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Nokia, un sonno dal quale rischia di non svegliarsi più

La verità si può dire in una parola: bollita. Questo perlomeno è il senso che la Borsa, cioè il mercato, ha letto nell’annuncio dell’alleanza tra Nokia e Microsoft. La casa finlandese, uno dei più grandi leader dell’innovazione mondiale, uno dei cervelli pulsanti del progresso tecnologico e della supremazia europea nel campo della telefonia mobile, è bollita. Decotta. Lessa. Come si potrebbe dire diversamente?

Da anni quello che una volta è stato il guidatore del tram dell’innovazione dava segni di sbandamento. La storia (e qualche libro-inchiesta di documentati giornalisti nordeuropei) ci dirà se era il vecchio Ceo, Olli-Pekka Kallasvuo, che ha regnato per sei anni critici (dal 2006 a poche settimane fa) è stato il responsabile dell’affondamento di Nokia, oppure se il “vecchio mandarino” che tirava le fila da dietro le quinte, cioè l’ex capo delle tecnologie e prodotti, Anssi Vanjoki, ha fallito nella sua ultima battaglia di potere con l’uomo nuovo voluto dagli azionisti, una sorta di liquidatore dell’azienda, Stephen Elop, attuale Ceo

Adesso sembra quasi strano e paradossale dirlo, ma per anni Nokia è stata molto più potente di Motorola, Ericsson e tutti i coreani messi assieme. Per un periodo i telefoni di Nokia dettavano il tempo del mercato, il suo sistema operativo (quello in bianco e nero) era pulito ed essenziale, faceva tutto e viaggiava veloce. Poi, all’improvviso, il lento e costante declino. L’assalto della concorrenza tradizionale. Il piano industriale velleitario di fare di Symbian l’anima del “telecomando della vita” (come recitava l’immortale definizione di Vanjoki resa a chi scrive qualche anno fa). La catastrofe con l’arrivo degli americani. Non i “soliti” americani di Motorola, addomesticati come Nokia e gli altri al gioco delle telco: abili a produrre terminali con funzioni e caratteristiche pensate non in funzione degli utenti ma della catena dei fornitori di componenti e delle necessità delle telco. No, sono arrivate prima Apple e poi Google, dimostrando che la competizione dei “grandi” statunitensi è molto più spietata e mortale di quella di qualsiasi asiatico.

Nokia ha peccato di “hubris”, di tracotanza, il peccato per il quale gli dei nell’Olimpo si adirano e gettano sciagure e maledizioni sui mortali. Nokia ha pensato di saper fare i telefonini come nessun altro al mondo sa fare i telefonini, e una banda di Yankee incapaci persino di mettere la funzione “Cerca” nel sistema operativo del loro presunto telefono intelligente non avrebbero mai avuto la capacità di fare niente, assolutamente niente. Dopotutto, cosa può un unico modello di telefono contro i 65 che vengono lanciati ogni anno dal colosso delle nevi?

La storia, il mercato, hanno giudicato rapidamente e in maniera netta. L’azienda è ben lontana da chiudere o da mandare a casa chi lavora per essa. Ma la sua quota di mercato è stata martoriata, i profitti sono calati di quasi la metà, il trend è di declino anche in un mercato in crescita. Gli azionisti hanno espulso il vecchio amministratore delegato e hanno impedito al suo delfino, il solista del pensiero tecnologico Symbiancentrico dell’azienda, di ascendere al soglio del comando, volendo invece un esterno. E lui, Annsi, se n’è andato.

Un’azienda da 42 miliardi di euro di fatturato all’anno, con entrate nette per 1,85 miliardi, in mano a un manager ex capo della divisione business di Microsoft. Molti si sono chiesti cosa ci venisse a fare Stephen Elop alla guida di Nokia. Quale la strategia, quali i percorsi. La risposta è che, piuttosto che a condurre, Elop è venuto a facilitare. Facilitare la sublimazione del primato tecnologico di Nokia in campo software a Microsoft, che entra con entrambi i piedi nel telefono finlandese, e ora ha anche la possibilità di possederne l’anima.

Ora il rischio che corre Nokia è quella di essere declassata da imperatore a servitore di casa reale, un salto enorme e impensabile; da deus ex machina che decide le sorti del mondo della telefonia a fornitore di hardware, che poi in italiano si traduce prosaicamente in attrezzatura, creatore di ferri che serve a vendere il sistema operativo altrui, i servizi altrui e far fare soldi ad “altrui”, un altrui che in questi anni di miliardi di dollari profusi in sistemi operativi per il mobile ed idee non troppo centrate non è stata in grado nè di trovare un partner affidabile in questo settore nè di crearsi qualche cosa di utile a questo scopo (basti pensare al clamoroso fallimento del Kin, qualche centinaio, sì centinaio, di pezzi venduti) e che a prima vista sembra fin da subito essere chi ci guadagna mentre Nokia ci perde. Ad intenderla così, per altro, sono stati non solo gli investitori di Nokia che ieri hanno mandato il titolo NOK vicinissimo ai minimi storici sottraendo con le vendite quasi il 14% del suo valore  ma anche i lavoratori di Nokia che ieri hanno lanciato scioperi spontanei e senza preavviso negli stabilimenti in Finlandia per il timore di vedere depauperato il loro ruolo e chiusi gli stabilimenti. In fondo se a Nokia si farà fare quel che fa un produttore asiatico, che non inventa niente ma prepara solo schede madri per chi predispone le strategie che non possono che transitare per il software, che ragione ci sarebbe di tenere aperti laboratori, showcase di tecnologie, assumere ingegneri, investire in materiali?

La domanda che, investitori e lavoratori a parte, si fanno tutti è che cosa succederà adesso. Ci sarà la fuga degli ultimi sviluppatori Symbian, ci sarà un periodo di trasformazione e adattamento in cui conviveranno due tecnologie, poi l’azienda si presenterà sempre più “nuda” di fronte alla concorrenza, e legata mani e piedi al suo fornitore di tecnologia strategica, vale a dire il sistema operativo, cuore pulsante della soluzion? Nokia finirà comprata da Microsoft entro pochi anni, dicono alcuni, verrà ridotta all’insignificanza sul mercato dicono altri, chiuderà i battenti, affermano i pessimisti. Non possiamo saperlo adesso. Certo, la campana sembra battere a morto, lenta e incessante. Tutto sta a capire se, con uno scatto d’orgoglio, il vecchio leone finlandese saprà risvegliarsi dal sonno ipnotico in cui è piombata e spostare la sua rotta dagli scogli che la stanno attirando ogni giorno di più verso la sua rovina.

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