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Google Wave è morto, Google Buzz è morto e anche Google+ si sente poco bene

Se c’è un settore dove Google ha raccolto una collezione (per nulla) invidiabile di epic fail è quello dei social network. Google+ è la prova vivente – ancora per poco – di quanto Mountain View abbia fallito in un settore ormai diventato cruciale per l’intero sviluppo del web: annunciato con altisonanti squilli di trombe, da pioniere della rivoluzione sociale di Larry Page, Google+ è ben presto divenuto il definitivo simulacro dell’incapacità di Google di penetrare un mercato che a quanto pare non fa parte del suo DNA.

Forse spinti da un intrinseco fanboysmo duro a morire, la maggior parte dei sostenitori di Google+ continuano ad ironizzare sui necrologi del social network di Mountain View, ripetutamente stampati dalla stampa specializzata ma mai affissi da Google; è però indubbio come il progressivo ridimensionamento del servizio profetizzi un destino tutt’altro che vitale per quello che un tempo avrebbe dovuto essere il trait-d’union dell’intero universo Google, ma che sembra ora diventato un prodotto da nascondere sotto al tappeto come si usa fare con la polvere che si accumula in soggiorno. Per parafrasare una famosa battuta di Woody Allen, se Google+ non è morto, di sicuro si sente poco bene.

Google+ non è un caso isolato ma è la punta di un iceberg di fallimenti accumulati anno dopo anno nel settore social dall’azienda di Brin e Page. Ripercorriamo la storia e vediamo quali altri servizi di Mountain View hanno seguito le orme di Google+, precipitando nell’oblio virtuale.


 

Orkut

orkut

Orkut (il cui nome deriva dal dipendente di Google, Orkut Büyükkökten, che lo creò) può essere considerato forse allo stesso tempo il più grande successo e il più grande fallimento social di Google. Lanciato nel gennaio 2004 (prima di Facebook) il servizio era stato progettato per aiutare gli utenti a incontrare vecchi e nuovi amici e mantenere relazioni esistenti: in sostanza né più né meno l’obiettivo di Facebook.

Il servizio arrivò nel 2007 ad avete 67 milioni di utenti iscritti. Google però non comprese mai il valore di quanto creato da Büyükkökten e non investì mai sufficienti risorse per rendere Orkut popolare aldilà dei mercati in cui aveva riscosso un buon successo, ovvero Brasile e India, decretandone l’inevitabile declino. Orkut avrebbe potuto essere Facebook; invece nel 2014 chiuse definitivamente i battenti.


 

Jaiku

jaiku

Nato nel 2006, Jaiku era un promettente concorrente di Twitter. Realizzato in Finlandia da due zelanti sviluppatori indipendenti, si trattava di una piattaforma di microblogging in tutto e per tutto simile alla rivale USA, con la quale condivideva dinamiche, immediatezza, semplicità e limitatezza espressiva. Aveva però alcune caratteristiche avanzate, come i gruppi tematici e i commenti, che la rendevano anche più versatile di Twitter.

Nel 2007 arriva Google e compra Jaiku. Da quel momento la start up praticamente sparisce dalla scene, fagocitata dalla sua stessa irrilevanza. Jaiku avrebbe potuto essere Twitter; invece nel 2011 arriva l’annuncio che tutti attendevano: Jaiku verrà chiusa.


 

Google Wave

Google wave

Più grande è l’aspettativa, più grande è la delusione se fallisci. Così è stato per Google Wave, forse uno dei progetti più ambiziosi di Mountain View. Presentata nel 2009 come un’innovativo servizio capace di riunire in un solo luogo le stesse funzioni di email, chat, forum, gruppi di discussione e social network, Google Wave offriva una piattaforma collaborativa in tempo reale che avrebbe dovuto rappresentare l’intera onda comunicativa (“Wave”) necessaria alle interazioni degli internauti.

Accolta da una folla di ingegneri con urla e strilla degne di un keynote di Steve Jobs, Google Wave dovette subito fare i conti con la realtà dell’utente comune, che faticava ad abituarsi ad un’interfaccia confusa e poco chiara, per nulla rassicurante e prona ad intimidire chi tentava disperatamente di capirci qualcosa. Forse Google Wave era anche troppo avanti per la sua epoca, ma online il tempismo è tutto e Google Wave venne chiuso definitivamente nel 2012.


 

Google Buzz

google buzz

Google non si arrende e nel 2010 presenta Google Buzz, un social network che tentava di sfruttare la popolarità di Gmail diventando una sorta di appendice al servizio di email dell’azienda. Buzz nasceva come ideale anello di congiunzione fra l’email e il social network e avrebbe voluto colmare questo gap e conciliare la riservatezza della posta elettronica con il diletto delle reti sociali.

Gli utenti di Gmail non la presero bene, soprattutto dopo essersi accorti che alcune falle di Google Buzz esponevano a perfetti sconosciuti i loro dati sensibili, errore che a Google costò diversi milioni di dollari di multa. Oltre al danno la beffa: Google Buzz non fu mai visto positivamente, né dalla stampa specializzata, né dagli utenti Gmail e Google fu costretta a ritirarlo nel 2011, poco più di un anno dopo il suo lancio.


 

Google Reader

google reader

Forse non tutti ricorderanno che anche Google Reader, il mai dimenticato servizio di lettura dei feed lanciato da Google nel 2005, integrava alcune opzioni sociali, che consentivano agli utenti di condividere e commentare articoli con i propri contatti di Google Talk. Con il passare degli anni si creò una piccola ma affezionata comunità attorno a Google Reader, ma poi iniziò il declino.

Nel 2011 Google eliminò le opzioni di condivisione in favore del pulsante +1 di Google+, suscitando il disappunto degli utenti. Nel 2013 Google decise di chiudere definitivamente Google Reader, giustificando la decisione con un calo di popolarità del servizio. Fra tutte le chiusure citate in questo articolo, quella di Google Reader fu l’unica suscitare clamore e dispiacere da parte degli internauti.


 

YouTube

YouTube

YouTube è la classica eccezione che conferma la regola. Fondato nel 2005 e acquisito da Google nel 2006, è ad oggi il portale video più seguito di sempre, ed il uno dei siti visitati al mondo. Un successo social, dunque, per Google? Sì e no. Sì perché oggi YouTube è il punto di riferimento mondiale per i video generati dagli utenti; no perché YouTube differisce in maniera sostanziale dai social network come Facebook.

Le sue caratteristiche “sociali” sono più limitate: aldilà del sistema di commenti, le possibilità di interazione fra gli utenti hanno un ruolo molto marginale e le relazioni fra di essi sono in secondo piano rispetto alla pubblicazione dei video. Più che un social network sarebbe forse più corretto parlare di una piattaforma di user generated content, contenuti generati dagli utenti, ma priva di una reale rete sociale in grado di auto sostenersi. Non per niente uno dei mezzi di diffusione più efficace dei video di YouTube è, paradossalmente, Facebook.

Insomma, YouTube è stato sicuramente un successo per Google, ma non certo dal punto di vista social.

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