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I misteriosi segni nel deserto americano hanno una motivazione tecnologica

Righe misteriose in un parcheggio nel deserto. Peggio dei cerchi nel grano o dei disegni misteriosi nel deserto. Una civiltà misteriosa innamorata dei codici a barre? Oppure uno strumento per sintonizzare le ottiche dei satelliti spia in orbita? Ovviamente l’ultima.

Poco fuori dalla base dell’aeronautica militare americana di Edwards, in quello che sembra un anonimo parcheggio nel mezzo di un tratto di deserto qualche miglio fuori dall’area principale della base, ci sono infatti rettangoli fatti di strisce bianche parallele, di diversa grandezza, spessore e distanza l’una dall’altra.

Si tratta semplicemente di un sistema per la calibrazione della risoluzione degli obiettivi dei satelliti spia dell’epoca: parliamo degli anni Sessanta quando la maggior parte del telerilevamento o remote sensing veniva fatto con sistemi ottici: i radard e i laser sarebbero arrivati più avanti e avrebbero permesso, sia nel settore militare che in quello civile, di fare straordinarie conquiste.

Oggi ad esempio con satelliti dotati di sistemi di rilevamento laser capaci di tarare la frequenza sul tipo di oggetto che deve essere trovato – ad esempio la pietra tra il fogliame e il terriccio morbido – è stato possibile mappare decine e decine di insediamenti Maya in tratti di giungla sudamericana altrimenti impossibile da traversare e tantomeno da misurare.

segni nel deserto

Negli anni Sessanta invece i satelliti spia utilizzavano prevalentemente sistemi ottici per “guardare” a distanza cosa succedeva a terra: studiare le fabbriche e gli insediamenti sospetti in Unione sovietica, in Cina, nei paesi appartenenti al Patto di Varsavia, nel Sud Est asiatico, e anche in Africa ed Europa. Insomma, spionaggio su larga scala, osservazione e mappatura di infrastrutture, sistemi di trasporto, magazzini e fabbriche.

I sistemi ottici avevano però bisogno di costanti calibrature per poter mettere a fuoco in maniera ottimale, oltre a monitorare lo stato di degrado del potere di risolvere le immagini degli obiettivi montati su testate che erano sottoposti a fortissime pressioni, escursioni termiche e vibrazioni sospesi in orbita a un centinaio di chilometri viaggiando a decine di metri al secondo.

La base di Edwards all’epoca era uno dei principali centri di spionaggio militare americano e, per la calibrazione dei satelliti aveva anche un altro asso nella manica: la zona desertica è praticamente priva di inquinamento luminoso, è raramente coperta di nuvole (praticamente mai) e non ha altri tipi di disturbo atmosferico. Sempre ad Edwards, dove negli anni Ottanta e Novanta sono atterrati gli Space Shuttle, c’è anche la più grande rosa dei venti del pianeta, disegnata nel letto di un lago salato che si è prosciugato millenni fa, ed indica le direzioni in gradi senza bisogno di utilizzare una bussola magnetica: serve per orientare e allineare i piloto di Shuttle in difficoltà alla pista, in casi di emergenza.

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