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Jobs: senza senso l’alleanza con Real

certificato azione aapl

Aprire FairPlay a Real? Una cosa che francamente non vale la pena di fare. Ha risposto così Steve Jobs alle prevedibili domande sull’argomento più caldo del momento poste durante l’ assemblea degli azionisti AAPL che si è tenuta ieri.

Jobs, che per la prima volta affrontava l’argomento in pubblico, ha fatto un’analisi piuttosto precisa delle motivazioni che l’hanno condotto a respingere la proposta di alleanza. “Il negozio musicale di Real – ha detto il CEO – è tutt’altro che un successo allo stato attuale delle cose. In secondo luogo Real compete, usando quel negozio, con iTunes Music Store e aprire iPod significherebbe portare iPod a sostenere il loro business”. Jobs ha poi evidenziato i costi dell’operazione. “Rendere compatibile iPod con altri formati e ad altri sistemi di musica online (in sostanza DRM diversi da FairPlay, ndr) rappresenta una spesa aggiuntiva e ingiustificata per un business come quello dei negozi di musica digitalizzata che non producono un profitto in sé”. Per queste ragioni rispondere positivamente alle richieste di Glaser, che, come ha rivelato Jobs non ha solo chiesto di aprire iPod ma ha avanzato diverse altre proposte, al momento “francamente non ha alcun senso commerciale”.

Nel corso dell’incontro si è poi parlato anche di iPod anche sotto altri profili. Ad esempio un’interessante analisi sul ruolo del lettore di musica digitale come una sorta di alternativa ad un desktop entry level è stata avanzata da Tim Cook. Secondo il responsabile delle vendite mondiali se si dà  uno sguardo al profitto che esso produce e alla percentuale di mercato che ha conquistato, si comprende come il lettore di musica digitale rappresenta attualmente per Apple quello che potrebbe rappresentare un computer di fascia bassa. “Abbiamo coscientemente deciso di investire in questo business invece che fare l’ingresso nel campo dei computer low end. iPod ora ha una quota di mercato del 40/50%”

Jobs, come quasi sempre accade, si è trovato di fronte anche alle prevedibili domande sulla quota di mercato di Apple, giudicata dai più come troppo piccola. Prevedibile anche la risposta: “La nostra quota di mercato è superiore a quella della BMW, nelle rispettive categorie, la gente che non compra le auto di Monaco non si comporta in questo modo perché è preoccupata per l’esigua quota di mercato; noi abbiamo 25 milioni di clienti e la nostra prima preoccupazione è che siano soddisfatti dei nostri prodotti, la nostra seconda è di aumentare il numero dei clienti e la nostra terza di aumentare la quota di mercato. In definitiva l’unica cosa che conta è avere successo nel proprio business, non la quota di mercato”.

Schiller, intervenendo sullo stesso argomento, ha poi portato gli azionisti a riflettere sulla rilevanza del rapporto tra vendite e profitto. “Noi produciamo profitti vendendo computer. Anche Dell lo fa. Ma chi altri ci riesce? Faccio fatica ad individuare qualcun altro. Per questo dovreste chiedervi: sarebbe meglio per Apple avere la quota di mercato di Apple o quella di Gateway? Io risponderei: quella di Apple”

Tra le domande poste dagli azionisti non è mancata neppure quella sulle strategie applicate da Apple per portare sul mercato prodotti con tempi accettabili dal momento dell’annuncio, domanda a cui Jobs ha risposto sostenendo che “a volte è meglio annunciare un prodotto anche se questo non è immediatamente disponibile, altre volte invece non è questa la strategia giusta. Non tutti i nostri eventi possono essere seguiti dalla stampa così sfruttiamo quelli con più rilevanza dal punto di vista dei media, presentando loro i tempi della supposta disponibilità  dei prodotti, per avere maggiore risonanza. Noi speriamo di avere sempre tempi il più possibile ridotti anche se a volte è capitato che per difficoltà  di produzione questi tempi si siano poi allungati. Quando si innova non è tutto così semplice, si tratta di arte oltre che scienza”.

Il CEO ha poi replicato in maniera piuttosto decisa a chi, tra gli azionisti, sosteneva come non sempre Apple applica la stessa attenzione riservata agli USA anche ai mercati internazionali. “Rilasciamo la gran parte del software localizzato allo stesso momento della versione USA, gli AppleStore sono presenti in molti mercati internazionali e per quanto riguarda i retail store, oltre a quello di Tokio già  aperto, entro l’anno saranno attivi quello di Osaka e quello di Londra. Siamo molto attenti ai clienti internazionali perché essi rappresentano una grossa percentuale delle nostre vendite, non so da cosa lei tragga questa conclusione ma è completamente sbagliata”.

Sulla scorta delle proteste e dei malumori manifestati dai rivenditori indipendenti (malumori che si sono ripercossi direttamente anche sull’assemblea degli azionisti visto che una decina di rivenditori o ex-rivenditori Apple californiani aveva allestito una dimostrazione proprio fuori dall’edificio dove si teneva la riunione) l’unico, secco, commento è arrivato, da Tim Cook: “il 58% delle vendite di Apple passa per i rivenditori, per noi è importante e non abbiamo in previsione di cambiare le nostre scelte”.

Nel corso dell’incontro c’è stato, infine, spazio per sottolineare i risparmi derivanti dalla chiusura dell’impianto di Elk Grove (3 milioni di dollari al trimestre, stima Apple). E’ stato anche rieletto dell’intero consiglio d’amministrazione di Apple, votato per un altro anno con l’82% dei voti positivi. I membri sono: Bill Campbell (Intuit), Millard Drexler (J.Crew), Al Gore Jr., Steve Jobs (Apple e Pixar), Arthur D. Levinson (Genentech) e Jerry Jork (Harwinton Capital).

A KPMG, come richiesto da Apple, è stato dato mandato anche per questo anno fiscale quale revisore dei conti; non è stata resa nota la percentuale di voti a favore ma ha soddisfatto i requisiti necessari, secondo Nancy Heinen.

E’ stata invece rigettata (anche qui non noti i voti) la richiesta del fondo pensioni della United Brotherhood of Carpenters and Jointers (che possiede 807.000 azioni AAPL) di limitare i compensi ai top manager di Apple entro il milione di dollari.

CalPERS – California Public Employees’ Retirement System (il maggior fondo pensioni statunitense, che detiene 1,48 milioni di azioni AAPL) si era dichiarato avverso alla rielezione in toto del consiglio di amministrazione e alla riconferma di KPMG e favorevole alla limitazione degli stipendi.

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