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Jobs: «Il Pc è il passato, iPad è il futuro»

Adobe e Google, il telefono rubato, l’iPad di ieri, di oggi e di domani. Ma anche la privacy ed Apple, la pubblicità attraverso le applicazioni e il lavoro che a Cupertino si sta facendo sulla sincronizzazione dei contenuti, musica e video, via wireless. Questo e molto altro c’è stato nell’incontro intervista che, questa notte, ha visto protagonista Steve Jobs ad All Things D, il grande evento che ogni anno vede protagonisti i principali attori del mondo della tecnologia e che quest’anno nella sua serata di apertura aveva ospite Steve Jobs.

Intervistato (trascrizioni da C/Net ed Egadget) da Kara Swisher e Walt Mossberg (giornalisti del Wall Street Journal e organizzatori dell’evento), Jobs non si è sottratto al fuoco di fila delle domande interloquendo anche con alcuni dei presenti in sala che hanno potuto presentargli qualche argomento da commentare.

Una delle parti di maggior interesse del lungo faccia a faccia, ha ruotato intorno ai temi della competitività e in particolare alla vicenda che oppone Apple ad Adobe. Jobs ha giustificato lo stop a Flash per una ragione strategica: la volontà di non disperdere risorse. «Non abbiamo la possibilità di cavalcare più cavalli, dobbiamo scegliere con oculatezza – ha detto Jobs -; comportandoci così (scegliendo di non supportare Flash NDR) ci siamo risparmiati un sacco di lavoro. Lo abbiamo fatto abbandonando il floppy, le porte seriali e parallele o abbracciando l’USB. Ci hanno dato dei folli, ma abbiamo fatto quel che dovevamo fare in accordo con le nostre strategie». Per quanto riguarda specificatamente l’abbandono di Flash, questo è stato quindi una decisione assunta valutando eminentemente il problema tecnico per evitare di complicare la situazione agli ingegneri Apple che lavorano sulla piattaforma mobile. «Non volevamo fare una guerra a Flash o almeno non lo è stato – ha chiosato Jobs – fino a quando non è stata Adobe a fare polemica. La mia lettera “considerazioni su Flash” è arrivata solo quando ci siamo stancati di vederci sbeffeggiati sulla stampa. Abbiamo il coraggio di sostenere nel nostre convinzioni – ha continuato Jobs – e siamo disposti a supportarne le conseguenze perché vogliamo fare i migliori prodotti possibili per i nostri clienti. Se ci riusciamo, la gente li acquista, altrimenti non lo fa. Fino ad oggi sembra che la gente ami l’iPad, ne vendiamo uno ogni tre secondi».

Secondo il Ceo di Apple non esiste comunque attualmente un cellulare che supporta Flash e «entro breve il 50% dei contenuti sarà in HTML5 contro il 25% di oggi. Hypercard ai suoi tempi era più importante di Flash»

Jobs ha poi parlato del confronto con altri protagonisti del mondo della tecnologia e delle battaglie, vecchie e nuove, in corso con la concorrenza. Il Ceo di Apple ha negato alla radice l’approccio sulla competizione che non è il senso stretto dell’attività aziendale: «Non abbiamo mai pensato in questo modo; ad esempio non ci siamo mai visti in una guerra di piattaforma con Microsoft e probabilmente è per questo che abbiamo perso contro di loro. Noi pensiamo a  come creare prodotti migliori». La stessa cosa avviene con Google: «Sono loro che hanno deciso di competere contro di noi; da parte nostra non siamo entrati nel business della ricerca. Comunque non rimuoveremo Google da iPhone, ma proveremo a fare prodotti migliori dei loro. Se la gente li apprezzerà avremo modo di avere un futuro. E poi non è che solo perché abbiamo un settore in cui concorriamo questo significhi immediatamente che dobbiamo usare le cattive maniere».

Jobs ha poi parlato della privacy, del modo in cui Apple tratta i dati personali dei clienti e dell’ecosistema chiuso di App Store. «La privacy per noi è molto importante – dice Jobs – e per questo le applicazioni che sfruttano il GPS devono avere un sistema di approvazione esplicito. E questa è la ragione per cui abbiamo creato App Store». Che la privacy sia importante Apple l’ha sperimentato in prima persona; «abbiamo visto che una società che si chiama Flurry aveva informazioni sui dispositivi che usiamo nel nostro campus e questo succedeva perché alcuni sviluppatori hanno installato nelle loro applicazioni che mandava informazioni a questa società. Questo ci ha fatto balzare dalla sedia. Per questo abbiamo deciso di consentire sistemi di analisi unicamente per raccogliere informazioni solo per la pubblicità».

Jobs ha poi fatto cenno proprio alla pubblicità via iAD: «quelo che abbiamo capito è che chi usa un telefono non visita molto i siti ma ama le applicazioni. Le pubblicità di oggi ti portano fuori dall’applicazione. Non sarebbe eccezionale, ci siamo detti, se una pubblicità non facesse questo? I nostri concorrenti sotto questo profilo sono davvero poca cosa». Jobs ha poi detto che lo scopo principale è quello di «far fare soldi agli sviluppatori. Noi non ci ricaveremo un granchè»

Quando a Jobs è stato fatto presente che, in ogni caso, il sistema di App Store appare troppo chiuso, il Ceo ha negato che esista un problema perché Apple, in realtà, ha due piattaforme su cui si può lavorare: «HTML 5 che è completamente aperta e che noi supportiamo con entusiasmo e la piattaforma App Store. Su quest’ultima abbiamo alcune regole che sono basilari: un’applicazione deve fare quel che dice, non deve andare in crash e non deve usare API non documentate; questa è la ragione per cui respingiamo la maggior parte delle applicazioni. Noi comunque approviamo il 95% delle applicazioni a settimana e migliaia ogni giorno». Poi Jobs si è lasciato andare commentando aspramente gli episodi in cui Apple viene coinvolta con le accuse di censura: «Facciamo il meglio che possiamo per riparare ai nostri errori. Poi c’è sempre qualcuno che fa quel che non deve, usa Api non documentate o crea applicazioni che fanno cose non consentite, corre dalla stampa e parla di oppressione e ottiene così il suo quarto d’ora di pubblicità. Noi non andiamo invece dai giornali a dire “questo tizio è un infame bugiardo”. No, noi queste cose non le facciamo»

Jobs ha poi parlato lungamente di iPad rivelando anche alcuni dettagli inediti, come le sue origini quale “antenato” di iPhone e come imperniato intorno ad uno schermo multitouch. «L’idea di un prodotto con schermo multitouch – ha detto Jobs – è nata nei primi anni 2000, mentre stavamo lavorando ad un tablet. Pensavo ad uno schermo su cui si potesse scrivere. Ho parlato con i nostri tecnici e loro sei mesi dopo sono arrivati con questi incredibili schermi. Ho passato il display ad uno nostri più che brillanti ragazzi che si occupano di interfaccia umana. Questo mi ha sottoposto il progetto di scorrimento inerziale e tante altre cose e ho pensato: accidenti, da questo se ne potrebbe fare un telefono. Così abbiamo messo il tablet da parte e siamo passati a lavorare al telefono che è diventato iPhone». Jobs ha poi spiegato che «la scrittura a mano è un sistema lento. Abbiamo così reimmaginato il tablet, facendo quello che Microsoft non ha fatto. Loro hanno una idea del tutto diversa dalla nostra; il loro tablet è basato su un PC di cui ha la durata della batteria, il peso e ha anche un cursore. Nel momento in cui abbandoni una pennetta e hai solo la precisione di un dito devi abbandonare anche l’idea di un Os tradizionale». Jobs ha poi risposto ad una domanda sul futuro per iPad in cui, grazie a processori più veloci potrà fare altro, come montaggi, creazione di contenuti: «Il tempo avrà modo di dirlo…».

Interessante l’immagine con cui Jbs ha descritto iPad: «quando eravamo una nazione agricola la maggior parte dei mezzi a motore erano camion. Ora la gente è passata nei centri urbani e ha cominciato a comprare macchine. Penso che i PC sono come i camion; meno gente ne ha bisogno e questo sta mettendo a disagio qualcuno. Il PC ci ha portato molto distante; si tratta di una macchina incredibile ma i tempi cambiano; siamo immersi in questa rivoluzione. Sarà l’iPad a sostituire il PC e quando accadrà? L’anno prossimo o tra cinque anni? Chi lo sa?»

Jobs non ha evitato neppure la domanda sul telefono perso al bar, dando la sua versione, anche se non ha mancato di sottolineare che c’è una indagine in corso e che quindi non è possibile dire tutto. «La persona che ha preso il telefono lo ha collegato al computer di un compagno di stanza, questo tizio voleva distruggere le prove. E il suo compagno ha chiamato la polizia. È una storia incredibile, c’è un furto, chi compra merce rubata, c’è una estorsione. E sono sicuro che ci sarà pure del sesso da qualche parte. C’è una indagine e non so come finirà; io posso solo dire quello che so. Se devi provare un telefono devi farlo sul campo. Uno dei nostri dipendenti ne aveva uno e c’è da capire se l’ha lasciato in un bar o se gli è stato sottratto dalla borsa. Quello che è sicuro è che il tizio che l’ha trovato ha cercato di venderlo e ha chiamato Engadget e Gizmodo». Jobs ha poi chiarito che non ha alcuna intenzione di lasciar perdere la vicenda: «Mi hanno consigliato di fare finta di niente che non è giusto perseguire un giornalista solo perché ha comprato una proprietà rubata e poi ha cercato di praticare un’estorsione (probabilmente Jobs si riferisce al fatto che Gizmodo ha chiesto maggior attenzione dagli uffici stampa Apple dopo avere messo le mani su iPhone NDR). Ci ho pensato ma ho concluso che la cosa peggiore sarebbe stata cambiare i nostri valori fondanti e lasciar perdere. Non posso farlo. Piuttosto mi dimetterei»

Jobs è poi parso confermare l’idea di un sistema basato “on the cloud”, per la sincronizzazione dei contenuti: «vogliamo permettere alla gente di guardare quel che vuole dove vuole. Dobbiamo consentire alle persone di condividere i loro documenti su vari dispositivi. Oggi si possono fare queste operazioni con un cavo ma non senza un cavo. Dobbiamo lavorare duramente su questo aspetto e fare meglio. Accadrà presto? Ci siamo lavorando». E poi rispondendo ad una domanda che parlava di condivisione e di accesso al file system (quindi alla possibilità di gestire file e cartelle) «stiamo lavorando su diverse cose»

Il Ceo di Apple non ha evitato neppure le domande sui suicidi alla Foxconn: «non hanno un campo di lavoro forzato. Hanno cinema e ristoranti. Il tasso di suicidi, 13 su 400mila dipendenti, è inferiore a quello degli Stati Uniti che è di 11 ogni 100mila persone. Nonostante questo si tratta di qualche cosa di preoccupante. Stiamo cercando di capire e trovare una soluzione. Noi comunque facciamo quello che nessuno fa: andiamo a vedere come la gente lavora e come lavorano persino i loro fornitori, quelli secondari e quelli terziari».

Nella parte finale un cenno anche alla sua condizione personale e umana. «Aggiungerebbe qualche cosa – è stato chiesto dal pubblico facendo riferimento ad un discorso pubblico ai laureati di Stanford – a quel discorso di cinque anni fa?» «Non ho idea. Probabilmente direi ancora più forte quel che ho detto. Gli ultimi anni mi hanno ricordato che la vita è fragile»

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