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Sblocco iPhone, l’FBI sarà costretta a spiegare come ha fatto?

Il sistema usato dall’FBI per sbloccare l’iPhone di San Bernardino potrebbe funzionare solo con il dispositivo di Syed Rizwan Farook il terrorista che usava quel telefono. La vicenda dello sblocco, di cui abbiamo dato conto ieri sera, viene ripresa e precisata in alcuni dettagli da CNN che ascolta alcuni esperti e cita non meglio precisati funzionari  di polizi.

In base a quanto si apprende proprio da un responsabile delle forze dell’ordine, sarebbe oggi prematuro dire se il metodo utilizzato sarebbe in grado di funzionare su altri dispositivi; quel che è certo è che ha funzionato sull’iPhone 5c di Farook sul quale, lo ricordiamo, è installata una versione di iOS 9, ma il cui hardware è privo di alcune delle funzioni apparse in dispositivi successivi.

L’FBI non dice nulla di come ha sbloccato il telefono, ma le strade che potrebbe avere perseguito sono due: l’aiuto di una agenzia specializzata che lavora con le forze di polizia, oppure la comunità degli hackers che potrebbero essere in possesso di un sistema per sbloccare l’iPhone e avere deciso di venderlo all’FBI.

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Qualunque sia il metodo utilizzato, l’FBI potrebbe essere costretta a breve a dire come ha proceduto. «Per quel che ne sappiamo il bug potrebbe essere ampiamente distribuito e dare accesso completo ai dispositivi che ciascuno di noi utilizza ogni giorno» commenta Ross Schulman, consulente politico dell’Open Technology Institute «e già soltanto questo è un valido motivo per dover spiegare ad Apple come sono riusciti nello sblocco dell’iPhone». In effetti in casi come questi l’FBI è tenuta a presenziare in una riunione con le alte cariche del Consiglio di Sicurezza Nazionale insieme al presidente per discutere se comunicare o non comunicare, nel caso specifico ad Apple, il metodo di hacking, per il semplice fatto che lo stesso sistema usato dall’FBI potrebbe diventare un’arma a doppio taglio ed essere usato anche dai governi stranieri.

Comunque sia la vicenda è molto preoccupante per Apple. Cupertino è ora nella scomoda situzione di essere stata smentita sulla sicurezza inviolabile dei suoi telefoni e anche se qui si tratta di un vecchio dispositivo con, probabilmente, un sistema operativo superato, risulta imprescindibile sapere che cosa l’FBI ha fatto per accedere al contenuto del cellulare. L’agenzia potrebbe avere usato un hack su una falla già chiusa, ma anche averne utilizzato uno per una falla che invece è ancora aperta e che è sconosciuta.

Nel frattempo Apple ha distribuito una nota ufficiale in cui ribadisce concetti noti e sui quali ha insistito costantemente nel giorni scorsi. Apple si dice preoccupata per «le nostre libertà civili, la nostra sicurezza e la privacy. Fin dall’inizio abbiamo contestato la richiesta dell’FBI (quella di installare una backdoor su iPhone, ndr) perché sapevamo che avrebbe costituito un pericoloso precedente. Continueremo a collaborare con le forze dell’ordine nelle loro indagini come abbiamo sempre fatto, e allo stesso tempo aumenteremo la sicurezza dei nostri prodotti visto che parallelamente ai nostri miglioramenti crescono anche le minacce e gli attacchi esterni, sempre più frequenti e sofisticati». Apple crede profondamente che ciascun individuo meriti di veder protetti i suoi dati, la sicurezza e la sua privacy. «Sacrificare uno per l’altro mette solo le persone a rischio» e il caso che l’FBI ha sollevato non si sarebbe neppure dovuto porre.

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