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L’FBI sblocca un iPhone 11 Pro Max con GrayKey senza aiuto di Apple

La notizia che l’ FBI sblocca iPhone 11 Pro Max solleva nuovi dubbi sulle recenti richieste dell’ente investigativo per ottenere l’aiuto di Apple per accedere agli iPhone della sparatoria di Pensacola, incluse le pressioni su Cupertino da parte del Segretario della Giustizia e persino del presidente USA Donald Trump.

Apple, si sa, ha sempre dichiarato di fonire tutto l’aiuto e gli interventi richiesti dalle autorità: allo stesso tempo però rifiutandosi categoricamente di creare backdoor e altri sistemi di accesso, perché metterebbero a rischio milioni di iPhone degli utenti in tutto il mondo. Questo anche quando si parla di iPhone usati da potenziali o conclamati terroristi. Il caso di San Bernardino è ormai storia.

Ciò nonostante, l’FBI si è attrezzata nel tempo per riuscire a far breccia nei terminali di Cupertino, senza alcun bisogno di essere aiutata da Apple. Di recente sembra che l’ente investigativo USA sia riuscito a sbloccare un iPhone della serie 11 grazie a GrayKey. E’ un nuovo rapporto di Forbes ad affermare che l’FBI ha sbloccato iPhone 11 Pro, quindi il modello più recente e teoricamente il più sicuro dell’intera gamma.

GrayKey, la scatola magiva che sblocca gli iPhone non funziona più con iOS 12 Secondo il rapporto, gli investigatori dell’FBI in Ohio hanno usato il dispositivo hardware GrayKey per sbloccare un iPhone 11 Pro Max. Il terminale in questione apparteneva a Baris Ali Koch, accusato di aver aiutato suo fratello condannato a fuggire dal Paese, lasciandogli usare il suo passaporto. L’avvocato di Koch ha confermato a Forbes che l’iPhone in questione era bloccato con un passcode e che Koch non aveva mai svelato il suo PIN, né che fosse possibile utilizzare Face ID. Ciò confermerebbe che GrayKey è riuscito nell’impresa di forzare un iPhone della Mela.

Ricordiamo che GrayKey è il nome di un dispositivo hardware prodotto da una startup denominata Grayshift che propone ad agenzie governative e membri delle forze dell’ordine un tool che consente di ottenere accesso agli iPhone bloccati. Lo strumento, che ha il pregio di costare molto meno del suo concorrente Cellebrite, è presentato come in grado di estrarre il filesystem completo di un iPhone attaccando quest’ultimo con il metodo della “forza bruta”, cioè verificando tutti i codici di sblocco teoricamente possibili fino a che si trova quello effettivamente corretto.

Un libro rivela i retroscena della battaglia legale di Apple con l’FBIPiù di recente, per il caso della sparatoria di Pensacola, l’FBI ha richiesto l’aiuto di Apple per sbloccare un iPhone 5 e un iPhone 7, terminali meno recenti, più semplici da sbloccare rispetto a iPhone 11, con ogni probabilità violabili con gli stessi strumenti impiegati per acceere all’iPhone di San Bernardino di alcuni anni fa. Per questa ragione le recenti richieste e pressioni su Cupertino da parte delle più importanti cariche USA sembrano una mossa politica per rafforzare l’opinione pubblica sulla necessità di intrudurre leggi che obblighino i colossi hi-tech a includere backdoor e accessi secondari ai propri sistemi e dispositivi.

Nel frattempo il CEO di Cupertino avrebbe già radunato privatamente un piccolo team di specialisti con un duplice obiettivo: da un lato smorzare toni e scontro diretto con le autorità, dall’altro difendere la posizione di Apple su cifratura, privacy e sicurezza. Altri argomenti sempre verdi sono anche quelli legati alla sicurezza del paese, con l’amministrazione che potrebbe presto o tardi richiedere, o imporre, ad Apple, così come ai colossi tecnologici, di costruire backdoor su iOS, iPhone e su altri terminali; se così fosse, l’FBI non dovrebbe più pagare aziende come Grayshift e Cellebrite per accedere a terminali di presunti malviventi.

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