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Rimozione app controllo parentale dell’App Store: la versione dei fatti secondo Apple

L’articolo del New York Times sulla rimozione di alcune app dall’App Store che mimavano la funzionalità “Tempo di utilizzo” di iOS ha tenuto banco tutto il fine settimana. Non solo Phil Schiller, Senior Vice President of Worldwide Marketing della Mela, ha risposto sulla questione ma Apple ha anche diramato un comunicato stampa per spiegare il suo punto di vista sulla questione.

Nel comunicato stampa, Apple spiega essenzialmente quanto già evidenziato da Phil Schiller: la rimozione di alcune di queste app è dovuta all’uso della tecnologia Mobile Device Management (MDM) di Apple da parte di alcuni sviluppatori, una soluzione che consente di monitorare qualsiasi cosa fatta sui dispositivi ma che è pensata per tutt’altro scopo: supervisionare i dispositivi di una organizzazione o istituto didattico.

La soluzione di gestione dei dispositivi mobili (MDM) è destinata all’uso in ambito enterprise per gestire e controllare le installazioni sui dispositivi aziendali. L’uso alternativo della tecnologia MDM per monitorare il tempo di utilizzo dello schermo o per la gestione parentale solleva rilevanti preoccupazioni in materia di privacy e sicurezza.

Apple spiega di avere avvisato gli sviluppatori delle app “incriminate”, dando loro 30 giorni di tempo per modificare le app prima di eliminarle dall’App Store.

"Tempo di utilizzo" è una funzine di serie su iOS 12 e seguenti che consente di accedere a report in tempo reale per capire quanto tempo si trascorre su iPhone, iPad o iPod touch e impostare dei limiti sui contenuti che desideramo gestire.
“Tempo di utilizzo” è una funzine di serie su iOS 12 e seguenti che consente di accedere a report in tempo reale per capire quanto tempo si trascorre su iPhone, iPad o iPod touch e impostare dei limiti sui contenuti che desideramo gestire.

“I genitori non dovrebbero scambiare la paura dell’uso fatto dai dispositivi del loro figli, con [app che mettono a repentaglio] la sicurezza e la privacy”, spiega Apple, “e l’App Store non dovrebbe essere una piattaforma che impone tali scelte. Nessuno, eccetto voi, dovrebbe avere accesso senza restrizioni alla gestione del dispositivo del proprio figlio”.

“Quando abbiamo individuato le violazioni delle linee-guida, abbiamo comunicato le infrazioni agli sviluppatori delle app, dando loro 30 giorni di tempo per proporre versioni aggiornate e impedire l’interruzione della loro disponibilità sull’App Store. Molti sviluppatori hanno rilasciato aggiornamenti per adeguare le app in linea con queste policy; per quelli che non l’hanno fatto, le app sono state rimosse dall’App Store”.

Apple spiega ancora di avere sempre supportato app di terze parti, anche quando queste offrono funzionalità simili a quelle proposte da lei stessa. “Apple ha sempre supportato app di terze parti sull’App Store che aiutano i genitori a gestire i dispositivi dei loro ragazzi. Contrariamente a quanto riferito dal New York Times nel fine settimana, non è una questione di concorrenza, è una questione di sicurezza”.

Come già spiegato da Schiller, la tecnologia MDM non è intesa per consentire di accedere e controllare i dati e i dispositivi dei consumatori da parte degli sviluppatori ma le app che sono state rimosse facevano proprio questo. “Nessuno, all’infuori del proprietario, dovrebbe ottenere accesso illimitato per la gestione dei dispositivi dei bambini, conoscere la loro posizione, tracciare l’uso delle app, controllare i loro account mail, la navigazione sul web, l’uso della fotocamera, l’accesso alle reti e avere anche la possibilità di cancellare in remoto i loro dispositivi”, aveva spiegato Schiller.

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