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Il Washington Post di Jeff Bezos diventa una software house

Nel 2013 Jeff Bezos, il fondatore e Ceo di Amazon, ha comprato il Washington Post, storico giornale (nato 136 anni fa) americano famoso per il Watergate e il giornalismo di qualità con un occhio forte alla politica. Anzi, uno dei bastioni, dei cani da guardia del potere politico in America.

Lo scopo dell’acquisizione, costata relativamente poco al multimiliardario Bezos, era stato quello di assicurare il futuro al giornale in tempi incerti per la stampa, ma senza nessuna interferenza nelle scelte editoriali di linea politica. E in effetti il Post va avanti per la sua strada, senza problemi.

Quello che molti pensavano era che ci sarebbe stata una svolta multimediale, digitale, internettiana, vista la storia di Bezos. Ebbene, lorsignori non avevano capito niente. La svolta è questa ma è molto di più, perché quelli bravi nel mondo dell’economia digitale – e Jeff Bezos è uno dei quattro o cinque campioni del mondo, oltre ai due di Google, a quello di Microsoft, a quell’altro di Facebook, a quelli di Apple e a quello di Tesla – sanno fare gli affari guardando l’essenza del problema.

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Per Bezos l’idea è stata semplice: se è vero come è vero che il codice si sta mangiando il mondo, allora trasformiamo il Post in una software house. Che vuol dire: produciamo da noi, su misura, secondo le nostre esigenze, gli strumenti per fare il digitale. Altro che WordPress o cose preconfezionate: assumiamo programmatori e facciamo tutto in casa.

Scelta folle? Costi ingestibili? Questa sarebbe la risposta di molti, peccato però che la suite di software per la generazione, gestione e pubblicazione dei contenuti multimediali che si chiama Arc (e viene gestita con la società controllata Arc Publishing) sia in affitto anche per altre testate giornalistiche. Le quali la trovano molto buona perché funziona bene e, a differenza di quelle prodotte per fare blog e riciclate come sistemi per i giornali, è genuinamente fatta da giornalisti per giornalisti.

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Il Los Angeles Times, il canadese Globe and Mail, lo New Zealand Herald e tantissimi altri più piccoli come l’Alaska Dispatch News e il Willamette Week pubblicato in Oregon, lo hanno scelto. In totale, Arc viene utilizzato per servire news a 300 milioni di lettori con un modello di business per il Post basato sul pagamento centrato sulla banda utilizzata, stile cloud: si paga insomma per quanti lettori effettivamente arrivano. Si passa, per un giornale piccolo, da 10mila dollari al mese fino a 150mila per quelli più grandi. Sembrano molti soldi ma questa è una suite di applicativi cloud che sostituisce tutto quello di cui ha bisogno una redazione e che permette di avere anche lo spazio nel cloud per pubblicare, senza limiti, i contenuti.

Dal 2016, con la cura razionalizzante di Bezos, i conti del Post sono andati in nero. Con questa nuova attività “collaterale” il giornale è in un mercato che vale cento milioni di dollari e che permette di compensare ulteriormente il calo della pubblicità e dei lettori in abbonamento, spiega FastCompany.

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