzo che è l’autobiografia sentimentale di una generazione. La storia di cenere e fiamme di una coppia contemporanea con le sue trasgressioni ordinarie, con la sua quotidianità avventurosa. Una coppia come tante, come noi. Contemporaneamente a noi.

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Le otto montagne

Paolo Cognetti è diventato famoso grazie a questo libro, che poi è diventato anche un film. Pietro è un ragazzino di città, solitario e un po’ scontroso. La madre lavora in un consultorio di periferia, e farsi carico degli altri è il suo talento. Il padre è un chimico, un uomo ombroso e affascinante, che torna a casa ogni sera dal lavoro carico di rabbia.

I genitori di Pietro sono uniti da una passione comune, fondativa: in montagna si sono conosciuti, innamorati, si sono addirittura sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. La montagna li ha uniti da sempre, anche nella tragedia, e l’orizzonte lineare di Milano li riempie ora di rimpianto e nostalgia.

Quando scoprono il paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa, sentono di aver trovato il posto giusto: Pietro trascorrerà tutte le estati in quel luogo «chiuso a monte da creste grigio ferro e a valle da una rupe che ne ostacola l’accesso» ma attraversato da un torrente che lo incanta dal primo momento. E lí, ad aspettarlo, c’è Bruno, capelli biondo canapa e collo bruciato dal sole: ha la sua stessa età ma invece di essere in vacanza si occupa del pascolo delle vacche. Il resto è la storia.

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Io non ho paura

Forse il libro più bello di Niccolà Ammaniti. Una storia che però fa tanta paura: una storia tesa e dal ritmo serrato, un congegno a orologeria che si carica fino a una conclusione sorprendente: e mette in scena la paura stessa.

Michele Amitrano, nove anni, si trova di colpo a fare i conti con un segreto cosí grande e terribile da non poterlo nemmeno raccontare. E per affrontarlo dovrà trovare la forza proprio nelle sue fantasie di bambino, mentre il lettore assiste a una doppia storia: quella vista con gli occhi di Michele e quella, tragica, che coinvolge i grandi di Acqua Traverse, misera frazione dispersa tra i campi di grano.

Il risultato è un racconto potente e di assoluta felicità narrativa, dove si respirano atmosfere che vanno da Clive Barker alle Avventure di Tom Sawyer, alle Fiabe italiane di Calvino.
La storia è ambientata nell’estate torrida del 1978 nella campagna di un Sud dell’ltalia non identificato, ma evocato con rara forza descrittiva. In questo paesaggio dominato dal contrasto tra la luce abbagliante del sole e il buio della notte, Ammaniti alterna a colpi di scena sapienti, la commedia, il mondo dei rapporti infantili, la lingua e la buffa saggezza dei bambini, la loro tenacia, la forza dell’amicizia e il dramma del tradimento. E insieme tratteggia un indimenticabile campionario di adulti.

Romanzo della scoperta di sé attraverso un rischio estremo, e la necessità di affrontarlo, lo non ho paura diventa un addio struggente all’età dei giochi e dello stupore, all’energia magica che ci fa lottare contro i mostri. E si insinua sotto pelle in ciascuno di noi, come una tenera pugnalata nel petto.

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Il nome della rosa

Un monastero benedettino di cui non è specificato il nome, situato sulla dorsale appenninica dell’Italia settentrionale, vicino al mare. L’anno è il 1327, in particolare nel mese di novembre. La storia si svolge in sette giorni, suddivisi secondo le ore liturgiche. Il narratore è Adso da Melk, un giovane novizio che, ormai anziano, racconta le vicende avvenute nel monastero.

Il monastero, i riti e i chiostri, ma anche il paesaggio esterno, con i monti e le valli attorno al monastero. C’è tutto e tutto Umberto Eco ha messo nel suo racconto che definisce un qualche posto forse della sua infanzia (Eco era piemontese) o forse del senso storico e drammaturgico richiesto da questo capolavoro purtroppo spesso dimenticato. È anche una storia di una fetta d’Italia, oltre che un ricchissimo romanzo storico.

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Accabadora

Un libro che abbraccia tutta la Sardegna, quello di Michela Murgia. Un romanzo bellissimo, delicato e potente al tempo stesso, che ha vinto il premio Campiello e affronta il delicato tema dell’eutanasia.

Maria e Tzia Bonaria vivono come madre e figlia, ma la loro intesa ha il valore speciale delle cose che si sono scelte. La vecchia sarta ha visto Maria rubacchiare in un negozio, e siccome nessuno la guardava ha pensato di prenderla con sé, perché «le colpe, come le persone, iniziano a esistere se qualcuno se ne accorge». E adesso avrà molto da insegnare a quella bambina cocciuta e sola: come cucire le asole, come armarsi per le guerre che l’aspettano, come imparare l’umiltà di accogliere sia la vita sia la morte. D’altra parte, «non c’è nessun vivo che arrivi al suo giorno senza aver avuto padri e madri a ogni angolo di strada».

Michela Murgia, con una lingua scabra e poetica insieme, usa tutta la forza della letteratura per affrontare un tema così complesso senza semplificarlo. E trova le parole per interrogare il nostro mondo mentre racconta di quell’universo lontano e del suo equilibrio segreto e sostanziale, dove le domande avevano risposte chiare come le tessere di un abbecedario, l’alfabeto elementare di «quando gli oggetti e il loro nome erano misteri non ancora separati dalla violenza sottile dell’analisi logica».

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La Mennulara

Il libro che ha fatto scoprire la bravissima Simonetta Agnello Horbny e un altro modo di guardare la Sicilia. Un racconto che si muove a spirale intorno alla figura di Maria Rosalia Inzerillo, conosciuta come “la Mennulara”. Ora è morta e tutto il paese di Roccacolomba si chiede chi è stata davvero.

Tutti ne parlano, tutti hanno in qualche modo avuto a che fare con lei, tutti sanno e non sanno, c’è chi la odia e la maledice e chi la ricorda con gratitudine se non con venerazione. Ne parlano soprattutto gli Alfallipe, del cui patrimonio la Mennulara è stata sempre oculata amministratrice.

Le voci che rimbalzano dal passìo serale alle portinerie ingigantiscono e intorbidano le trame di quella donna che rabbia, passione, intelligenza hanno portato così in alto da tenere in pugno una famiglia di proprietari terrieri, un boss mafioso, un intero paese.

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Angeli e demoni

Chiudiamo infine la nostra serie dei migliori libri di Macity con un fuori sacco, che altrimenti non sarebbe tale questa lista. E questa volta abbiamo scelto un altro romanzo ma molto sui generis, ambientato tra le altre cose in una città piccolissima che è anche uno Stato: il Vaticano.

Dan Brown è stato tanto criticato però sappiamo che molta è invidia. Certo, non ha fatto la Letteratura (casomai è diventato solo ricco), ma al tempo stesso è lui che ha dato una idea di come sia Roma e lo Stato Città del Vaticano a milioni di lettori (e poi spettatori) in tutto il mondo.

Un simbolo incendiario. Un’arma rivoluzionaria. Un complotto che minaccia il cuore del Vaticano. Quando lo scienziato Leonardo Vetra viene brutalmente assassinato al CERN di Ginevra, Robert Langdon, celebre professore di simbologia di Harvard, viene chiamato a decifrare l’enigma impresso sul suo corpo: l’ambigramma degli Illuminati, un’antica confraternita segreta creduta estinta. Ma il peggio deve ancora venire. L’organizzazione ha trafugato una pericolosa fonte di energia e l’ha nascosta in Vaticano, pronta a esplodere mentre il conclave è riunito per eleggere il nuovo Papa.

Affiancato dalla scienziata Vittoria Vetra, Langdon si lancia in una disperata corsa contro il tempo tra i monumenti di Roma, seguendo indizi nascosti nelle opere di Bernini e nei misteri del Cammino dell’Illuminazione. Ma ogni scoperta lo porta più vicino a una verità sconvolgente e a un nemico spietato. Un thriller avvincente che intreccia storia, scienza e religione, in un crescendo di enigmi e rivelazioni mozzafiato.

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Camera con vista

Secondo e ultimo fuori sacco di questa lista dei migliori di Macity è il romanzo di Edward Morgan Forster che ha fatto epoca (è stato pubblicato nel 1908) e raccontato una Firenze bellissima, entrata nel cuore di generazioni di turisti britannici.

La storia di una contrastata vicenda sentimentale tra una giovane inglese attenta alle convenzioni sociali della borghesia e un agnostico anticonformista capace di “vedere” la realtà nascosta dietro le apparenze.

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