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A San Francisco si fa sesso sui robotaxi (e anche altre cose)

C’è un approccio al design che riguarda l’obiettivo che si pone chi deve realizzare qualcosa, sia essa una caffettiera o un progetto molto più ampio e complesso come una auto a guida autonoma con funzioni da taxi automatico.

L’approccio è quello che dice: “Non bisogna progettare qualcosa pensando a come le persone dovrebbero comportarsi in teoria, ma pensando a come si comportano in realtà”. E la realtà è che alcune persone, non tantissime ma abbastanza per cambiare il modo con il quale si progettano le cose, si comportano male.

Un esempio spiega l’errore fatto dai designer di questi sistemi certamente complessi ma non pensati abbastanza.

L’utopia dei robotaxi

Prendiamo i robotaxi di San Francisco. Pochi ricordano che l’epoca attuale di rivoluzione delle intelligenze artificiali è partita con le auto a guida autonoma. Tesla ha fatto passi da gigante, così Waymo e altri operatori. Si pensa che anche Apple ci lavori da anni ormai. E le auto a guida autonoma sono un modo per pensare meglio e di più a quale potrebbe essere il futuro della guida e delle città, oltre che della proprietà.

Immaginate se tutte le auto fossero robot automatici: sarebbe la fine della proprietà delle auto come le conosciamo adesso, perché queste potrebbero arrivare, essere usate e andarsene da sole verso un altro cliente/utente senza bisogno di cercare parcheggio o tenerle vicino a casa. E questo vorrebbe dire che non solo servirebbero molte meno auto (visto durante la sua vita il 90% del tempo un’auto è ferma in un parcheggio) ma che servirebbero anche molti meno parcheggi. Potremmo addirittura avere città senza più parcheggi per le auto semplicemente perché queste arriverebbero e se ne andrebbero senza bisogno di fermarsi negli spazi urbani.

Tutto questo potrebbe cambiare completamente la faccia alle nostre città oltre che alle nostre abitudini e stili di vita. Tutto questo però è un modo di pensare da designer che progetta pensando a come le persone dovrebbero comportarsi in teoria. Invece, ecco come si comportano in realtà.

A San Francisco si fa sesso sui robotaxi (e anche altre cose)

La realtà (distopica) dei robotaxi di San Francisco

La cronaca invece ci racconta una storia completamente diversa. Come racconta il The San Francisco Standard, alcuni utenti di Cruise e Waymo, i due servizi di robotaxi ammessi nella città californiana 24 ore al giorno sette giorni alla settimana, hanno fatto di tutto dentro le auto a guida autonoma. Salgono, danno la destinazione e poi fumano, bevono (entrambi i comportamenti sono vietati per legge), sporcano con deiezioni liquide o solide, vomitano, fanno sesso. Non tutti allo stesso tempo, ovviamente, anche se alcune delle pratiche si mescolano.

Ad esempio Megan, una ventenne che ha iniziato a usare i robotaxi a tarda notte per rientrare da feste e locali, ha spiegato al giornale di aver fatto varie volte sesso senza problemi o inibizioni sul veicolo a guida autonoma che, peraltro, ha una serie di videocamere interne di servizio che riprendono tutto quel che accade a bordo. Soprattutto con il suo “complice”, Alex, circa trent’anni (i nomi sono fittizi).

“Secondo le stime di Megan – scrive il giornale – Alex ha compiuto almeno sei atti sessuali distinti sui robotaxi, che vanno da sessioni di pomiciate improvvisate a”attività di [sesso] completo, senza limiti”, per un totale di tre volte in un’auto Cruise. **“Voglio dire, non c’è nessuno che ti dica: ‘Non puoi farlo’** – ha detto ridendo.”“Si arriva al punto in cui si è sempre più a proprio agio, e se si è con qualcuno, come un partner più serio, si può arrivare ad altre attività”“.

Il mondo com’è e come dovrebbe essere

Il sesso non è ovviamente l’unica attività che non si dovrebbe fare su un’auto a guida autonoma, e molti degli utenti occasionali non si trattengono. C’è chi fuma, chi beve superalcolici direttamente dalla bottiglia, chi usa droghe in varie forme, chi si sente male e vomita, chi invece ha un bisogno urgente e si “svuota” a bordo. Non tutti, sono pochi, pochissimi gli utenti che fanno. Ma basta una goccia di vernice nera in una latta di vernice bianca per cambiare il colore al tutto.

Progettare un servizio e gli apparecchi per questo servizio vuol dire pensare più in largo che non semplicemente a quello che si vede sullo schermo del proprio computer (cioè del luogo dove ormai tutti i designer creano le loro opere).

Sesso a bordo non è neanche una cosa così difficile da immaginare o inedita: dieci anni fa, al lancio della guida autonoma per le Tesla, una coppia era finita su YouPorn dopo essersi lanciata in attività hot a bordo della propria auto (la Model 3 era nata peraltro per essere robotaxi il primo veicolo adatto al ruolo di trasporto di terzi in modalità autonoma, previsto da Musk).

Nel 2019 un gruppo di scienziati sociali aveva addirittura pubblicato una ricerca in cui spiegava che secondo loro i veicoli a guida autonoma sarebbero state delle ottime alcove per amanti più o meno clandestini.

Com’è possibile?

Come mai accadono cose del genere? Certamente lo stimolo c’è, ma perché succedono, in realtà? C’entra il tema della privacy. Troppa. Nel senso che le telecamere interne ai veicoli non vengono monitorate a meno che non ci siano ragioni per farlo. Un portavoce di Waymo ha dichiarato che il suo team potrebbe rivedere le registrazioni in caso di problemi di pulizia, sicurezza, incidenti o oggetti mancanti.

Tuttavia, il vero problema è che i progetti di questo tipo di sistemi complessi sono pensati in maniera superficiale dal punto di vista delle interazioni sociali. Si guarda al funzionamento tecnico, all’ergonomia minima (quella della persona che si siede), al rispetto delle attività di base per quanto riguarda la circolazione.

Tuttavia, i sistemi di questo tipo sono molto più complessi, e l’interazione con gli utenti non viene pensata guardando al mondo e alla gente “vera”, ma pensando a utenti-clienti astratti che si comportano sempre in maniera corretta.

La nonna, le ruote e il famigerato carretto

Se il mondo funzionasse così, però, non ci sarebbero graffiti nella metropolitana o sui bandoni dei negozi, sporco in città, gente che parcheggia in doppia fila e mille altre cose, grandi e piccole, che a seconda dell’età, della cultura e dell’evoluzione delle singole società sono più fastidioso o gravi.

Perché anche da noi, se si leggono i giornali e si cercano le notizie in rete magari nei forum dedicati, si trovano mille e mille casi di piccoli casi di vandalismo, comportamenti scorretti, persino molto illegali, ad esempio con i normali car sharing cittadini del nostro Paese.

I veicoli vengono usati da prostitute e spacciatori, vengono usati da persone in fortissimo stato di alterazione, vengono sporcati, lasciati in aree vietate, vengono rotti e danneggiati in maniera semplicemente incivile. Perché?

La risposta qualunquista è che la brutta gente esiste, che gli ignoranti maleducati ci sono. Ma è una risposta facile, che dà la colpa agli altri (“la gente”) e deresponsabilizza il resto di noi “brave persone”, i designer e i gestori dei servizi. Tuttavia, la realtà dal punto di vista di chi si occupa di design è un’altra: sono cose che succedono quando un progetto non è stato pensato abbastanza e, al posto delle persone (con tutti i gradi di libertà che queste anno) si progetta per utenti immaginari, che di gradi di libertà non ne hanno nessuno perché fanno solo quello che è previsto dal progettista.

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