L’Italia favorisce l’uso di processori Intel nella pubblica amministrazione? Il sospetto emerge da una inchiesta avviata dall’Unione Europea sui bandi per forniture pubbliche che secondo alcune segnalazioni menzionerebbero in maniera impropria i processori della società di Santa Monica come caratteristica indispensabile per presentare la candidatura dei propri prodotti.
L’iniziativa dell’UE verte ad abbattere i costi e a ristabilire la competitività nell’ambito delle forniture informatiche, condizioni che possono essere minate dall’abitudine a citare per nome prodotti specifici o caratteristiche vincolate a tecnologie proprietarie nei bandi pubblici. Nel caso specifico si tratterebbe di chip ben individuati con velocità particolari e di cui sono capaci unicamente i processori di Intel, il che potrebbe tradursi in costi più alti per l’impossibilità di avere alternative reali in quando la principale concorrente AMD non sarebbe materialmente in grado di fare fronte alle stesse specifiche.
Al contrario l’UE ha sempre richiesto specificatamente che i paesi membri seguano strade per la più ampia ed aperta concorrrenza, una delle condizioni per un abbattimento dei costi degli appalti pubblici e dunque una migliore utilizzazione delle tasse versate dai cittadini. Un recente studio dell’UE avrebbe verificato che in presenza di appalti ‘aperti’ si possono ottenere ribassi anche del 30%.
L’Italia, con la Germania, indagata per le stesse ragioni, ha tempo fino al prossimo 30 maggio per presentare le sue controdeduzioni alle osservazioni della UE. Simili investigazioni potrebbero partire anche per Belgio, Francia, Finlandia, Olanda, Austria.