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Apple elimina le app simili alla funzione Tempo di utilizzo di serie su iOS

Apple ha eliminato varie applicazioni offerte sull’App Store che replicavano funzionalità già di serie nel sistema operativo, incluse app simili a “Tempo di utilizzo”, il report in tempo reale di serie con iOS 12 e seguente che permette di sapere quanto tempo si trascorre su  iPhone, iPad o iPod touch e impostare dei limiti sui contenuti che desideriamo gestire.

“Ci hanno buttato fuori di punto in bianco senza spiegazioni” riferisce Amir Moussavian, direttore generale di OurPact, interpellato dal New York Times. “Stanno sistematicamente uccidendo l’industria del settore”.

Le app eliminate, riferisce AppleInsider sono 11 su 17. In molti casi, queste non offrono funzioni in più rispetto a quelle già inetgrate nel sistema. Alcune delle app rimosse erano ad ogni modo multipiattaforma, proposte sia variante iOS, sia Android, permettendo ai genitori di monitorare dispositivi di due sistemi diversi. Altre tra quelle eliminate consentivano di bloccare contenuti ritenuti inappropriati, opzione non offerta da “Tempo di utilizzo”.

La mossa di Apple è esplicitamente autorizzata dai termini e condizioni legali che gli sviluppatori accettano quando propongono app sull’App Store. Un portavoce della Mela ha riferito al sito AppleInsider che la rimozione di funzionalità e la revoca delle app rientra nell’ambito della sezione 5.2.5 delle linee guida che disciplinano la revisione delle app sull’App Store, nella quale – tra l’altro – si indica espressamente di “non creare app che appaiono confusamente simili a esistenti prodotti di Apple, interfacce, app o temi pubblicitari”.

"Tempo di utilizzo" è una funzine di serie su iOS 12 e seguenti che consente di accedere a report in tempo reale per capire quanto tempo si trascorre su iPhone, iPad o iPod touch e impostare dei limiti sui contenuti che desideramo gestire.
“Tempo di utilizzo” è una funzine di serie su iOS 12 e seguenti che consente di accedere a report in tempo reale per capire quanto tempo si trascorre su iPhone, iPad o iPod touch e impostare dei limiti sui contenuti che desideramo gestire.

Agli sviluppatori in questione è stato inoltre spiegato che hanno violato la sezione 2.5.1 delle linee-guida  le quali proibiscono l’uso di API pubbliche con modalità non autorizzate. Alcune mail agli sviluppatori nelle quali si motiva il rifiuto dell’accettazione delle loro app sull’App Store, risalgono a dicembre dello scorso anno; nelle comunicazioni inviate agli sviluppatori Apple spiega che le app potrebbero potenzialmente accedere a dati di minori, violando la sezione 17.4 del Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) e la relativa sezione 1.3 dei termini indicati nell’App Store. Molte delle sezioni citate nel COPPA da Apple possono ad ogni modo essere bypassate con il consenso dei genitori, responsabili delle app installate sui dispositivi dei figli.

“Trattiamo le app tutte allo stesso modo, incluse quelle in competizione con servizi da noi offerti”, riferisce Apple. “Il nostro incentivo consiste nell’avere un vibrante ecosistema di app in grado di offrire ai consumatori accesso ad un maggiore numero possibile di app di qualità”.

Sui social media la questione a qualcuno ha ricordato la vecchia vicenda di Sherlock, una estensione che Apple offriva con Mac OS 10.12 “Jagauar” rendendo inutile Watson, app di terze parti (sviluppata da Karelia Software, una società  californiana, e Dan Wood, geniale programmatore), che aveva riscosso un certo successo anni addietro proponendo una comoda ed unica interfaccia più servizi (informazioni dei film, tracking delle spedizioni dei corrieri, aste, condizioni dei voli, pagine gialle, etc.), funzioni replicate dall’estensione di Apple che in poco tempo resero inutile Watson.

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