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Il governo cancella la Webtax

Addio alla Webtax. La criticata disposizione, infilata nell’ultima legge di stabilità a firma di un gruppo di deputati del PD, che stabiliva che le aziende italiane possono acquistare servizi di pubblicità online solo da società con partita IVA italiana, è stata cancellata oggi nel corso del consiglio dei ministri. A darne notizia via Twitter il presidente del consiglio Matteo Renzi che aveva contestato la norma fiscale durante il primo discorso da segretario del Pd, ovvero del partito che aveva di fatto promosso la tassa, sottolineandone anche la ragioni attraverso il presidente della commissione bilancio della Camera, il “rendiamo” Federico Boccia, che ne era un propugnatore.

La norma era stata lanciata come un sistema per dare equità al mondo della pubblicità su Internet, impedendo l’elusione fiscale dei colossi della rete, ma numerosi blogger e testate on line ne avevano immediatamente sottolineato l’incoerenza e la pericolosità nel rapporto con l’Europa. Il rischio sarebbe stato quello di veder migrare dall’Italia alcune grandi realtà, oppure di vedere impugnata la norma; Google, ad esempio, avrebbe potuto chiudere la sua attività sul nostro territorio per evitare di adempiere alla disposizione oppure presentare un esposto a Bruxelles che molto probabilmente avrebbe punito l’Italia per infrazione alle norme comunitarie.

Per questo, un altro gruppo di deputati (gli onorevoli Lorenza Bonaccorsi, Paolo Coppola, Marco Causi e Giampaolo Galli) aveva presentato un ordine del giorno che impegnava il governo a consultarsi con la Commissione Europea prima di applicare la legge. La sollevata di scudi induceva il Governo (guidato da un già allora dubbioso, in materia,Letta) a sospendere la tassa, lasciando però pensare che non sarebbe mai stata introdotta, almeno fino a quando l’Unione non assumerà decisioni che la renderanno praticabile, cosa che potrebbe accadere dal 2015.

L’annuncio di Renzi  va proprio in questa direzione, e si colloca in un contesto ancora molto fluido, ma dove i governi paiono tutti intenzionati, indistintamente (o quasi, visto che l’Irlanda pare andare in direzione opposta) a trovare una formula che impedisca ai grandi della tecnologia, da Google a Microsoft, da Facebook ad Apple, di sfruttare le agevolazioni fiscali per operare su tutto il territorio dell’Unione senza pagare, letteralmente, alcun dazio.
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