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Apple, raid antitrust negli uffici in Corea

Gli uffici di Apple in Corea sono stati perquisiti dalle autorità di regolamentazione antitrust: l’azienda è stata infatti accusata di addebitare agli sviluppatori una commissione del 33%, percentuale questa che sarebbe quindi superiore al 30% definito dalle regole dell’App Store.

Secondo quanto riportano i giornali locali, il raid della Korea Fair Trade Commission è avvenuto all’alba di lunedì e al momento le indagini sono ancora in corso. Si parla già di presunto abuso di potere di mercato, e viene spiegato così: Apple addebita agli sviluppatori il 30% del prezzo pagato dai clienti che fanno acquisti sull’App Store; tuttavia nel prezzo è compresa l’imposta sul valore aggiunto (IVA), che è pari al 10%, perciò a conti fatti addebita il 33% (30% sul 110%).

Così gli sviluppatori non ci stanno, tanto più che Google dal conteggio invece tiene fuori l’IVA, prelevando quindi un effettivo 30%.

Lo stesso sistema viene adottato da Apple anche per l’aliquota del 15% applicata alle piccole imprese e agli abbonamenti nel primo anno: agli sviluppatori coreani viene addebitato il 16,5% perché appunto Apple riscuote la commissione sul lordo (che è compreso di IVA) e non sul netto.

Può sembrare una sciocchezza, ma dietro tutto questo girano milioni di euro: secondo quanto riferito, soltanto quel 3% aggiuntivo ammonta a circa 345 miliardi di won, 250 milioni di euro, commissionati tra il 2015 e il 2020.

La stessa storia si ripete anche in altri paesi in cui Apple opera tra cui anche il nostro, dove la commissione effettiva è del 32,1% come in Francia; nel Regno Unito invece è poco meno (31,5%) mentre quello commissionato in Turchia è tra gli addebiti più alti dell’App Store, con una percentuale finale pari al 35,25%. Tuttavia, nel momento in cui scriviamo, in nessuno di questi paesi sono stati presentati reclami del genere.

Tornando in Corea, adesso Apple è oggetto di indagine da parte di due agenzie governative: ad agosto infatti la Korea Communications Commission ha condotto un’ispezione presso Apple, Google e One Store per determinare se avessero violato le leggi sui pagamenti in-app. Se dalla nuova indagine viene fuori che Apple è in torto, potrebbe subìre una sanzione che potrebbe arrivare fino al 2% del reddito medio annuo derivante dall’App Store.

Nel frattempo, a gennaio Apple si è già dovuta adeguare ad una nuova legge sudcoreana che consente agli sviluppatori di offrire sistemi di pagamento alternativi per l’App Store. Tuttavia secondo la fonte starebbe agendo in malafede perché addebitando una commissione del 26% sui pagamenti elaborati da fornitori terzi gli sviluppatori sarebbero penalizzati dal fatto che, alla fine dei conti, il costo totale sarebbe circa del doppio rispetto a quel che spenderebbero usando il sistema di acquisti in-app dell’App Store.

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