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Pixar, Jobs spiega i motivi del distacco da Disney

In molti hanno fatto ipotesi. Sarà  un bluff di Jobs per sottoscrivere un nuovo contratto più vantaggioso, dicevano alcuni. E’ una mossa suicida, dicevano altri. Pixar da sola non sopravviverà , oppure è tutta una manovra per scalzare il Ceo della casa di Topolino, Eisner, e scalare da parte di Steve Jobs la montagna incantata entrando nella sala di comando di Burbank.

Queste in sintesi le principali ipotesi apparse in queste due settimane sui giornali, una ridda di considerazioni svincolate dai fatti, perché né lo stato maggiore di Disney né quello di Pixar hanno fatto trapelare niente di più dei comunicati ufficiali.

Ieri però Steve Jobs ha parlato agli analisti in un meeting di routine per le compagnie statunitensi ed ha aggiunto di prima mano alcuni particolari che fanno più chiarezza nella vicenda.

“La verità  è che c’è per anni stata ben poca collaborazione creativa con Disney – dice Jobs – Si possono comparare i livelli di creatività  degli ultimi tre film di Pixar con gli ultimi tre di Disney e potete giudicare da soli l’abilità  creativa di ognuna delle due compagnie”.

Mancano ancora due film (e due anni) alla scadenza definitiva del contratto che è stato siglato nel 1991. Da allora, si progettava Toy Story uscito poi nel 1995, di acqua sotto i ponti ne è passata ma Steve Jobs non era mia uscito con dichiarazioni così dure.

Secondo la stampa statunitense, infatti, Jobs sarebbe arrabbiato con Disney per come si è svolta la trattativa di rinnovo: aveva offerto condizioni migliori – ha dichiarato in sintesi Jobs – di quelle ottenibili dalla concorrenza che da tempo corteggia Pixar ma non ha ottenuto risposta positiva dal team di Eisner. Inoltre, secondo Jobs, adesso il brand di Pixar è più potente di quello Disney nel mondo dell’animazione e la decisione di andarsene da soli – ha concluso – verrà  finalizzata a marzo quando inizieranno le trattative con quattro delle major cinematografiche da finalizzarsi entro l’autunno del 2004.

Uno dei principali punti di attrito fra le due compagnie è il business model di Disney, che mira a sfruttare ciascun successo con il più alto numero possibile di sequel. Cosa che, secondo Jobs, sta uccidendo la qualità  e il livello di creatività  dell’azienda.

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