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La battaglia per la conquista di Arm in Cina ipoteca il futuro degli smartphone

Arm sta perdendo il controllo della sua filiale cinese, una joint venture con una azienda cinese. Arm, che è inglese e di proprietà dell’azienda giapponese SoftBank, è la produttrice dei chip con design open che vengono utilizzati, con delle modifiche, da quasi tutti i produttori di smartphone, inclusa Apple che con i suoi processori Axx ne utilizza una versione modificata.

Arm ha una filiale in Cina dove, secondo le regole di quel Paese, è necessario creare una joint venture, in questo caso con il fondo di investimento cinese Hopu Investments. L’azienda britannica ha deciso di licenziare Allen Wu, il presidente e CEO della filiale cinese, che è di fatto una società controllata al 50%, sostituendolo con una coppia di co-ceo ad interim.

Arm China ha rifiutato il licenziamento con una dichiarazione pubblicata sul social cinese Weibo dove si dice che Wu continua a servire come suo CEO. Inoltre, Arm China sottolinea di essere una azienda legalmente separata da quella britannica e registrata sotto la legge cinese e che “continua ad operare normalmente e supportare i suoi clienti cinesi come sempre”. Wu è a capo sia di Arm China, sia di tre sue sussidiarie in quel Paese.

Il nocciolo del conflitto è la condotta del CEO, Allen Wu, che sarebbe sotto indagine per una serie di “serie irregolarità” come scoperto grazie a indiscrezioni filtrate dall’azienda e confermato da altri dipendenti. Il problema sarebbero i conflitti di interesse di Wu, impegnato in altre attività, ma molto velocemente la questione sarebbe diventata legalmente molto più complicata.

La battaglia per la conquista di Arm in Cina

La crisi di fiducia nei confronti di Wu non sarebbe limitata solo al quartier generale di Arm, a Cambridge, ma anche dagli stessi investitori di Hopu Investments. Arm China è cresciuta rapidamente negli anni passati, con con sedi a Shenzhen, Pechino e Shanghai e più di 600 dipendenti. Tra le sue funzioni c’è quella di essere il canale per la licenza dei processori tra il gruppo britannico di proprietà di SoftBank, e le aziende cinesi, tra cui Huawei è la principale cliente.

Un altro problema è quello della relazione tra Arm e le aziende cinesi, in particolare quelle sotto divieto di export e import tecnologico verso le aziende cinesi bloccate dalla amministrazione americana di Donald Trump per la guerra commerciale in corso tra i due Paesi.

E su questo si innesta anche il problema specifico di Huawei, che a causa dell’inasprimento del ban degli Usa si è trovata a non poter mettere i servizi Google dentro i proprio dispositivi Android. Ma c’è anche il problema dei componenti per i telefoni cinesi. Huawei infatti non può avere accesso alle tecnologie di Qualcomm e soprattutto da Tsmc, la taiwanese produttrice dei suoi. chip.

Huawei negli anni tramite la sua controllata HiSilicon ha acquistato i diritti per produrre delle variazioni di chip ARM che sono diventati i vari processori Kirin per la parte di calcolo (a partire da ARM Cortex-A9 MPCore, ARM Cortex-M3, ARM Cortex-A7 MPCore, ARM Cortex-A15 MPCore, ARM Cortex-A53, ARM Cortex-A57). Huawei tramite HiSilicon lavora anche ai core grafici Mali, e ha acquistato le licenze da Vivante Corporation per i core grafici GC4000.

Tutto questo però poi passa da TSMC, perché HiSilicon è una società progettista di semiconduttori come Apple: “fabless”, senza una fabbrica sua. E il terzista che produce è sempre la taiwanese TSMC, che però sta entrando sempre più nell’orbita del governo americano. L’amministrazione Trump ha infatti chiesto all’azienda di aprire una fabbrica negli Usa per poter produrre chip che servono alla Difesa americana, e che non si fida a far produrre all’estero.

La battaglia per la conquista di Arm in Cina

Sullo sfondo c’è il rischio, più che di una guerra, semplicemente di una invasione-acquisizione di Taiwan, territorio storicamente indipendente ma che la Cina di Pechino non riconosce e considera invece suo. Il rischio è che se lo prenda e che il mondo rimanga tagliato fuori da una serie molto ampia di tecnologie-chiave per la produzione, come ad esempio i chip.

Huawei, che è in lotta con i produttori americani come Qualcomm ma soprattutto con il governo Usa (è una delle cinque aziende “vietate” dal governo Usa), rischia così di non poter più avere i chip Kirin all’avanguardia. Una possibile via di fuga è andare sul produttore di chip cinese Unisoc, che però si occupa di chip embedded di fascia molto bassa e con lavorazioni molto differenti di quelle ad altissimo livello richieste per i processori moderni degli smartphone. Produrre in casa i processori richiederebbe troppo tempo, anche se nel medio-lungo periodo sarà la scelta più logica per Hauwei. Nel frattempo, le lavorazioni a 5 nanometri necessarie per restare in corsa nel mercato dei cellulari rischiano di essere irraggiungibili, almeno per un po’.

La battaglia per il controllo di Arm China passa anche da questo snodo e avrà conseguenze su tutto il mercato dei cellulari soprattutto se il piano orchestrato negli Usa per togliere Huawei dal mercato avrà successo.

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