Cinque anni dopo essere stato cacciato dall’App Store, Fortnite è tornato disponibile per iPhone anche negli Stati Uniti. È questo l’effetto, non finale, di una lunga battaglia legale al culmine della quale Apple è stata obbligata da un giudice ad accettare la possibilità che Epic Games, che sviluppa Fortnite, possa vendere “gettoni” in app senza pagare commissioni ad App Store.
Un ritorno atteso, ma non pacifico
La riapparizione di Fortnite è di questa notte e arriva dopo il tentativo di Apple di aggirare l’ingiunzione del magistrato Yvonne Gonzalez Rogers, ignorando la sottomissione alla revisione di Fortnite e sostenendo che la sentenza non le impediva di rifiutare l’app a causa della storica violazione del 2020, la famigerata “hotfix” con cui Epic aveva inserito i pagamenti diretti in Fortnite, scatenando la faida. Solo a sentenza finale sarebbe stata presa la decisione definitiva.
Epic accusa Apple di ritorsione
Epic aveva denunciato l’azione dilatoria con un nuovo ricorso per costringere Apple ad accettare l’app, definendo il comportamento dell’azienda di Cupertino come una strategia deliberata per aggirare gli obblighi imposti dalla Corte.
Secondo Epic, anche se i contratti Apple consentono di rifiutare un’app per motivi legittimi, la sentenza del tribunale vieta esplicitamente di respingere applicazioni solo perché includono un link a metodi di pagamento esterni, come nel caso di Fortnite; e se quell’ingiunzione deve avere davvero efficacia, Apple non può nemmeno punire gli sviluppatori che cercano di farla valere in tribunale.
In quel momento il magistrato ha così chiesto ad Apple di tornare in tribunale a spiegare la sua posizione, una necessità che a Cupertino deve essere stata considerata tuttosommato poco conveniente sotto tutti i punti di vista.
Un modello di business sotto attacco
Al momento, Fortnite è quindi di nuovo scaricabile negli USA, e continua a essere disponibile in Europa anche via Epic Games Store e AltStore, ma non su App Store. La vicenda però non è certo conclusa.
Apple ha inoltrato un ricorso perché su questa sentenza si giocano centinaia di miliardi, quelli che derivano dalle commissioni che App Store riscuote dalla vendita di crediti e abbonamenti in app.
Oggi in pratica il 100% del fatturato di App Store (circa il 23% del bilancio) deriva dall’obbligo degli sviluppatori di vendere in app, senza passare da siti esterni e se la sentenza sarà confermata, cadrebbe un fondamentale pilastro del suo modello di business e la strada sarà aperta anche per Spotify, Netflix e centinaia di altri sviluppatori, che potranno recuperare margini senza passare dal “casello” Apple.
Effetto domino globale
Non solo: anche l’Europa, che oggi ha assunto una strada più morbida imponendo ad Apple di installare app store alternativi su iPhone, in futuro potrebbe chiedere di fare la stessa cosa anche sui pagamenti. E immediatamente seguirebbero altri paesi, come Giappone, Corea e Brasile, dove Cupertino è già sulla graticola per la stessa ragione.
Il ritorno di Fortnite non è quindi il finale della storia, ma solo un nuovo capitolo. La vera sfida si gioca ora nei tribunali e nelle sedi regolatorie di mezzo mondo, dove si deciderà se il modello chiuso dell’App Store è legale o se sarà costretto ad aprirsi a un mercato più libero, competitivo e favorevole agli sviluppatori.
Per Apple si tratta di difendere un sistema che ha garantito profitti stellari; per Epic, Spotify, Netflix e tanti altri, è una battaglia per spezzare un monopolio e rimettere in discussione le regole del gioco.













