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Regis McKenna, la mente che costruì l’immagine popolare di Apple

In occasione dei 40 anni di nascita della Apple, Fast Company mostra il blocco appunti partendo dal quale Regis McKenna, leggendario guru del marketing, cominciò ad abbozzare la strategia pubblicitaria per la Apple e la brochure per la presentazione dell’Apple II.

McKenna incontrò nel 1976 Steve Jobs e Steve Wozniak, all’epoca rispettivamente 21 e 25 anni, due ragazzoni che avevano fondato da poco l’azienda e si preparavano al lancio dell’Apple II.

Jobs era già all’epoca molto ambizioso e si mise con decisione e aggressività a cercare persone che potessero aiutarlo in vari settori. Apple già aveva pubblicato un rozzo (anche per l’epoca) annuncio pubblicitario sulla rivista Interface Age, ma il fondatore di Apple vedendo una pubblicità di Intel rimase talmente colpito che telefonò all’azienda per sapere chi fosse l’autore dell’annuncio. La risposta fu “McKenna”, un ex docente universitario che aveva lavorato per la Faurchild e la National Semiconductor prima di fondare la propria agenzia di pubblicità e pubbliche relazioni. Conosceva bene il mondo dell’elettronica e le sue pubblicità erano leggendarie.

Jobs decise che era a lui che bisognava affidare la pubblicità. Iniziò così a tallonare il suo obiettivo al punto da riuscire ad avere un appuntamento. La prima volta che chiamò, non riuscì a parlare direttamente con McKenna ma gli passarano Frank Burge, un account executive che cercò di sbarazzarsi di quello che veniva ritenuto solo uno scocciatore (Burge ricorda di aver pensato: “Chi si crede di essere questo pagliaccio?”). Ma Jobs richiamò ogni giorno  e quando finalmente decise di incontrarlo nel suo garage ricorda di aver pensato due cose: “Primo – dice Burge – era un ragazzo strordinariamente intelligente e secondo che non capivo un cinquantesimo di quello che diceva”. Fu ad ogni modo fissato un appuntamento con McKenna.

Come raccontato nel libro Fire in The Valley, McKenna vestiva in giacca e cravatta, aveva una grande scrivania e fotografie dei suoi annunci preferiti per Intel attaccati al muro. Parlava con calma e sembrava l’antitesi di ragazzo spettinato e aggressivo che quel pomeriggio era entrato nel suo ufficio in pantaloncini corti in jeans, sandali e “una barba alla Ho Chi Min”. McKenna non si scompose, sapendo che le invenzioni vengono fuori dalle personalità non dalle aziende e Jobs aveva certamente personalità da vendere.

Inizialmente McKenna aveva rifiutato ma Jobs non subì passivamente il rifiuto e perseverò il suo tentativo. “Indubbiamente Woz aveva progettato un’ottima macchina” ha raccontato McKenna, ma “si sarebbe trovata solo nei negozi per hobbisti se non fosse stato per Steve Jobs”. “Woz fu fortunato a trovare per compagno un predicatore”.

Al primo incontro con McKenna, partecipò anche Woz. McKenna diede uno sguardo alla pubblicità che questo aveva preparato osservando che era troppo tecnica e andava ravvivata un po’. “Non voglio che nessun addetto alle pubbliche relazioni la tocchi” disse Woz. McKenna disse che il tempo che si poteva dedicare a loro era scaduto e li invitò ad andarsene. “Ma Steve mi telefono subito dopo per dirmi che voleva vedermi di nuovo” ricorda McKenna, “Stavolta venne senza Woz e ci accordammo subito”.

McKenna alla fine accettò di lavorare per Apple e diede due importanti contributi. Il primo fu un disegno a colori che divenne per molto tempo il logogramma di Apple. Fino a quel momento il logo utilizzato era quello di Ron Wayne con stile di incisione vittoriana. “Non lo faccia lezioso” ordinò Jobs. Rob Janoff, dello staff, si McKenne, si mise all’opera e disegnò una semplice mela un due versioni, una intera e l’altra leggermente morsicata. Poiché la prima somigliava troppo a una ciliegia, Jobs scelse quella morsicata e colorata. Jobs inizialmente non era convinto ma quando arrivarono le prime targette di metallo per l’Apple II se ne innamorò.

La prima pubblicità dell'Apple II

McKenna decise anche di pubblicare un annuncio pubblicitario a colori sulla rivista Playboy. Era un tentativo azzardato e cotoso, quando un annuncio meno caro su Byte avrebbe raggiunto qualsiasi acquirente di computer di allora. L’idea era ovviamente quella di attirare l’attenzione nazionale, “per polarizzare l’idea del computer a basso costo”. Altre società vendevano computer da anni ma nessuna aveva mai provato a sollecitare in questo modo l’immaginazione del grande pubblico. La campagna pubblicitaria di Apple ebbe come conseguenza la pubblicazione di articoli sulle maggiori riviste nazionali, articoli che parlavano non solo di Apple ma, più in generale, dei piccolo computer.

Un aspetto curioso, ma che dice molto delle capacità visionarie di McKenna in fatto di marketing, è il suggerimento a Jobs di creare una sua catena di negozi che viene chiamata Apple Store, un nome oggi famigliare ma che allora poteva suonare folle viste le dimensioni dell’azienda. L’idea del consulente di Apple si è dimostrata a distanza di quasi 40 anni dalla sua nascita, una delle chiavi del successo consumer straordinario che ha avuto Cupertino.

McKenna restò un saldo punto di riferimento per Jobs anche dopo avere venduto l’azienda che faceva pubblicità a Jay Chiat, un suo collega, che aveva fondato Chiat/Day, l’agenzia di pubblicità che ideò lo spot 1984. Fu consulente per le PR di Apple fino al 1995. Poi quando chiuse anche questo business, veniva chiamato regolarmente da Jobs per scambi di idee e per discutere linee di indirizzo.

Uno dei suoi ultimi più incisivi interventi fu in occasione del “antennagate” dell’iPhone 4; la prima persona che Jobs chiamò per capire che fare fu McKenna. “Ho bisogno di scaricarti addosso un po’ di pasticci” disse Jobs. Dopo un incontro a Cupertino McKenna consigliò semplicemente di “dire la verità, rendere pubblici i dati, non sembrare arroganti ma fermi e fiduciosi”. Ancora una volta McKenna aveva visto giusto. La strategia funzionò e la maggiorparte dei clienti capì che Jobs aveva ragione e che il problema era stato gonfiato ad arte dai media…

L’articolo di Fast Company aggiunge molto altro alla figura di McKenna e alla sua partecipazione ai progetti Apple. Il consiglio, soprattutto a chi è interessato al mondo del marketing e al modo con cui fu affrontato da Apple alle origini, è di leggerlo interamente.

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