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Ecco che fine ha fatto Iris 2, la Starlink dell’Unione europea

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Il piano era semplice: costruire una rete di satelliti per fornire internet su tutto il territorio dell’Unione. C’era anche un nome: Iris2. Un piano ambizioso, certamente, il cui obiettivo era quello di coprire il più terribile dei divari: quello digitale. Che nella pratica vuol dire ridurre il bisogno di opere infrastrutturali nelle aree a bassa redditività o redditività zero, portando lo stesso internet veloce ovunque.

Ma non solo per dare la connessione casalinga o degli uffici. Una infrastruttura satellitare ha effetti estremamente benefici anche dal punto di vista della connessione in navigazione, delle infrastrutture da monitorare (come le reti di distribuzione della corrente elettrica in alta tensione, che corrono attraverso aree continentali montagnose o difficili da raggiungere) offrendo anche una rete di sicurezza in caso di calamità naturali e comunque progettata per essere “sicura” in quanto “sovrana”. È un progetto capace di emancipare un intero continente, insomma.

La strategia di Iris2

Il piano era stato pensato 18 mesi fa, con un progetto di una costellazione indipendente di satelliti realizzati da un consorzio multinazionale di aziende europee (Airbus Defence and Space, Thales Alenia Space e altre) per arrivare ad avere una rete attiva nel 2027 capace di garantire comunicazione e connettività sicure e soprattutto sovrane, cioè non in mano ad aziende o altre entità extraeuropee.

Considerando quando sia importante questo aspetto, data la dipendenza che abbiamo al giorno d’oggi non solo dalla comunicazione ma dall’idea stessa di connettività, l’idea di una infrastruttura strategica europea di questo tipo non era assolutamente secondaria. Tanto che il Commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, aveva dichiarato: “C’è un comitato indipendente che sta lavorando al processo di valutazione. Il lavoro viene svolto con estrema serietà”.

Tuttavia, è un lavoro del quale un anno e mezzo dopo si sono perse praticamente tutte le tracce tranne una: i conti salatissimi da pagare e una lite ormai fuori controllo, anche se inizialmente “attutita” dalle stanze della diplomazia.

Operatori europei spazio e telecomunicazioni, partnership per costellazione IRIS2

Spesa fuori controllo?

Secondo il giornale tedesco Handelsblatt, infatti, sarebbe scoppiata una disputa tra il governo tedesco e la Commissione europea. Una disputa che ha messo a rischio quello che giornale definisce “il più importante progetto spaziale europeo”.

Infatti, la costruzione della rete satellitare Iris2, che come abbiamo visto dovrebbe fornire al continente connessioni Internet e offrire un’alternativa al sistema statunitense Starlink, è un piano strategico più importante di quelli di medio e lungo periodo per andare sulla Luna o per raggiungere risultati simili nel campo della ricerca. Invece, ha un contenuto molto pragmatico e concreto: dare l’autonomia totale dell’Europa dal punto di vista dell’infrastruttura per le telecomunicazioni.

Quel pasticciaccio brutto

In una lettera al commissario francese per il mercato interno Thierry Breton, il ministro federale dell’Economia Robert Habeck ha denuncia i costi “esorbitanti” del progetto. La causa scatenante è il prezzo stimato, che ora è diventato pubblico: quasi dodici miliardi di euro, ben il 40% in più del previsto.

Nella lettera, finora sconosciuta e resa nota dal giornale tedesco Handelsblatt, Habeck chiede il riavvio del progetto: “La posta in gioco è troppo alta per prendere decisioni affrettate con alti rischi e massicce conseguenze negative per Iris2 e il programma spaziale dell’Unione europea”.

La procedura per coinvolgere l’economia europea non è pronta, anzi è incompleta sotto tutti gli aspetti che contano. Insomma, si litiga sui soldi e sulle decisioni su come implementare il piano.

Una infrastruttura strategica

Lo scontro non è banale e non necessariamente legato a dei potenziali scandali di spesa. Il problema non è che qualcuno si è intascato i soldi (perché non è quello che è successo). Invece, è un più ampio tema di gestione dei progetti strategici in un contesto come quello dell’Unione europea, che ha 27 membri e decine di aziende di peso nei vari settori critici.

Questo può essere visto come una opportunità oppure come un problema. Infatti, se da un lato è vero che le aziende europee hanno molta esperienza nella costruzione di satelliti, dall’altro è altrettanto vero che c’è una cabina di regia complessiva, ed è quella dell’Esa, meritata grazie all’esperienza accumulata dall’Agenzia spaziale europea nello sviluppo delle costellazioni Galileo e Copernicus.

Un know how fondamentale per contribuire alla realizzazione dei piani futuri che a quanto pare non è andato completamente a buon fine. Anziché fare la differenza, ha cominciato a dividere sul modo con il quale fare le cose e quindi su come spendere i soldi.

I limiti del sistema europeo

La vera sfida è coordinare tutto questo. Ci sono seri interrogativi su come i grandi partner europei possano lavorare insieme e se la burocrazia del governo europeo sia in grado di rispettare le scadenze del progetto pensate per il 2027.

Per fare un esempio: SpaceX ha lanciato i suoi primi due satelliti di prova nel febbraio 2018. Da quel momento ci sono voluti circa quattro anni perché SpaceX iniziasse a distribuire la copertura globale sulla sua rete Starlink. Ma SpaceX aveva alcuni vantaggi importanti: zero burocrazia (nel bene e nel male, le decisioni sono prese da una sola persona, cioè Elon Musk), un livello di finanziamento molto elevato e la volontà di spendere capitali privati. Dal punto di vista tecnologico l’altra mossa azzeccata è stata aver sviluppato l’unico razzo riutilizzabile al mondo, che ha permesso di abbattere il costo dei lanci in maniera radicale.

La via europea

Il modo con il quale solitamente le grandi aziende del settore aerospaziale lavorano in Europa è completamente. Non si collabora, invece si vincono gli appalti in prima battuta e poi, al limite, se ne subappalta una parte.

In questo modo i grandi campioni nazionali francesi e tedeschi (ma anche italiani, visto che abbiamo una impronta notevole nel settore aerospaziale) sono in grado di pianificare lo sviluppo dei progetti, dei costi, dei risultati intermedi e di quello finale.

Le partnership pubblico-privato, come è stata pensata quella per il progetto Iris2, sono costruite per dare spazio a logiche di lavoro diverse, più lente e più complesse, che spesso portano a problemi di competizione. Tra Francia e Germania, che sono i principali investitori del progetto, a trarre una utilità saremo alla fine noi in Italia, se mai Iris2 vedrà la fine, perché la base delle operazioni della costellazione di satelliti dovrebbe essere ospitata nel nostro Paese. Sempre che Bruxelles non cambi idea ancora una volta.

I conti della resa

Le difficoltà di coordinamento, per usare un eufemismo, non riguardano solo i satelliti di Iris2, ma anche il lanciatore. Dovrebbe essere il razzo Ariane 6, che però è già in ritardo di quattro anni a causa di problemi tecnici dovuti anche al bisogno di coordinare il principale ideatore, che è francese, con i partner soprattutto tedeschi.

La conclusione di questa vicenda? È probabile che alla fine tutto questo verrà risolto, anche perché le aziende europee sono certamente in grado di costruire ottimi satelliti. Ma una costellazione Internet satellitare pensata per essere europea e sovrana non sarà pronta nei tempi. Probabilmente non entro la fine del decennio. E probabilmente costerà molto cara sia la rete di satelliti che l’accesso a internet dal cielo.

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