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La denuncia di Spotify contro Apple muove l’UE: parte indagine antitrust

La Direzione generale della Concorrenza dell’Unione europea si appresta ad avviare un procedimento di indagine formale su Apple in merito alle affermazioni di Spotify, secondo la quale le regole della Mela per l’App Store ostacolano la concorrenza favorendo il servizio Apple Music.

All’inizio di quest’anno, Spotify ha presentato denuncia alla Commissione Europea, accusando Apple di concorrenza sleale, in virtù delle regole dell’App Store che, a suo dire, penalizzerebbero alcuni sviluppatori privilegiando altri (Apple stessa).

Stando a quanto riporta il Financial Times, l’UE è ora pronta ad avviare un’indagine ufficiale per le presunte pratiche anticoncorrenziali tenendo conto delle dichiarazioni del servizio di musica in streaming e del feedback dei clienti, con indagini che potrebbero richiedere anni per essere completate.

Spotify inarrestabile, ha più del doppio degli utenti Apple Music

Nella sua denuncia, Spotify evidenzia la presunta disparità di trattamento spiegando che Apple ha più volte respinto la sua app per Apple Watch nel 2015 e 2016. La Casa di Cupertino – scrive AppleInsider – ha in seguito predisposto delle API per sviluppatori che consentono a terze parti di effettuare lo streaming delle app su Apple Watch con watchOS 5, interfacce di programmazione usate da servizi di streaming di terze parti come Pandora. Spotify non ha a tutt’oggi riproposto la sua app per watchOS per le verifiche di rito da partre di Cupertino.

Altro oggetto del contendere è il 30% di guadagno di Apple per gli acquisti su Apple Store, tariffa applicata a tutti gli sviluppatori di terze parti. Per quanto riguarda gli abbonamenti, la tariffa scende al 15% a partire dal secondo anno.

Apple riscuote queste tariffe per la vendita di qualsiasi elemento digitale, inclusi giochi e abbonamenti, permettendo di ripagare i costi di hosting, sviluppo della piattaforma, gestione dell’infrastruttura di pagamento e così via. Spotify non è obbligata a passare per gli acquisti in-app; come fatto da altri, potrebbe permettere di effettuare il pagamento su una diversa piattaforma e consentire agli utenti di eseguire il login, senza per forza passare per i servizi di Apple.

La Casa di Cupertino a marzo di quest’anno ha risposto alle affermazioni di Spotify: “Dopo aver usato per anni l’App Store per far crescere in modo considerevole il proprio business, Spotify cerca di mantenere tutti i vantaggi dell’ecosistema dell’App Store, inclusi i sostanziali profitti provenienti dai clienti dell’App Store, senza dare nulla in cambio. Allo stesso tempo, distribuisce musica offrendo contributi bassissimi agli artisti, ai musicisti e ai cantautori che creano questa musica, spingendosi fino al punto di portarli in tribunale”. La Mela ha spiegato ancora che per l’84% delle app dell’App Store, non riceve alcuna commissione per il download e l’utilizzo e questo non è una discriminazione, come afferma Spotify, perché dipende dalla natura dell’app. Esistono app che generano guadagni esclusivamente tramite annunci pubblicitari (alcune delle più note app di gioco gratuite, non pagano nulla ad Apple), le app per transazioni commerciali, che prevedono la registrazione dell’utente o l’acquisto di strumenti digitali al di fuori dell’app, non pagano nulla ad Apple. Anche le app app che vendono beni materiali, inclusi, tra i tanti, servizi di consegna a domicilio e trasporto privato, non pagano nulla ad Apple.

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