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Apple raddoppia i fornitori USA ma l’80% rimane in Cina

Apple cerca di diversificare la catena di approvvigionamento, ma i fornitori cinesi sono ancora la stragrande maggioranza, sebbene le quote di società con sede negli USA stia crescendo in modo significativo.

L’elenco aggiornato dei fornitori pubblicato da Apple (qui in PDF), si basa sui dati di settembre 2021, e da questo si evince che 150 dei circa 180 subappaltatori della multinazionale di Cupertino hanno sede in Cina, rispetto ai 48 negli Stati Uniti. Occorre anche notare che alcuni subappaltatori potrebbero essere rappresentati in diversi paesi allo stesso tempo. Ricordiamo che l’anno scorso, Apple contava su solamente 25 fornitori americani.

Da alcuni mesi Qualcomm, TSMC, Sony e anche Foxconn dispongono di stabilimenti negli Stati Uniti e soprattutto in California, non lontano dal quartier generale di Apple: complessivamente si contano una trentina di siti all’interno dello Stato affacciato sull’oceano Pacifico.Apple raddoppia i fornitori USA ma l’80% rimane in CinaNell’elenco stilato da Apple non sono indicati dettagli sulla natura dei rapporti con i vari fornitori ma si tratta di realtà che hanno un ruolo di rilevo ad esempio nelle linee di produzione. Per quanto riguarda l’Italia è citata la sede di Lodi di Flex Limited, e le sedi lombarde e siciliane di STMicroelectronics.

Secondo altri invece il raddoppio numerico dei fornitori Apple in USA potrebbe dipendere da operazioni di dimensioni molto più ridotte, come per esempio per prototipi e test, non quindi per produzione e assemblaggio di massa come invece avviene su larghissima scala nelle città fabbrica in Cina.

In ogni caso, i giorni della Cina come “fabbrica del mondo” sono finiti secondo diversi osservatori, merito/colpa prima dei dazi dell’era Trump, ma anche delle tensioni commerciali e sempre politiche tra USA e Cina, e ovviamente la pandemia. Apple si è trovata a dipendere troppo strettamente dalla Cina: la strategia di diversificazione geografica è nota da tempo ed è già in corso, ora punta molto sull’India e il Vietnam, ma per trasferire fuori dalla Cina una percentuale consistente della sua produzione sono previsti anni.

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