Apple è il grande vecchio, il burattinaio, degli accordi che hanno condotto le case editoriali a una sorta di cartello per i prezzi degli ebook. Almeno questa è l’opinione dal Dipartimento di Giustizia così come emerge dai documenti resi pubblici in questi giorni e usati come capo d’accusa per il noto processo anti trust in corso negli Stati Uniti.
La vicenda ruota intorno agli accordi intercorsi tra Cupertino e alcuni grandi editori americani, un patto nato per minare il modello di acquisto all’ingrosso, applicato da Amazon e introdurre iBookstore con un modello ad agenzia, in cui Apple e le case editoriali avrebbero potuto fissare senza alcuna possibilità di contestazione e concorrenza i prezzi, ponendo un freno al successo di Amazon, ottenuto a scapito dei margini degli editori e del loro controllo sui prezzi, ma anche della possibilità da parte dei clienti di comprare libri a prezzi concorrenziali e della concorrenza stessa.
Intorno a questa ipotesi, come racconta il New York Times, si è costruito il caso che avrebbe trovato riscontri in diverse email scritte da Steve Jobs ai CEO delle case editoriali coinvolte ma anche in messaggi di Eddy Cue e alcune frasi di Jobs riportate nella biografia ufficiale di Walter Isaacson. Da questi scritti emerge la precisa volontà di Jobs di cercare di rialzare i prezzi degli ebook oltre la soglia dei 9,99 dollari praticati da Amazon, fino a riportarli nell’ordine dei 12,99 e 14,99 dollari, restituendo agli editori la libertà di scegliere il prezzo per ogni singola opera. Nelle trattative, sia Jobs sia Eddy Cue, avrebbero sfruttato la posizione di forza di Apple nelle app per convincere gli editori ad abbandonare il modello all’ingrosso di Amazon e passare a quello denominato di agenzia sostenuto da Apple. Ad esempio qualche editore sarebbe stato “ridotto alla ragione” bloccando sue pubblicazioni su App Store e la testimonianza sarebbe in uno scambio di mail tra Cue e Jobs. Questo dimostrerebbe che Apple ha fatto da coordinatore e anche da burattinaio di tutta l’operazione.
Ricordiamo che inizialmente sul banco degli imputati c’erano Apple e anche tutte e cinque le case editoriali accusate di aver siglato accordi con la Mela: HarperCollins, Simon & Schuster, Hachette, Penguin e Macmillan. Le prime tre hanno raggiunto un accordo con le autorità mentre le ultime due, dapprima rimaste a fianco di Cupertino per difendersi nel processo, sono poi fuoriuscite seguendo gli altri editori, lasciando sola Apple nei panni dell’accusato. Così anche se inizialmente la posizione di Apple è stata interpretata come corresponsabile insieme agli editori, la graduale esclusione degli editori coinvolti e ora questa nuova documentazione alzano la barra delle accuse nei confronti di Cupertino. Secondo i legali di Cupertino, invece, accordi per cercare di risollevare i prezzi degli ebook erano già in essere tra gli editori prima dell’ingresso di Apple nel settore con iPad e iBookstore. La dichiarazione ufficiale di Apple non si è fatta attendere:
“Abbiamo contribuito a trasformare il mercato degli e-book con l’introduzione di iBookstore nel 2010, offrendo ai consumatori una gamma estesa di e-book e fornendo nuove funzionalità innovative – ha dichiarato Tom Neumayr portavoce di Cupertino, proseguendo – Il mercato è stato fiorente e innovativo fin dall’ingresso di Apple, e non vediamo l’ora di andare a processo per difendere noi stessi e andare avanti”. Il processo contro Apple inizierà il 3 giugno a New York.