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Recensione RealMyst Masterpiece Edition, tra gioco ed esperimento filologico

Myst è senza dubbio stato uno dei giochi più influenti della storia dei videogiochi, una pietra miliare che ha rappresentato il transito di un’epoca anche tecnologicamente parlando, segnando  nei giochi ad enigmi e di esplorazione lo spartiacque tra un “prima” (di Myst) e un “dopo” (Myst). Non stupisce che questo titolo, molto complesso ed intricato nella storia quando semplice nel suo concetto (guardarsi in giro, cercare di capire cosa fare senza nessun indizio per farlo) abbia generato non solo un esercito di cloni, ma anche numerosi sequel e anche qualche remake. Di questi, l’ultimo è RealMyst Masterpiece Edition (16,99 euro), uscito solo qualche giorno fa su Mac App Store. Macitynet l’ha messo alla prova per capire che cosa c’è di nuovo tecnicamente, come funziona e, soprattutto, se un gioco che ha più di 20 anni è ancora in grado di intrigare e colpire l’immaginario come fece l’originale.

RealMyst Masterpiece Edition e Myst
La storia di RealMyst Masterpiece Edition e quella di Myst sono identiche. L’unico dettaglio aggiunto è Rime, una nuova “era” (le ere sono i mondi separati entro cui si viaggia in Myst) collocata nel finale e che non era presente nell’edizione originale; in realtà neppure Rime è del tutto nuova. Venne introdotta infatti introdotta in RealMyst che risale a 14 anni fa.

Detto questo, traquillizzatevi: non abbiamo alcuna intenzione di riassumervi qui la storia che sta dietro a Myst e quindi a RealMyst Masterpiece Edition, perché sarebbe spaventosamente complicato, certamente noioso e probabilmente impossibile. Il plot del gioco, frutto della fantasia dei fratelli Randy Miller e Robyn Miller che oltre che programmare il gioco, ne scrissero la trama, è una vera e propria novella con tratti new age che parla di extraterrestri, popolazioni scomparse, lotte famigliari, figli ripudiati. Quel che conta per il gioco è il nocciolo: in Myst ci troviamo precipitati, non si capisce perchè, nè quando, nè come, su una piccolissima isola completamente solitaria e desolata, costellata da alcune misteriose costruzioni qualcuna delle quali con tratti vagamente palladiani. Senza nessuno che ci accompagni, dovremo esplorare questo scoglio per scoprire che siamo giunti qui per aiutare Sirrus and Achenar, due ambigui personaggi intrappolati in due differenti libri a fuggire dalla loro prigione cartacea. Per farlo dovremo viaggiare tra varie isole (le ere menzionate poco sopra), in ciascuna della quali, troveremo delle pagine che, completando i libri, permetteranno ai personaggi di spiegarci la storia e la vicenda che sta dietro al mondo di Myst. Per riuscire in questo scopo, si dovranno muovere dei meccanismi, esplorare anfratti, trovare passaggi segreti di un mondo che oggi diremmo Steampunk ma che i meno “moderni” riferiranno alla fantasia di Jules Verne, cui i fratelli Miller, ai tempi, dissero di essersi ispirati.

Il gioco aveva la sua peculiarità nell’essere un vera e proprio romanzo non narrato, che ci costringeva ad immaginare il significato di quel che ci circondava scoprendo passo a passo la storia collocata in un mondo fantastico e onirico, desolato e vagamente inquietante. La musica, il silenzio dell’ambiente, le costruzioni, i puzzle meccanici, erano il marchio distintivo di Myst. Tutto questo si ritrova anche in RealMyst Masterpiece edition, con una differenza fondamentale: la versione originale era una collezione di scene pre-renderizzate, programmato in Hypercard, con piccole finestre in formato QuickTime;, RealMyst Masterpiece edition, è invece un mondo interamente costruito in 3D, liberamente esplorabile e elaborato in tempo reale con shaders, textures complesse, fughe prospettiche, ombre, animazioni.

RealMyst e RealMyst Masterpiece Edition
RealMyst Masterpiece Edition arriva dopo RealMyst, il primo tentativo di ricreare il mondo di Myst non per schermate successive e in dissolvenza, ma usando la tecnologia 3D in tempo reale, l’esito non fu felice. La navigazione era lentissima, i colori slavati, le textures di bassa qualità anche per i livelli, non elevatissimi, del tempo. Per l’edizione Mastepiece, Cyan ha però abbandonato il criticato engine usato 14 anni fa, affidandosi a Unity che aveva già utilizzato per la versione iOS. In aggiunta a questo è stata introdotta una modalità “classica” grazie alla quale potremo vedere come appariva quella scena nella versione originale di Myst.

Tra le altre novità si segnala la possibilità di usare una torcia elettrica per esplorare le zone più buie e un ciclo di giorno e notte (anche se non tutte le ere hanno questa particolare tipo di visualizzazione), effetti meteo, suono dinamico. In più abbiamo un sistema di navigazione rapida che ci permette di transitare da una zona all’altra in maniera quasi istantanea con un punta e clicca, altra funzione che richiama il Myst originale ma soprattutto è un sistema che riduce il tedio di camminare per lunghi tratti senza niente altro da fare che fare un click dopo l’altro.

Il sistema è ora anche in grado di adattarsi automaticamente alle prestazioni dell’hardware e offre una lunga serie di settaggi che permettono di migliorare la velocità; potremo ad esempio disabilitare le animazioni dell’ambiente, erba e alberi mossi dal vento, l’antialiasing e così via. Cyan sottolinea di avere ricostruito interamente i modelli 3D e di avere aggiornato le textures. La massima risoluzione supportata sul nostro MacBook Pro Retuba è di 1440X900 con la possibilità di giocare sia a schermo pieno che in finestra.

L’esperienza d’uso
Le novità tecniche cambiano, ovviamente, l’esperienza rispetto al Myst originale e anche, per chi l’ha provato, rispetto a RealMyst.

Il gioco, usato su un MacBook Retina, 2,3 GHz con 16 GB di Ram, gira molto velocemente, non ci sono apparenti rallentamenti neppure al massimo della risoluzione, nè a schermo pieno, nè in finestra. Il framerate è molto alto e selezionando il transito da un punto all’altro alla massima velocità, il movimento è rapido e fluido. Le textures sono di buon livello anche se l’impressione non è la stessa che si ricava da altri giochi in prima persona, forse non tanto per limiti tecnici quando per la scelta di usare colori spenti, prevalentemente sul marrone, il grigio e il rosso scuro. Gli effetti sono molto credibili: l’acqua che scorre, il movimento della superficie del mare, le luci dinamiche, le ombre sono programmati in maniera molto accurata.

Forse l’unico serio limite del gioco dal punto di vista visuale è la scelta di alternare alla luce, il buio. Se questo contribuisce a creare atmosfera, rende alcune scene non intelligibili visto che in alcuni momenti piomba sul gioco una totale oscurità anche in esterni, obbligando a fare uso della torcia elettrica il che però limita la godibilità dell’insieme. Circolare nella Channelwood Age, una delle ere più visionarie e godibili, in una quasi totale oscurità, costretti a cercare le valvole per deviare l’acqua con una pila non solo non è comodo, ma non rende neppure giustizia a chi ha elaboratore le textures e i modelli 3D.

Nulla da dire, invece, per qualità dell’audio, anche questo dinamico, che contribuisce alla sensazione di immersività e per la musica, di elevato livello. Anche i controlli sono solidi: si punta una zona per spostarsi o ingrandire un particolare, si fa click ai lati in alto o un basso per guardare o girarsi. Tutto noto ed intuitivo per chi ha giocato ad un qualunque titolo in prima persona.

Tutto questo sembra però caricare molto sia il processore che la scheda grafica. Il nostro Mac come accennato pare non avere gravi difficoltà nel gestire gli effetti e il rendering delle scene, ma le ventole della macchina partono dopo qualche secondo e non si fermano più. Il che appare un po’ strano se si considera che in alcuni test che abbiamo svolto con giochi apparentemente più esigenti, questo non accade. Ma se nel nostro caso, dotati del più potente dei Mac portatili oggi in commercio, abbiamo l’unico problema determinato dal fastidio che arriva dal rumore dell’aria che fluisce dalle griglie, abbiamo il sospetto che qualcuno con una delle tante macchine meno potenti potrebbe trovarsi in qualche difficoltà.

Conclusioni
La domanda a cui vorremmo poter dare una risposta e che certamente chi ci ha letto si sarà posto fin dall’inizio è: vale la pena di comprare RealMyst Masterpiece Edition? La risposta ha più di una verità.

Per chi, come chi scrive queste note, ha abbandonato da tempo l’età dell’adolescenza e ha vissuto la gioventù con la prima edizione di Myst, la risposta è un convinto “sì”. L’originale era un capolavoro, un gioco che aveva una storia complessa e sofisticata e idee assolutamente geniali ed originali, ma sopratutto era incredibilmente coinvolgente al punto da essere ossessionante ed entrarti in testa nella vita di tutti i giorni, spingendoti ad immaginare anche lontano dal computer come risolvere un puzzle. Ora gli elementi di originalità e innovazione se ne sono andati, ma il mondo di Atrus, Sirrus e Achenar resta lo stesso di un tempo: un misto di di desolazione e serenità, spinta all’esplorazione e angosciosa ricerca di una via di uscita, la fonte di una strana oppressione claustrofobica anche negli ambienti aperti che suscita ansia nella soluzione di enigmi sempre più difficili ma nello stesso tempo rigorosamente logici.

La navigazione in 3D e il fatto che una buona parte della soluzione degli enigmi era ancora ben stampata nella nostra testa, non ha tolto nulla di quel magnifico titolo che chi scrive giocava sul suo PowerMac 6100 meravigliandosi ad ogni click. Certamente manca il senso di novità e, appunto, di meraviglia: il mondo dei giochi è cambiato moltissimo grazie proprio a quelle tecnologie 3D che vediamo impiegate anche da Cyan in RealMyst Masterpiece Edition ed è difficile stupirsi ormai, ma il piacere di esplorare e di godere di un universo coerente, onirico e ben disegnato, resta.

Certo, la radicale evoluzione dei giochi che possiamo paragonare al salto dai dinosauri ai mammiferi, pesa sulle spalle di Myst. Effetti speciali, le animazioni, la grafica, le textures, la dinamica delle luci e gli effetti particellari, hanno cambiato il gusto e aumentato la velocità e stravolto il significato di coinvolgimento, il massimo pregio di Myst, passando il centro di interesse di un gioco dal cervello alla pancia. Tutto questo fa correre al capolavoro dei Miller  che conta molto, ancora oggi nella sua versione in 3D, sulla mente di chi gioca, il rischio di sembrare un esperimento filologico, un richiamo nostalgico, un pezzo per amatori che si colloca fuori dal tempo, più che qualche cosa che viene prodotto per sfidare l’attualità.

Per questa ragione se non avete mai giocato a Myst e pensate che un gioco vi debba dare tutto e subito, non tollerate di passare minuti a manovrare delle leve e a far girare delle rotelle con i numeri, non siete interessati a vagare a volte, letteralmente, per ore da un punto all’altro per verificare gli effetti delle combinazioni di una serie di numeri, tendendo l’orecchio per capire se l’acqua scorre nella direzione giusta, vi consigliamo di lasciar perdere. RealMyst Masterpiece Edition sotto molti profili non è un gioco per giovani

Pro
– Ambientazioni suggestive e visionarie
– Puzzle rigorosamente logici, non impossibili
– Qualità grafica di buon livello
– Colonna sonora originale e coinvolgente

Contro
– Gameplay per alcuni aspetti datato
– Alcune scene eccessivamente scure
– Elevate richieste di sistema

RealMyst Masterpiece Edition è in vendita su Mac App Store a 16,99 euro

 

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