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Musica in UK -10% su iTunes, chiuso il caso Ue

Musica iTunes con il 10% di sconto rispetto al prezzo attuale sullo store britannico. Ecco la risposta che Apple dà  per eliminare i fattori di contrasto con la commissione europea che aveva avanzato dubbi sulle pratiche di marketing in base alle quali i costi differenziati tra i vari negozi.

La scelta di abbassare (entro sei mesi, dagli attuali 79 centesimi a 74) il prezzo della musica su iTunes Store Uk elimina il principale fattore di contrasto tra l’Ue, da una parte, Apple e i discografici dall’altra. Proprio da un’associazione di consumatori del Regno Unito era partito l’esposto che aveva suscitato l’attenzione dell’Unione e la richiesta di spiegazioni inoltrata alle major e a Cupertino. In base alle norme del mercato comune non è consentito imporre restrizioni alla circolazione delle merci (come accade con iTunes che obbliga all’acquisto nei negozi per ciascun paese), impedendo che i clienti vadano alla ricerca nelle varie nazioni di prezzi più favorevoli. Nel caso specifico, pur lasciando in vigore la restrizione all’acquisto della musica nel paese di residenza (o dove si ha il conto bancario), si abbatte la differenza di prezzo che in realtà  è il vero “puntum dolens”: il prezzo più alto rispetto agli altri mercati europei. Insomma, comprare in Gran Bretagna e comprare in Francia o Italia costerà  lo stesso prezzo e quindi cade ogni obbiezione come fa capire il commissario Neelie Kroes: “La commissione Europea – il commissario alla concorrenza – saluta con molto favore la decisione che consente di creare un reale unico mercato per il download della musica”.

Nel corso dell’inchiesta è stato chiarito anche che l’organizzazione degli store non è frutto di un accordo tra le case discografiche ed Apple, anche se l’Ue ammette che in base alle politiche applicate dalle case discografiche, potrebbe essere difficile per Apple creare un unico mercato iTunes europeo.

L’affermazione, contenuta in alcuni comunicati che hanno fatto seguito all’accordo, lascia pensare che, comunque, sia stata Apple a decidere di organizzare i negozi in chiave nazionale anche se Cupertino in passato ha negato che le cose stessero così e che avrebbe preferito organizzare un unico negozio pan-europeo. Il fatto che la musica costasse di più nel Regno Unito che altrove è invece frutto delle scelte delle case discografiche stesse come si intuisce da una dichiarazione di Cupertino rilasciata da Thomson Financial News.

Da questa situazione potrebbero nascere altre questioni spinose, questa volta tra Apple e le case discografiche.

“Apple – dice la società  californiana – riconsidererà  le relazioni con ogni casa discografica che non abbasserà , entro sei mesi, il prezzo all’ingrosso delle canzoni al livello degli altri mercati”. Una dichiarazione piuttosto bellicosa che potrebbe essere preludio a qualche ulteriore contrasto con le case discografiche con la maggior parte delle quali non i rapporti non sono già  idilliaci. Ad esempio le major potrebbero rifiutarsi di ridurre il prezzo di vendita delle canzoni all’ingrosso, argomentando che tocca ad Apple aprire iTunes senza discriminare la provenienza geografica dei clienti, lasciandoli liberi di andare altrove a cercare la musica, e non a loro modificare la politica di prezzo applicata al mercato britannico.

Un secondo problema potrebbe intervenire al momento della variazione del cambio. Che cosa accadrà  quando la sterlina dovesse fluttuare verso l’alto o verso il basso in rapporto all’Euro? Se il differenziale dovesse diventare evidente, Apple modificherà  i prezzi ancora a favore dei cittadini del Regno Unito? L’ipotesi non è del tutto peregrina, visto che nel 2004, ad esempio, il differenziale tra Euro e Sterlina era più favorevole rispetto ad oggi alla divisa britannica così che la differenza di prezzo tra la musica venduta sull’iTunes del Regno Unito e quelli europei era del 20% invece che del 10% come oggi.

Infine resta da vedere che cosa accadrà  in Norvegia e Danimarca, sempre parte del Mercato Comune ma dove, come nel Regno Unito, i prezzi sono più alti che nell’area Euro o in Svezia dove sono (anche se solo di tre centesimi) più bassi.

Comunque sia, il passo compiuto da Apple, chiude il caso, almeno in rapporto all’Ue: “Non abbiamo più intenzione di portare avanti altre azioni”, ha detto Neelie Kroes.

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