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Ibm: anche i server blade in Open Source

Una mossa senza precedenti che prosegue una politica innovativa e strategica da parte di Ibm. Prima il supporto al mondo Open Source per quanto riguarda il software, con una fortissima enfasi su Linux e gli ambienti di lavoro per gli sviluppatori (un esempio per tutti è Eclipse). Una politica che procede da alcuni anni e che sta ponendo il ruolo di Ibm in forte contrasto con Microsoft e i titolari del copyright su Unix, con i quali sono aperte anche alcune vertenze legali.

Poi, la mossa di pochi mesi fa, che mette praticamente in open source (il termine non è corretto, ma rende l’idea) la struttura di alcuni microprocessori della linea Power. In questo modo, dal momento che la tecnologia rimane comunque di Ibm, lo sviluppo si può aprire a più ampie categorie di sviluppatori hardware, soprattutto nel mercato embedded, cioè dei microprocessori per telefoni cellulari, palmari, apparecchiature di vario genere (come ad esempio i Bancomat).

Adesso, la sorpresa arriva dal segmento dei server blade. Si tratta di server molto sottili e mediamente potenti, sui quali c’è stata un paio di anni addietro particolare attenzione da parte degli analisti. In pratica, simili come concezione agli Xserve, anche se nel gradino immediatamente precedente per la segmentazione del mercato e in competizione con questi dal momento che sono considerati più piccoli e pratici (non vengono montati negli armadi rack).

Il mercato è importante per Ibm, dal momento che, nel 2002, il leader del segmento era Hp, con il 39,88%, Dell seguiva con il 19% e Ibm si era attestata intorno al 15% (fonte Idc). Nel secondo trimestre del 2004 Ibm è diventata leader del segmento con il 37,58%. Nel suo completto, i server blade sono circa il 3% del mercato, con 185 mila installazioni, e una previsione di crescita secondo Idc pari al 29% complessivo per il 2008, vale a dire 9,9 milioni di server installati.

Perché la mossa di mettere in open source, cioè aprire, i suoi blade, nati da una collaborazione con Intel e basati su architetture x86? In pratica, lo scopo è quello di rendere il loro design universale, settando una specie di standard del settore. Per fare questo, le componenti architetturali (cioè l’organizzazione dei bus, gli standard di I/O e il chipset che sovrintende al funzionamento dei server diventano di pubblico dominio.

Svincolati da copyright e da diritti da pagare a Ibm o a Intel, i dati sui server potranno essere utilizzati ad esempio per costruire componenti custom di terze parti che potranno essere aggiunti anche da sviluppatori hardware relativamente piccoli. Si apre la via quindi a un mercato analogo a quello creato nel 1981 delle architetture Pc, basate su uno standard ma aperte all’integrazione di terze parti. In questo modo, i guadagni in termini di quota di mercato e di vendite per Ibm (e Intel) potrebbero diventare estremamente significativi.

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