Le Internet Radio stanno per morire e la mano assassina ha un volto conosciuto: la RIAA.
La potente associazione dei discografici americani che ha istruito e vinto un processo contro Napster che sta attivamente coltivando le stesse procedure contro imitatori più o meno famosi, ha infatti ottenuto che il congresso degli Stati Uniti approvasse una legge che impone una salatissima tassa sulle spalle delle stazioni che usano Internet per diffondere la loro musica, una sorta di balzello capace di strangolare le piccole realtà che usano la rete trasmettendo spesso programmi di nicchia.
La legge, che andrà in vigore dal prossimo 10 ottobre, prevede costi che ben difficilmente potranno essere sostenuti dalle Internet Radio e che pare studiato apposta per farle chiudere. Il congresso no stabilisce, infatti, una tassa percentuale sugli introiti come accade per le radio via etere, ma un costo fisso (molto alto) per ciascun ascoltatore. Il risultato è che si deve pagare indipendentemente dall’incasso e che la maggior parte delle Radio per il meccanismo di Internet e per la scarsità delle pubblicità , conti in mano, dovrà sborsare molto più di quanto guadagna.
Ma perché il congresso ha deciso di promulgare questa legge e in questa forma? Davvero le radio di Internet danneggiano la musica? Se per Napster e i suoi cloni la RIAA aveva più di una ragione nel combattere la sua battaglia, in questo caso appare davvero molto poco comprensibile l’accanimento. ‘Rippare’ musica dalle radio via Internet è complicato e la qualità spesso è scadente. Secondo alcuni, anzi, la trasmissione di musica via Internet funziona come un ‘promo’ per i musicisti.
La legge, secondo un conto fatto da Kurt Anderson e direttore della rivista Rain: Radio and Internet Newsletter, oltre che autore del sito Save Internet Radio, potrebbe portare alla scomparsa di 50.000 radio, piccole e grandi.