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Fusion Drive, Apple combina il disco rigido con le memorie flash

Lo scorso anno Intel ha presentato Z68, un chipset integrato da Apple negli iMac con i processori Sandy Bridge che ha consentito la creazione di macchine desktop con un’unità allo stato solido abbinate al tradizionale HDD: quest’ultimo può funzionare come semplice sistema di archiviazione, il primo come una sorta di cache sulla quale la “logica” del sistema operativo colloca il codice di più frequente utilizzo. Questa modalità di funzionamento permette di ottenere un incremento di velocità nelle operazioni come l’avvio e lo spegnimento, maggior velocità nell’apertura dei file e un generale miglioramento del comportamento della macchina: i vantaggi di un’unità SSD senza perdere capacità o veder crescere i costi in maniera esorbitante.

Apple ha sfruttato questo sistema con l’attuale generazione di iMac e sullo store configurando le macchine con le opzioni BTO era possibile scegliere l’unità a stato solido insieme a un disco rigido Serial ATA. OS X e tutti i programmi venivano preinstallati sull’unità a stato solido, permettendo di usare il disco rigido per video, foto e altri file.

Una risposta a questa tecnologia è arrivata da Seagate con le unità ibride a stato solido Momentus XT (sistemi con integrati memorie Flash NAND e unità disco). Con la tecnologia denominata “Adaptive Memory” le unità SSHD riducono in modo rilevante i tempi di avvio e di esecuzione delle applicazioni, offrendo prestazioni elevate, con tempi di avvio ed elaborazioni simili a un’unità SSD. Il “trucco” usato da Seagate consiste nello sfruttare algoritmi che monitorizzano l’uso dei dati in tempo reale garantendo che quelli utilizzati con maggiore frequenza vengano memorizzati nella memoria Flash NAND, migliorando in modo significativo le prestazioni a livello di sistema.

L’opzione di archiviazione Fusion Drive, disponibile come opzione sui nuovi iMac e sui Mac Mini quad-core appena presentati, ricorda quella di Seagate: è possibile combinare 128GB di flash con un disco rigido standard da 1TB o 3TB e creare un singolo volume di archiviazione capace di gestire automaticamente e “intelligentemente” i file ottimizzando le prestazioni in lettura e scrittura. La tecnologia si adatta al modo in cui l’utente usa il proprio Mac, spostando in automatico i file e le app utilizzate più spesso nella memoria flash, permettendo un accesso più veloce e migliori prestazioni. 

È probabile che Apple abbia usato tecnologie di Intel (lo Z68 di cui parlavamo all’inizio, non è stato adeguatamente sfruttato da altri produttori di computer): sarebbe, infatti, sorprendente un accordo con Seagate. Non dobbiamo dimenticare che Apple ha qualche tempo addietro comprato Anobit, azienda israeliana specializzata in memorie NAND: non è da escludere che Cupertino abbia sfruttato l’esperienza, tecnologie e brevetti di quest’azienda per la “rivoluzionaria” (così viene definita) opzione di archiviazione.

[A cura di Mauro Notarianni]

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