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Negli Usa la legge sui conflitti d’interesse dei blogger

Non fai in tempo a costruire un nuovo mercato che subito arrivano quei guastafeste dei legislatori a regolamentare tutto. Una sorta di stato assolutista e interventista. àˆ questo quello che devono aver pensato negli Stati Uniti i padri del super-liberismo digitale, quelli che vedono nella rete un esercito di scimmie ammaestrabili, un pubblico che non solo consuma, ma che reclamizza anche, previo qualche regalino dal costo insignificante sui grandi budget di una multinazionale.

Internet, come strumento di comunicazione atipico ma pur sempre strumento di comunicazione, è stato finora lasciato in balia di se stesso: capace di autoregolarsi più o meno, di crescere travolto dalle spinte dello spirito cannibale del capitalismo, di muoversi verso le tendenze di consumo e di reclamizzazione dei prodotti. Ci sono geni che hanno edificato cattedrali sulle regole (assenti) nella rete: Wikinomics, code lunghe, marketing virale, marketing sensoriale digitale alternativo. Di tutto un po’. Per quale motivo? L’assenza delle regole.

Adesso le regole arrivano. Perlomeno negli USA. La FTC si occupa da trent’anni di regolare i rapporti tra inserzionisti pubblicitari e soggetti che producono delle recensioni e test “indipendenti”. E ha messo gli occhi sui blogger, con una legislazione che mira a trasformare il popolo dei blogger, degli utenti di Facebook e di Twitter come dei veri e propri soggetti capaci di ispirare la pubblica opinione e quindi tenuti a rispondere a standard di comportamento, svelando quali rapporti hanno eventualmente con le aziende che promuovono.

A partire dal 1 dicembre, quindi, i blogger che faranno recensioni di prodotti dovranno spiegare pubblicamente il tipo di rapporto che hanno con il produttore. E questo con tutta probabilità  significherà  la fine delle numerose “ondate di regali” che i blogger più noti ricevono ciclicamente. Non solo: i blogger dovranno anche spiegare quale altro tipo di rapporto eventualmente intrattengono con il produttore e le società  collegate: se sono stati invitati in un’altra città  ad assistere a una presentazione di prodotti chi ha pagato per l’aereo, il treno, l’auto, l’hotel, il pranzo, la cena e via dicendo. In teoria, dovrebbero dichiarare anche se posseggono azioni (anche una sola azione) dell’azienda di cui recensiscono i prodotti.

Secondo il New York Times, che racconta la notizia-bomba per tanti che cercano di fare quattro soldi con micro-spot pubblicitari e mezzi regali, questo potrebbe essere l’inizio della fine per i tanti “gentili omaggi” a cui i blogger, in mancanza di un rigido e canonico codice deontologico, si sono sentiti poter accedere senza tanti patemi d’animo.

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