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Apple e il mito del fai da te.

In grande evidenza, sulle pagine economiche del Corriere della Sera (c’e’ anche un sito, incompleto e di non facile consultazione) di sabato 25 maggio e’ comparso, a sorpresa, un corsivo (Web-Economy: Apple e il mito del «fai da te») completamente dedicato ad Apple.
L’evento e’ di quelli da ricordare, di solito la stampa italiana ignora Apple o al massimo commenta per sentito dire; si dira’: “allora finalmente una chiara recensione dei prodotti, delle idee e dei progetti della casa della mela?”… macche’!
Vi riportiamo di seguito gli stralci piu’ controversi di un articolo dal quale, in conclusione, non si riesce a capire quale sia lo scopo, dato che, a ripetizione, l’autore (Franco Carlini, <[email protected]>), ricorda dei “tanti difetti” di Apple, peccato che non se ne citi nemmeno uno, anzi si “cade” nella lode sperticata, probabilmente involontaria, di tutta la gamma, software e hardware.
Come di consuetudine meglio cominciare con della “sana” confusione che, fosse mancata, avrebbe “macchiato” l’onore della stampa generalista che, di regola, scambia “i fischi per i fiaschi”: Il nuovo portatile e’ il “solito” gioiello. Si parla qui dell’iBook, sottilissimo, in scatola di titanio e piacevole all’uso quanto al tatto. Ora, o si intende l’iBook, nuovo nato di casa Apple oppure il soggetto e’ il PowerBook G4 “Titanium” che ha esordito il gennaio scorso al MacWorld di San Francisco. Le differenze sono molte e dovrebbero essere note a tutti, pare che non lo siano, quindi ci limitiamo a ricordare che in titanio e’ il materiale con cui e’ costituito il sottile PowerBook G4, invece il nuovissimo iBook ha uno chassis si plastica, piacevole da toccare, sotto al quale si cela una intelaiatura in magnesio.
Dopo aver puntualmente ricordato che il sistema operativo OS X (per la precisione sarebbe meglio chiamarlo col suo nome Mac OS X, non lo fanno quelli che confidenza con la materia dovrebbero averne di piu’) sara’ montato con qualche mese di anticipo in tutti i Mac venduti da settimana scorsa, ci si infila in un ginepraio dove, uscendo, ci si trova un po’ disorientati: Steve Jobs, […] raggiante nella recente conferenza dedicata agli sviluppatori software. Le aziende indipendenti che creano programmi per le piattaforme hardware e software altrui […] e solo la “follia” del Jobs di 25 anni fa poteva ritenere possibile farsi tutto in casa, mentre sul fronte opposto la Microsoft incentivava al massimo il lavoro delle terze parti. E si sa come e’ andata a finire. No, non lo sappiamo (cos’e’ finito?)… ma andiamo con ordine: sorpassato con un sol fiato la definizione curiosa, ma personalissima, di “aziende indipendenti che creano programmi per le piattaforme hardware e software altrui” concentriamoci, non senza fatica, sul significato. Cosa vuol dire il dottor Carlini?
1) Apple, per 25 anni, non ha mai dato spazio agli sviluppatori e solo ora lo fa, in preda ad una irresistibile voglia di emulazione di Microsoft, paladina, da sempre, della concessione ai terzi di parte del lavoro da fare, motivo principale che ha portata alla gloria definitiva la societa’ di Bill Gates?
2) Si insinua che il famoso accordo del 1997 (ormai trito quanto preso a pretesto) tra Steve Jobs e Bill Gates, con tanto di 150 milioni di dollari di azioni AAPL da un lato e Microsoft Office/Internet Explorer per Mac dall’altra, abbia avuto strascichi fino ad ora con il risultato di vedere Microsoft che obbliga Apple al nuovo verbo vincente dell’Open Source, ovvero alla libera distribuzione del cuore del sistema operativo agli sviluppatori che lo modificano a piacere?
3) Steve Jobs (e forse anche noi tutti utenti, alternativi, di Macintosh) e’ stato rinchiuso fino a poche ore fa in un manicomio navale, legato in una stretta camicia di forza nella stanza imbottita al piano sotterraneo?
“Accendiamone” una a caso e confermiamola… in ogni caso e’ sbagliata: Apple da sempre opera a stretto contatto con molti sviluppatori, la critica e’ solo pretestuosa, al contrario la citazione di Microsoft risponde solo alla tacita regola di dover per forza accennare all’azienda di Bill Gates ogni qual volta qualcuno osa scrivere di informatica. Se c’e’ una azienda che ha migliaia e migliaia di sviluppatori, questa e’ certo Microsoft (c’e’ da “mangiare” per tutti con un mercato cosi’ ampio) ma se con questo si voleva dire che Microsoft e’ stata l’iniziatrice di questa tendenza, smentiamolo subito, e’ una corporation come come tutte le altre e che come tutte le altre ha la sua schiera di sviluppatori, piu’ o meno capaci di creare novita’ o di risolvere i bug che naturalmente si scoprono man mano.
Leggiamo ancora: andra’ riconosciuto (ad Apple, n.d.fmz) che, sia pure a prezzi superiori e con alcuni difetti ancora da eliminare, offre qualcosa di piu’. L’articolo prosegue poi con un nutrito elenco di questi “plus” belli e facili come la mancanza di crash, la docilita’ di iMovie, la semplificazione nel collegare con le piu’ svariate periferiche digitali, l’integrazione con il web, etc.
Lasciamo stare i prezzi alti, a noi basta citare i 3,5 milioni del nuovo iBook o i 2,5 milioni dell’iMac per ammutolire qualunque preconcetto di ritorno da un passato ormai lontano.
Ebbene non compare la lista di questi fantomatici “difetti”. Viene forse lasciata all’immaginazione del lettore?
Nonostante cio’, l’articolo termina con: i problemi tuttavia rimangono, soprattutto l’immagine di una macchina tanto raffinata quanto poco accessoriata di software. Le contraddizioni devono essere una qualita’ vincente per il dottor Carlini, prima dice che l’integrazione con le varie periferiche e’ eccellente poi sottolinea la mancanza di esse.
Ma cosa manca? Da quando coraggiosamente Apple ha realmente messo sulle proprie macchine: le porte USB (sviluppata da Intel, che pero’, come tutti gli altri produttori insisteva con le porte parallele standard, insomma preferiva cantarne le lodi che metterle nei PC e farle funzionare), quelle ad alta velocita’ FireWire (conosciute anche come i.LINK, DV o IEEE 1394 e presenti innanzitutto in milioni di videocamere amatoriali per non parlare dei recenti masterizzatori, hard disk esterni, etc.) e la possibilita’ concreta del wireless (per prima con AirPort o Wi-Fi che realmente esiste e funziona, al contrario dello stentante Bluetooth) gli apparati basati proprio su queste tecnologie si sono moltiplicati a vista d’occhio (basta avere tutte e dieci le diottrie) tanto che anche il mondo Wintel ne giova (un po’ a sbafo) dopo la gavetta di Apple.
Ci sentiamo di condividere (e lo abbiamo fatto da queste pagine anche in passato) solo la critica finale (l’unica accreditata nell’articolo) che conclude l’articolo anche se, purtroppo, in verita’, e’ una situazione piuttosto generalizzata: chi provi a fare ricorso ai call center Apple puo’ uscirne con i nervi a pezzi.

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