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In prova le Galaxy Buds, la risposta di Samsung alle AirPods Pro

Le “vecchie” Galaxy Buds (non la versione plus appena uscita) quasi te le perdi. Sono infatti “nascoste” nella confezione del Galaxy Fold che abbiamo testato sempre per Macitynet, e sono un complemento costoso ma gradito per un telefono pieghevole che costa ben duemila euro. Un’occasione unica per vedere come vanno queste “vecchie” cuffie che in realtà sono praticamente identiche alle nuove Buds+, cambia solo l’autonomia.

Incroci tra specie diverse

Le cuffie, per chi vuole comprarle nel mondo Apple, sono considerate l’avversario principale delle AirPods Pro, viste anche le funzioni di cancellazione attiva del rumore e audio trasparente. Ma sono anche più economiche delle cuffie attive di Apple (soprattutto adesso che sono appena uscite le Buds+) e sono compatibili con il mondo Apple, cioè sono compatibili con tutti gli iPhone (perché supportano la trasmissione audio AAC via Bluetooth) a partire dall’iPhone 7 e da iOS 10 o successive. Offrono fino a 12 ore di utilizzo complessivo grazie alle ricariche rese possibili dalla custodia nel quale vengono riposti quando non sono in uso, mentre con il singolo uso riescono a funzionare per 12 ore ininterrotte per l’ascolto musicale, che scendono a 6 se invece si usano soltanto per telefonare.

Ciascun auricolare ha tre microfoni non solo per le telefonate ma anche per la cancellazione del rumore attiva e per l’audio trasparente, in maniera analoga a quanto accade con le altre cuffie attive moderne come le AirPods Pro. Il case in plastica può essere ricaricato via cavo Usb-C oppure attraverso un pad di ricarica wireless. Sul Galaxy Fold è possibile abilitare la ricarica wireless dal telefono verso le cuffie.

In prova le Galaxy Buds, la risposta di Samsung alle AirPods Pro

Ergonomia

Il modello che avevamo in prova è il nero, il che produce un effetto un po’ di antitesi rispetto a quello di Apple che invece è obbligatoriamente bianco. Ne esistono anche altre variazioni di colore, ma meglio nero che bianco e sicuramente meglio del giallo elettrico. Il case segue il colore delle cuffie e così anche il gommino del quale non sono previste misure intermedie.

Le cuffie si appoggiano all’interno dell’orecchio e non hanno né un archetto (se non minimamente accennato) né uno stelo che le bilanci. Stanno invece nelle orecchie con una sensazione un po’ più precaria rispetto a chi è abituato a quelle di Apple, ma va detto che è una osservazione molto soggettiva.

La superficie esterna è touch e permette quattro diversi tipi di azione: un tocco per rispondere alle telefonate o fermare/attivare la musica, due tocchi per andare al prossimo brano, tre tocchi per tornare indietro, un tocco lungo (“sostenuto”) invece per attivare i comandi vocali oppure il cambiamento di modalità (cancellazione rumore attiva, trasparente, spenta). Dato che su iOs l’app non lo riconosce, il tocco lungo attiva semplicemente i comandi vocali.

Il principale problema di carattere ergonomico è dato dalla forma delle auricolari, che entrano dentro l’orecchio senza un punto di appiglio. Toccandole anche solo per sistemarle porta facilmente a dare un falso-touch che attiva funzioni non volute. Un flebile “bip” arriva con due secondi di ritardo, rendendo l’esperienza ancora più frustrante.

Connetterle è un’esperienza

Le abbiamo provate sia con il Fold che con il nostro iPhone 11 Pro, dato che esiste non solo l’app sullo store di Google e di Samsung su Android, ma anche su app store di Apple. L’esperienza di pairing con il Fold non è andata benissimo: alla fine siamo riusciti a “beccarle” solo nel tradizionale pannello bluetooth. In realtà la stessa cosa è accaduta anche su iPhone: nonostante avessimo scaricato l’app, per riuscire a trovarle siamo dovuti andare nel pannello bluetooth. Tra l’altro, nessun pulsante da premere sulle cuffie per “sganciarle” dal precedente pairing con un telefono o l’altro. Semplicemente, ne perdono contezza e bisogna ricominciare da capo. Anche se le cuffie sono indossate e si sta ascoltando la musica, dalla app non vengono trovate. Si capisce perché l’app per iOS abbia così poche stelle. Lo svantaggio in questo modo è che si perde la possibilità di configurare i “touch”, anche se è sempre possibile farlo sul telefono Samsung.

L’orgoglio all black

Nei giorni di utilizzo, soprattutto in lunghe sessioni di lavoro in ambiente pubblico (un coworking) o di viaggio in treno (prima che il coronavirus bloccasse tutti quelli che abitano in Lombardia) sono emersi i due aspetti molto positivi di queste cuffie, e quello negativo.

Cominciamo da quest’ultimo: la forma sbilanciata dà la sensazione che stiano per cascare. Viene da toccarle per aggiustarle. E se le tocchi, fai click con il touch e fermi la canzone o la telefonata (cioè riattacchi!). Male. Questo, unito a un processo di pairing deficitario e a una app inutile su iOS, sono quello che penalizza seriamente le cuffie di Samsung.

In questo modello “vecchio” è già buona l’autonomia e ottima la resa sonora. Abbiamo testato le cuffie usando sia Spotify su Galaxy Fold che Spotify e Musica su iPhone 11 Pro. Entrambi gli Spotify nella versione “free” mentre Musica ovviamente nella versione “full”, quindi con livelli di compressione della musica diversi.

Ascoltando musica di vario genere, dal jazz alla classica (soprattutto Vivaldi), dal rock al country e pure un po’ di cantautori italiani anni Sessanta e Settanta (perché no) il risultato è stato molto positivo. Nella valutazione di un paio di auricolari da telefono come questi non cerchiamo la Musica, né tantomeno la ricostruzione della scena audio con dettaglio, ampiezza, profondità (davanti-dietro, destra-sinistra), gamma dinamica (fortissimo-pianissimo) e sensibilità delle diverse frequenze, oppure colore del tono degli strumenti e via dicendo. Sarebbe insensato, visto la sorgente sonora e il tipo di utilizzo.

Invece, abbiamo cercato di capire innanzitutto la “morbidità” delle cuffie e sostanzialmente la loro gamma dinamica per capire se, a fronte di musica masterizzata in maniera corretta (senza cioè il “muro del suono” che caratterizza la musica leggera contemporanea pensata per un ascolto digitale di bassa qualità) si sente bene o no. Le Beats rispondono in maniera sorprendentemente buona, anche rispetto ad esperienze di ascolto più blasonate.

Confermano l’idea cioè che Samsung, spesso accusata (non a torto, secondo alcuni) di copiare quel che viene fatto a Cupertino, in realtà ha una tecnologia e una competenza enormi, che le permetterebbero, se trovasse leader all’altezza, di innovare anche senza stare a guardare cosa fanno gli altri. In questo caso, senza stare a sentire, perché le Beats sono delle cuffie veramente buone.

La seconda cosa è la resa della cancellazione audio, che funziona ottimamente, aiutata anche dal fatto che il gommino nell’orecchio comincia con il ridurre meccanicamente di una buona metà il quantitativo di suoni che entrano dal di fuori. In ogni caso l’algoritmo di Samsung (e i driver di AKG) funzionano bene e così anche quello per la trasparenza, che oggi diamo molto per scontato ma che invece è tutt’altro che facile da implementare anche semplicemente da un punto di vista algoritmico e computazionale.

Infine, ma questa forse è una forma di idiosincrasia del sottoscritto, le telefonate fatte dall’iPhone usando le Buds vengono sentite meglio che non quelle fatte dal medesimo telefono con le AirPods Pro. Sarà un caso, ma tre interlocutori diversi hanno confuso la telefonata con una “normale” mentre protestano sempre quando li chiamiamo con le cuffiette di Apple. Dal punto di vista della resa telefonica dal nostro lato sono sostanzialmente uguali.

In prova le Galaxy Buds, la risposta di Samsung alle AirPods Pro

Specifiche tecniche:

  • 1,75 x 1,92 x 2,25 centimetri
  • 6,3 grammi per auricolare
  • Bluetooth 5.0
  • Controlli touch
  • Comandi vocali
  • Ricarica wireless e USB-C
  • Tre microfoni adattivi, 2 esterni e 1 interno
  • Compatibili con Android e iOS
  • Autonomia riproduzione musicale: totale 12 ore (auricolari 6 ore + custodia 6 ore)
  • Autonomia chiamata: totale 6 ore (auricolari 3 ore + custodia 3 ore)

Gli auricolari montano due driver dinamici a due vie di AKG. Tra le altre specifiche tecniche troviamo: applicazione dedicata per iPhone e integrazione con il servizio di musica in streaming Spotify.

I nuovi Samsung Galaxy Buds sono disponibili in Italia al prezzo di 169 euro in tre colorazioni: bianco, nero e giallo.

In prova le Galaxy Buds, la risposta di Samsung alle AirPods Pro

In conclusione

Dispiace dare un punteggio così basso perché, se Samsung avesse strutturato la connessione in maniera più stabile, queste cuffie meriterebbero sicuramente di più. I principali difetti sono infatti il processo di gestione da iPhone (da Galaxy ovviamente va meglio) ma lodiamo l’azienda per lo sforzo. Ancora, a fronte di una resa musicale più che buone, e di un isolamento molto efficace, c’è il grande difetto di un touch che rende difficile toccare le cuffie per aggiustarle nell’orecchio. Ripeto: peccato, non dico cinque ma almeno quattro stelle e mezzo ci stavano tutte. E invece…

Pro

  • Ottima qualità sonora
  • Ottima resa del microfono nelle telefonate
  • Ottimo isolamento attivo

Contro

  • Sono un po’ precarie nelle orecchie
  • Ergonomia non ottimale
  • Il processo di pairing è una lotteria
  • App inutilizzabile

Prezzo al pubblico 

Le Galaxy Buds sono disponibili in abbinamento ad alcuni telefoni Samsung e da sole ad un prezzo di circa 127 Euro o di 154 Euro nella versione +.

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