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I lettori di impronte digitali non sono sicuri come pensavamo

Ricercatori della New York University e della Michigan State University hanno evidenziato vulnerabilità nei comuni sistemi di scansione per la lettura di impronte digitali, dimostrando la possibilità di creare “stampi master”, impronte digitali generiche con pattern multipli grazie ai quali il 65% delle volte è stato possibile bypassare i sistemi di sicurezza. Gli esiti della ricerca sono stati pubblicati nell’edizione mensile della IEEE Transactions on Information Forensics & Security, pubblicazione dell’Institute of Electrical and Electronic Engineers, la nota associazione internazionale di scienziati professionisti che ha l’obiettivo di promuovere le scienze tecnologiche.

Le impronte master sono state create tenendo conto delle dimensioni miniaturizzate di molti scanner di impronte che si trovano sugli smartphone. Essendo molto piccoli, questi sistemi sono tipicamente pensati per individuare scansioni parziali anziché tutte le creste e i solchi presenti sulle dita. Alcuni lettori di impronte, sfruttano la mappatura angolare del disegno papillare dello strato sottocutaneo del dito, un processo con perdita che scarta i dettagli particolari, cioè le caratteristiche che sarebbero richieste per ricostruire l’impronta reale dell’utente.

Impronta

“È più probabile ottenere una falsa corrispondenza partendo da un’immagine parziale rispetto a un’immagine completa e molti dispositivi fanno affidamento solo a porzioni di immagini per l’identificazione” ha spiegato a Telegraph Nasir Memon, uno degli autori della ricerca. Molti di questi sistemi di sicurezza consentono agli utenti di memorizzare le “stampe” di più dita, rendendo più probabile abbinare un’impronta partendo da una generica immagine master. Lo studio, spiega Mashable, è comunque da prendere con cautela: i ricercatori hanno sfruttato una simulazione al computer, non eseguito prove su smartphone veri e propri e non è chiaro quanto sia reale il potenziale problema riscontrato dai ricercatori.

Per quanto riguarda Apple, il Touch ID degli iPhone può riconoscere fino a cinque impronte digitali diverse. Con solo un’impronta digitale registrata, Cupertino afferma che le possibilità di una corrispondenza casuale con qualcun altro sono di 1 su 50.000. Per sicurezza, Touch ID consente solo cinque tentativi non riusciti prima che sia necessario inserire il codice di accesso.

Le impronte digitali non sono gli unici sistemi potenzialmente vulnerabili. Anche il sistema di sblocco con i pattern di Android si è rivelato vulnerabile: ricercatori delle Northwest University, University of Bath e Lancaster University all’inizio dell’anno hanno dimostrato come il sistema possa essere facilmente violato se qualcuno, anche da lontano, filma l’utente mentre sblocca lo schermo. Anche la funzionalità di riconoscimento del viso del Galaxy S8 si è dimostrata inefficace: si è scoperto che per sbloccare uno smartphone protetto con questa funzione basta mettere davanti al dispositivo una fotografia del soggetto.

Se volete mettere davvero al sicuro il telefono, attivate tutte le protezioni possibili. Le impronte digitali sono un buon inizio ma è preferibile aggiungere sempre un meccanismo di sblocco che preveda la digitazione di un codice, ovviamente non facile da intuire come “1234”, “0000” e cose di questo tipo. Per salvaguardarvi dai furti, è bene attivare le funzionalità di gestione in remoto e di copia del backup, opzioni già integrate in molti smartphone (es. “Trova il mio iPhone”). Anche se rubano il telefono, i nostri dati (documenti, foto, filmati, rubrica, note, ecc.) saranno al sicuro o quanto meno saranno piuttosto difficili da recuperare.

 

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