Autunno 2005: sarà l’anno delle nuove console per videogiochi. Xbox lancerà la nuova versione della sua box, probabilmente basata su processore Ibm analogo a quelli che equipaggiano i nuovi PowerMac G5, Sony preparerà la Playstation 3 (prevista per l’inizio del 2006 in Giappone e il terzo litigante, Nintendo, dovrà decidere se reagire o soccombere.
Alcuni analisti ritengono che il mercato non sarà in grado di reggere tre player, soprattutto visto che uno dei principali modi di utilizzo delle console per giochi casalinghi sarà orientato al gioco in rete, e che Nintendo si avvia a quel tramonto che ha già colto Sega, altro storico produttore nipponico ritiratosi dopo il parziale successo del Dreamcast dal mercato dell’hardware e adesso produce giochi per le piattaforme una volta concorrenti.
Ma Nintendo, che negli Stati Uniti per anni è stato sinonimo di videogiochi, un po’ come da noi Playstation, pare che non abbia nessuna intenzione di perdere la faccia arrendendosi a un mercato ostile che in pratica ha inventato lei: secondo il quotidiano finanziario Nihon Keizai Shimbun, infatti, l’azienda ha ribadito la propria volontà di presentare non solo un successore del GameBoy Advance, basato su processore a 16 bit e da molti giudicato in pericolo con la prossima uscita della Playstation Portable basata su Cpu a 32 bit, ma anche di rilanciare la prossima generazione di GameCube proprio nel 2005 o 2006, in linea con la concorrenza.
La produzione dei chip fondamentali per la macchina, cioè calcolo e grafica, sarà affidata rispettivamente a Ibm e Ati. Big Blue aveva già realizzato il cuore dell’attuale GameCube, basato su una variante del PowerPc chiamata Gekko. Il paradosso più forte della storia è che Microsoft e Nintendo, che a differenza di Sony non sono in grado di progettare e produrre internamente il proprio hardware, rischiano di realizzare sostanzialmente lo stesso tipo di hardware.