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AAA Microsoft Office regalasi (o quasi) in Australia

Alle volte ci si chiede: perché non capisce? Stiamo parlando con “la macchina”, cioè con il computer. E capita davvero di parlare (o almeno, di pensare) all’indirizzo del mezzo digitale. I suoi comportamenti – se di comportamenti possiamo parlare – alle volte sono fin troppo palesemente “ottusi” e l’essere umano, si sa, ha la tendenza ad antropomorfizzare tutto…

Chi scrive ad esempio litiga da anni con il suo filtro anti-spam, quello originale di Mail.app. Possibile che, neanche dopo avergli detto quattrocento volte che le mail provenienti da determinati indirizzi sono più che “buone”, lui si ostini a volerle classificare come spam? Lo capirebbe anche il cane di Pavlov, ma il filtro anti-spam, per quanto “intelligente”, a quanto pare non ne vuol sapere.

Fin qui, è cronaca della vita digitale di tutto noi, più o meno. Ma cosa succede quando questi spiacevoli “qui-pro-quo” accadono nel mondo delle grandi mega-corporation e negli uffici del marketing? Un caso divertente sta accadendo in questi giorni tra Redmond e l’Australia. E dovrebbe far pensare non tanto a come funzionano le tecnologie di Microsoft, quanto a come si possono creare malintesi che alla fine dovrebbero portare un po’ tutti a riflettere su un’altra cosa. Ma andiamo con ordine.

Microsoft lancia una promozione tutta dedicata agli studenti australiani per promuovere il suo nuovo Office 2007 edizione Ultimate (quella con tutti i frizzi, i lazzi e gli eye-candy del caso). Con un mega-sconto. Per la precisione, da 1150 dollari a 75. Un grandissimo sconto, come racconta Pc World, di circa il 93%. L’obiettivo è di far aquistare online il software garantendo un uso “vita natural durante”, oppure di farne acquistare a soli 25 dollari una versione valida per 12 mesi. L’iniziativa si chiama It’s Not Cheating (In realtà , gli studenti hanno già  diritto a uno sconto, che per quel paese porta la cifra complessiva a 249 dollari, comunque maggiore di quella della promozione).

Ok, è un ottimo tentativo, oltretutto con una tempistica azzeccata perché Microsoft ha fortemente bisogno di lanciare Office contro la concorrenza di… Office nelle versioni precedenti (è lo stesso problema che capita anche a Windows Vista che deve “lottare” in uno scontro quasi fratricida con le versioni precedenti del sistema operativo utilizzato da decine di milioni di potenziali clienti). Peccato che però ci metta lo zampino il servizio Live OneCare, che segnala subito il fatto che si tratti di un potenziale tentativo di Phishing, cioè di furto di identità  digitale, magari del numero della carta di credito che si utilizzerà  per pagare i (pochi) dollari necessari al pagamento della licenza.

Perché? A parte la figuraccia – il fatto che la potente azienda tecnologica non sia in grado di dominare la sua stessa tecnologia facendole fare ciò che deve – la considerazione è che forse c’è un vero problema. Cioè, Microsoft e altre aziende – tra cui i produttori di filtri anti spam – affidano a soluzioni totalmente automatiche, basate su forme di intelligenza digitale, problemi che sono molto lontani dall’essere digitali mentre attengono invece alla natura sociale dei comportamenti umani.

Riflettiamo un attimo: cos’è una truffa? Cos’è un furto? Cos’è una mail di spam? Facciamo tre esempi per chiarire meglio il punto. Un orologio della Rolex costa alcune migliaia di euro, sino a una decina di migliaia. Il marchio è molto famoso, tant’è che il 95% delle copie di orologi di marca sono fatte ad immagine di quelli svizzeri. Ma non costano tutti dieci o venti euro. Ce ne sono anche alcuni che costano svariate centinaia, se non qualche migliaio di euro. E vengono comprati. Magari da persone che non vogliono o non possono permettersi un originale, da alcuni che intendono elevare in modo economico il proprio status e look, da altri ancora che hanno un Rolex ma preferiscono girare con la copia. Non è un comportamento né legale né giustificabile eticamente, ma esiste. Il problema è che se uno cerca di scrivere un’email parlando o linkando alle offerte di questo tipo, finisce quasi invariabilmente in un filtro spam. E oltretutto, accedere a un sito che vende palesemente Rolex contraffatti per effettuare un acquisto illegale, fa entrare in fibrillazione i filtri anti-truffa e anti-phishing installati da Symantec e dalle altre aziende che prevengono la “salute” del Pc. Non per una esigenza di rispetto della legge (ci mancherebbe anche che Symantec & Co. potessero decidere come applicare la legge e la censura agli utenti dei computer) ma per una equazione (Rolex falso uguale truffa online) che non necessariamente è vera.

Altro esempio, circa lo spam. Arriva una email di un conoscente che ha una barzelletta divertente, un link (senza commenti) ad un sito commerciale oppure una presentazione PowerPoint strapiena delle solite ovvietà . E’ spam? Il conoscente è qualcuno che ha rapporti con noi. Magari un rompiscatole (e la sua barzelletta è spam per noi, cioè posta indesiderata) oppure ci farà  ridere per tutta la giornata. Chi può dirlo? Non certo un algoritmo artificiale, che non è in grado di interpretare con delle regole i nostri stati d’animo. C’è anche chi si sente solo, per amore di paradosso e di esempio, e ricevere spam lo fa sentire meno isolato. Perché no? Può essere deciso a priori da un computer?

Ecco, questo è il nocciolo del problema. Le attività , le psicologie, i comportamenti umani sono alquanto complessi. Oltretutto, la rete è un terreno fluido in cui le cose evolvono e cambiano velocemente. Arrivano decine o centinaia di migliaia di nuovi utenti, sempre più “persone qualunque”, e la popolazione che sfrutta Internet si arricchisce di nuove tipologie umane, nuove culture, nuovi bisogni, nuove esigenze. Come fare a regolare tutto con algoritmi, per quanto sofisticati?

Microsoft ha fatto un ennesimo piccolo scivolone che i suoi critici – un esercito ben nutrito – hanno subito notato in rete. Però, verrebbe da pensare, dietro c’è di più. C’è un problema che ha a che fare con la natura stessa della tecnologia. La quale funziona molto bene quando tratta di cose tecnologiche. Ma quando tratta di cose evanescenti e inafferrabili come i comportamenti umani, forse deve avere l’umiltà  di riconoscere i suoi limiti.

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