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iOS 10 difende drasticamente la privacy online degli utenti

Apple blocca l’accesso delle terze parti ai sensori per la temperatura della batteria, conteggio dei cicli, tensione di scarica e massima tensione dell’alimentatore. Inoltre, richiede l’autorizzazione esplicita dell’utente per l’accesso da parte delle app alla libreria Apple Music.

Chiusura proprietaria e “cattiveria” dell’azienda di Cupertino? No, a quanto pare le cose non stanno così, anche perché il mondo è più complesso di quanto non possa sembrare in prima battuta. In questo caso, sono le tecniche di fingerprinting estreme utilizzate fare “ad targeting” online che vengono messe fuori gioco, con l’obiettivo di proteggere la privacy dell’utente e non limitarne le possibilità di utilizzo degli accessori.

In pratica, le API disponibili agli sviluppatori per avere accesso a informazioni avanzate sulla gestione della batteria e quelle utilizzate per avere accesso in lettura alla libreria della musica di Apple Music possono essere usate – e vengono usate – da piazzisti di pubblicità online. Leggono le informazioni che sono uniche, nella loro combinazione, a un determinato iPad o iPhone, e in questo modo profilano l’utente.

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La tecnica serve per bypassare i sistemi che bloccano tracker e cookie. Gli ad blocker rendono impossibile non solo portare gli spot a uno specifico utente (quanto va bene, perché possono essere anche tecniche di attacco mirato da parte di malintenzionati) ma anche assumere informazioni da questo. Così, chi vive vendendo pubblicità sempre più mirata e intrusiva, oppure semplicemente profila e vende dati sugli utenti “seguendoli” nelle navigazioni in rete e imparando, durante giorni o settimane di monitoraggio automatico, quali siti frequentano, quali acquisti fanno, deve utilizzare altre tecniche di identificazione (delle “impronte digitali virtuali”) per poter tracciare i movimenti dei singoli utenti e aggregare le differenti sessioni.

Apple, con la mossa che blocca alcune informazioni generate dagli utenti, rende impossibile questo comportamento. Per quanto riguarda la batteria, la porta viene battuta violentemente addosso ai guardoni. Ci sono anche altri motivi. Dirigenti di Uber, il servizio di noleggio auto molto popolare negli Usa, hanno rivelato che monitorano il livello di batteria degli utenti che usano la loro app per chiamare una app.

E quando il livello di batteria si abbassa, rendendo probabile lo spegnimento del telefono e quindi l’impossibilità di sfruttare un viaggio con Uber, alzano artificialmente il prezzo. In questo modo, l’utente deve scegliere tra un prezzo della corsa concordato più alto della media e il rischio di rimanere a piedi.

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È un vecchio sogno degli esperti di marketing quello di poter negoziare prezzi costantemente diversi a seconda dei contesti. Lo fanno le compagnie aeree (in maniera non trasparente per gli utenti), lo fanno i gestori dei trasporti ferroviari (alzando e abbassando i prezzi a seconda degli orari e prezzi della giornata, oltre che della concorrenza) ma lo vorrebbero fare ad esempio quelli che vendono bibite gassate in macchinette automatiche in climi molto caldi: a seconda della temperatura della giornata alzare o abbassare il prezzo, per sfruttare la sete presumibilmente irrefrenabile dei consumatori.

In conclusione, la mossa di Apple, che potrebbe essere letta come semplice chiusura e ansia di controllo, ha in realtà un altro senso se si guarda al quadro più generale. Un senso che probabilmente gli utenti dovrebbero apprezzare.

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