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Foxconn e Apple potrebbero far crescere lo stipendio medio in tutta la Cina

La decisione di Foxconn ed Apple di aumentare le paghe e ridurre le ore di straordinario nelle fabbriche cinesi dove si costruiscono Mac, iPhone e iPad, si tradurrà in benefici economici per un grande numero di dipendenti del paese asiatico. A dirlo sono alcuni esperti di mercato intervistati da Reuters che ha pubblicato nel corso della notte un reportage che prova ad affrontare la tematica degli effetti che derivano dall’ispezione della Fair Labor Association, la realtà che si occupa di diritti dei lavoratori e alla quale anche Apple ha deciso di aderire nelle passate settimane.

La possibilità che siano gli stipendi medi dei cinesi ad aumentare, e non solo quelli dei dipendenti di Foxconn, deriva dalle dimensioni dell’azienda che ha 1,2 milioni di dipendenti e dal fatto che dai suoi stabilimenti esce il 40% dei prodotti di elettronica mondiali. L’impatto, secondo gli osservatori, sarà misurabile anche su stabilimenti di altre realtà anche alla luce del fatto che il governo cinese sta cercando di far crescere lo stipendio medio dei suoi cittadini, nella consapevolezza che questo determinerebbe una crescita della domanda interna.

Nelle passate settimane alcune aziende hanno già aumentato lo stipendio medio. La stessa Foxconn ha portato a 290$ il salario, raddoppiandolo in breve tempo. In alcuni stabilimento di Toyota è successa la stessa cosa dopo alcuni scioperi supportati indirettamente e silenziosamente dal governo di Pechino. Negli ultimi due anni le paghe sono crescite in vari settori e ora sarebbe tempo di spingere anche nel settore dell’elettronica; una prova che esiste una manovra orchestrata ad elevati livelli per spingere sugli stipendi e che Apple e Foxconn sono una parte importante di questa iniziativa può essere forse vista anche negli incontri che Tim Cook ha avuto in questi giorni con i massimi rappresentanti del governo cinese tra cui il vice presidente Li Keqiang.

Gli effetti dell’aumento degli stipendi dovrebbe essere minimo se non del tutto nullo sui costi finali dei dispositivi, in particolare quelli di Apple.  ISuppli stima che a regime le modifiche salariali di Foxconn potrebbero aggiungere un paio di dollari al costo di un iPhone, portando il prezzo di assemblaggio intorno ai 10$. Visti i costi di un telefono, Apple potrebbe tranquillamente assorbire l’aumento senza alcuna ricaduta, limando costi altrove. La stessa cosa di deve dire per gli iPad. Qualche problema in più potrebbe derivare per aziende che hanno margini più bassi di Apple, ma anche qui è improbabile che si assisterà ad un aumento dei costi; basti pensare che una Xbox costa 10 dollari per essere costruita e le sue componenti costano invece 210$. In tutti i casi sembra essere più preoccupante l’aumento dei costi delle componenti che deriva da eventi non facilmente controllabili e pianificabili come, ad esempio, la chiusura della fabbrica di memorie Elpidia che ha ridotto l’offerta o l’alluvione in Thailandia che ha determinato un fortissimo incremento nel prezzo dei dischi fissi.

Secondo qualcuno chi rischia alla fine sono comunque ancora i dipendenti cinesi. A giudizio di Robert Enderle, un esperto osservatore del mercato dell’elettronica, le imprese occidentali potrebbero essere in grado di fare pressione sulle aziende cinesi per imporre loro di assorbire gli aumenti di costi di assemblaggio, pena il trasferimento altrove dei loro ordinativi. Una cosa simile è già accaduta e si è materializzata in un trasferimento in Vietnam della manifattura di abiti ed indumenti, questo dopo gli aumenti di stipendi ricevuti dai cinesi in questi settori. Al momento però, sembra molto difficile che possa sorgere in altre parti del mondo uno stabilimento in grado di offrire ad aziende come Apple, HP, Dell, Microsoft, lo stesso rapporto tra qualità, volumi, efficienza, logistica e prezzo, che è in grado di offrire un’azienda come Foxconn.

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