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L’ultimo produttore di flipper in un mondo tutto digitale

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Il New York Times ha pubblicato un articolo nel quale si parla della Stern Pinball Inc., l’ultima fabbrica al mondo che continua a produrre flipper. In passato erano moltissime le società  produttrici, la maggior parte di esse erano ovviamente statunitensi e si trovavano nell’area di Chicago, un tempo considerata la capitale del business.

Vero e proprio mito del mondo delle sale gioco, Stern è attualmente un po’ in declino: dai 27.000 pezzi prodotti annualmente in passato, si è arrivati ora a una media di 10.000 pezzi. A detta di Tim Arndold proprietario di sale giochi negli anni ’70 (gli anni del boom del flipper) e titolare di un Museo del flipper a Las Vegas, la gente non ha perso la voglia di divertirsi, semplicemente “non trova i flipper e non sa dove poter giocare”.

Nella fabbrica della Stern che si trova in un sobborgo ad ovest di Chicago, schiere di operai attorcigliano cavi elettrici, bucano e assemblano assi di legno, avvitano viti, installano minuscole lampadine e incollano personaggi di film, cartoni animati o di fantasia.

Benché il flipper ha origini nei secoli passati (un gioco simile, denominato “Bagatelle” era diffuso già  ai tempi del Re Sole) non si tratta di prodotti di semplice costruzione. Ogni singolo pezzo contiene una media di mezzo miglio di cavi elettrici, 3500 componenti elettronici di varie dimensioni e per la sua costruzione occorrono fino a 35 ore di lavoro. “Molto più del tempo necessario a costruire una Ford Taurus” ama dire Gary Stern, presidente della società .

Mr Stern, l’ultimo magnate produttore di flipper, è un saggio sessantaduenne che parla velocemente, ha una capigliatura bianca uguale al colore della montatura dei suoi occhiali, ama mangiare caramelle gelatinose e recentemente si è fratturato una costola facendo snowboard in Colorado.

La fabbrica, come facilmente immaginabile, è un sogno per la vecchia generazione di “geek” cresciuta in bar e fumose sale giochi con vecchi flipper. I progettisti siedono in uffici con pareti di vetro trasparenti dalle quali vedono nascere le loro creature.

Ad alcuni lavoratori è richiesto di passare almeno 15 minuti al giorno nella “sala giochi” dell’azienda, in modo da provare gli ultimi modelli e non far arrabbiare Mr Stern: “Lavorate in una fabbrica di flipper”, ha spiegato, “e dovete giocare moltissimo”. Critiche e consigli sono però ben accetti: in una sorta di laboratorio permanente dedicato alla fisica del gioco flipper, palline argentate rimbalzano tutto il giorno all’interno dei nuovi prototipi, guardate a vista da tecnici che cercando di migliorare costantemente i prodotti mettendo o togliendo pinne, paraurti e meccanismi di vario tipo.

Anche Mr Stern, riconosce che il mercato è un po’ in declino ma afferma che c’è uno zoccolo duro di giocatori incalliti e fedeli. C’è persino un’International Flipper Pinball Association che stila costantemente la classifica dei migliori giocatori al mondo. “Il mercato di queste macchine non è più quello di una volta. Il pubblico più giovane si rivolge ai videogiochi”. Il target di riferimento si sta spostando verso i cinquantenni. Negli Stati Uniti, la metà  dei prodotti (il costo medio di ogni flipper è di 5000$) sono acquistati dai distributori e venduti direttamente al pubblico finale. Il 40% arriva in Francia, Germania, Italia, Spagna. Da qualche tempo la società  sta cercando di addentrarsi nei mercati russi, cinesi e mediorientali. “Il concetto del gioco è facile e universalmente comprensibile” afferma Mr Stern. Chiedendogli del futuro della sua azienda fa una breve pausa e afferma che fra 10 anni la sua fabbrica sarà  ancora lì. E fra cinquant’anni? “E’ una data troppo lontana nel tempo per fare previsioni, ma sono sicuro che i flipper saranno ancora li”.

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