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Google e Facebook sanno tutto quello che facciamo online: l’allarme del CEO di DuckDuckGo

Se vogliamo davvero dei passi avanti sul versante della privacy, dobbiamo fare qualcosa per mettere un freno a Google e Facebook. Non farlo è un po’ come provare a perdere peso senza cambiare dieta: semplicemente inefficace. È il succo del pensiero di Gabriel Weinberg, CEO e fondatore di DuckDuckGo, il motore di ricerca nato nel 2008 che si vanta di mettere la privacy davanti a qualsiasi cosa e non tenere traccia di nessuno.

Secondo una ricerca del Princeton Web Transparency & Accountability Project, il 76% dei siti web contiene tracker nascosti di Google, il 24% di Facebook e il 12% di Twitter. Google e Facebook conoscono in pratica qualsiasi cosa facciamo sul web oltre a sfruttare altri meccanismi di tracking ancora più ricercati quando si usano i loro prodotti e servizi.

I due big della Silicon Valley hanno accumulato così tanti profili da essere in grado di conoscere interessi, acquisti, ricerche, dove e quando un contenuto è stato cercato, località visitate e tanto altro.  Una mole immensa di dati che nelle loro mani è oro prezioso per bersagliare l’utente con messaggi pubblicitari mirati che lo inseguono qualunque cosa visita in rete.

Gabriel Weinberg spiega che Google e Facebook sono in grado di offrire pubblicità super-mirate come nessun altro al mondo. eMarketer, ha calcolato che i due gruppi insieme rappresentano il 63% di tutta la pubblicità digitale e il 74% della crescita di questo mercato nel 2017 è attribuibile a loro. “Un duopolio pubblicitario che non mostra segni di cedimento” riferisce Weinberg.

L’uso di ricercati algoritmi basati sull’intelligenza artificiale, spiega ancora Weinberg, ha permesso ai due big di creare un universo digitale alternativo che controlla gli utenti. “Nella loro corsa al profitto, hanno mostrato poco interesse per le conseguenze negative associate a quegli algoritmi”.

Weinberg ritiene che soluzioni specifiche dovrebbero arrivare da Washington. Congresso e agenzie federali dovrebbero considerare con spirito nuovo ciò che si potrebbe fare per frenare la monopolizzazione dei dati. Dovrebbero, ad esempio, chiedere maggiore trasparenza sull’uso di questi algoritmi, in modo che gli utenti comprendano come le loro informazioni personali sono raccolte, gestite e vendute. In questo modo le persone potrebbero fornire o no il loro consenso informato. Altre proposte puntano a una legge che stabilisca che sia l’utente a possedere i suoi dati portando a opzioni per bloccare eventuali abusi. Per garantire maggiore competizione nel mondo della pubblicità online, bisognerebbe inoltre limitare le possibilità di combinare i dati.

DuckDuckGo afferma che già quasi quarto degli americani adulti sta già adottando provvedimenti significativi per riprendere il controllo della propria privacy. Il consiglio è di adottare add-on per i browser che permettono di bloccare i meccanismi di tracciamento di Google e Facebook, rendendo la rete più sicura e privata.

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