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Troppo lenta… è la fine di Internet come la conosciamo?

Le discussioni, negli Stati Uniti, si stanno moltiplicando. Il problema è semplice: Internet non va più come una volta. Nonostante la banda larga sia sempre più diffusa, il servizio non garantirebbe più velocità  e sincronia. In pratica: soprattutto per chi vuole video o comunque scaricare a buona velocità  contenuti o file dalla rete i problemi stanno cominciando ad emergere. Anche solo per aprire le pagine web.

Cosa succede? Come risolvere? Sono due domande distinte e che portano con sé ciascuna parecchi dubbi. Il primo: secondo il Chicago Tribune il problema c’è ed è dovuto all’arricchirsi dei contenuti disponibili in rete. Soprattutto, YouTube, Google, stanno spingendo al limite la banda larga. La velocità  di accesso, cioè, sarebbe aumentata, ma non abbastanza da “coprire” il maggior peso dei contenuti a disposizione. Tesi forse un po’ limitata e giornalistica nella sua prospettiva: non solo in rete ci sono sempre più contenuti sui circuiti del P2P, ma anche problemi derivanti dall’esplosione nel numero degli utenti e dei siti che questi vogliono raggiungere. Il problema che si pone e che sta cominciando ad emergere in tutta la sua drammaticità , insomma, è un altro.

Mettiamola così: le compagnie che forniscono accesso alla rete “vendono” velocità  di connessione – e realizzano dorsali e sale di router e altre macchine per gestire il traffico – che solo sulla carta garantiscono un certo tipo di prestazioni. Le condizioni sono che gli utenti siano relativamente pochi e che i contenuti siano relativamente omogenei e in qualche misura finiscano in proxy e cache che alleggeriscano i trasferimenti di lungo spessore. La realtà , forse, non è questa.

Intanto, nel mondo reale le connessioni, i tipi di contenuti (si parla del P2P, della IPTV, dei MMPRPG e del VoIP come “mangia-banda”) e le tipologie di utenti stanno letteralmente esplodendo. Perché? C’è poi il fatto che si vendono servizi che non si è in grado di garantire e che l’esplosione del successo delle aziende che offrono connettività  non si accompagna più da tempo con un adeguato investimento in sviluppo: niente sale macchine nuove, niente nuove fibre, niente loops e ultime miglia rimesse a nuovo e rese più potenti. Si nota anche in Italia: se si è collegati ad esempio a Fastweb in fibra ottica – oramai una rarità  – gli armadi condominiali che fanno da router e switch non vengono più aggiornati da cinque o sei anni. Gli utenti consumano di più e si rischia di avere pessimo servizio anche con una tecnologia superiore anni luce a quella delle linee in rame dell’Adsl.

Cosa fare? Qui la domanda diventa drammatica. Uno dei motivi per cui si è messa a tema la questione della “net neutrality” è proprio questa. Come risolvere il problema del traffico in rete? Magari vietando o rallentando la circolazione a certi tipi di auto, cioè di pacchetti di dati. Questo permetterebbe all’attuale infrastruttura, senza doverla cambiare radicalmente, di sopravvivere garantendo immutati margini per i provider di connessione. Ma è una tesi egoistica e un po’ furbetta, perché pesca nelle tasche e nelle potenzialità  dei clienti il modo per cambiare tutto perché non cambi niente.

Un’altra strada è quella che si dice segua Google, che sta costruendo negli Usa più veloce che può decine di data-center. In questo modo l’azienda potrebbe voler diventare fornitore di connettività  per i fornitori di connettività . Un’ipotesi affascinante. Un’altra è quella di “buttare giù” l’attuale sistema con il quale funziona Internet e sostituirlo con uno nuovo. Perché? L’osservazione è che forse i protocolli Tcp/Ip e il sistema di DNS su cui gira Internet e che sono stati inventati dai due geni Bob Kahn e Vint Cerf sono in realtà  limitati. Non riescono a scalare più di tanto. Ecco dunque che a questo punto, giunti ai limiti di crescita tecnologica, sarebbe il caso di passare oltre. Ma anche questa, se pure un’idea interessante, presenta una serie di ostacoli non da poco e anche di rischi: chi lo farebbe e in quale modo? Già  oggi Internet è una infrastruttura critica per il mondo ed è di cultura e proprietà  di un solo Paese (gli Usa) come poche cose nella storia. Raddoppiare in questa direzione potrebbe essere un suicidio economico e culturale per troppi paesi.

E allora? Per adesso, una nuvola sta minacciando i portafogli di una serie infinita di grandi e grandissime aziende. Quelli che pensano di far girare tutto su Internet – televisione, servizi a valore aggiunto, telefonia mobile e fissa – potrebbero presto essere costretti a rivedere i loro piani. Oppure, a cambiare Internet per sempre, magari cominciandone a cambiare il concetto contenuto nel nome. InterNet è nata come International Network, rete di reti. Forse le singole reti sono troppo cresciute per far funzionare ancora la sottostante infrastruttura di connessione, e se cambierà  logica insieme a questa potrebbe o dovrebbe anche cambiare nome.

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