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Con l’addio a John Warnock, cofondatore di Adobe, si chiude un’epoca

Poche aziende hanno avuto un impatto come quello che sono riuscite a fargli avere due uomini: Charles Geschke, scomparso nel 2021, e John Warnock, morto domenica scorsa all’età di 82 anni.

I due, al di là delle competenze nei loro ambiti e al di là della loro capacità imprenditoriale o di essere riusciti a creare standard come il formato Pdf, la stampa PostScript e decine di altre innovazioni, hanno fatto molto di più. Hanno dato le gambe a un’idea di innovazione. E per questo i riconoscimenti non sono mancati.

Negli Stati Uniti, Geschke e Warnock hanno ricevuto la Medaglia Nazionale per la Tecnologia e l’Innovazione (National Medal of Technology and Innovation), onorificenza assegnata dal Presidente USA a inventori e innovatori statunitensi che hanno dato contributi fondamentali allo sviluppo di nuove e importanti tecnologie.

Nel tempo, l’azienda che ha aiutato Apple a decollare assieme al desktop publishing (storico l’accordo per la stampa sulla prima LaserWriter) e che a lungo è stata conosciuta soprattutto come la casa di Photoshop, ha in realtà cambiato lentamente volto.

adobe illustrator old icon 500

Adobe oggi

Rispetto alla startup creativa, all’azienda capace di innovare in settori del digitale, la Adobe di oggi è una azienda gigantesca e molto diversa. Non produce hardware e quindi può vantarsi di essere una delle più grandi se non la più grande azienda software al mondo (Microsoft ha linee di hardware). I suoi prodotti spaziano dal Pdf ad Acrobat, da Illustrator a Premiere fino a Photoshop. Raccolti nelle Creative Suite, che sono delle modalità di organizzazione dei prodotti e di pagamento per il loro uso, inclusi i servizi e gli accessori (come le immagini di stock vendute da Adobe)

Prodotti e servizi senza concorrenza, anche perché buona parte della concorrenza degli anni Ottanta e Novanta o è fallita o è stata comprata da Adobe stessa, che negli anni è diventata un gigante. Con idee spesso opposte a quelle di Apple, per esempio per quanto concerne Adobe Flash, a suo tempo creato da FutureWave e poi comprato da Macromedia che poi è stata comprata da Adobe nel 2005.

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Flash era un’arma di animazione di massa, un modo per mostrare animazioni, contenuti arricchiti, applicazioni desktop e mobili, giochi e quant’altro all’interno del browser o con player dedicati. Ma era anche scomodo per una generazione di dispositivi completamente diversi, più leggeri e flessibili, le cui app dovevano essere programmate seguendo le specifiche del processore e non usando una macchina universale, da un lato, e dall’altro con un browser moderno e che non consumava. Steve Jobs con il lancio di iPhone uccise Flash e Adobe non glielo ha mai perdonato.

Ma l’azienda è conosciuta anche per molti altri motivi. Le critiche che la colgono da parte degli osservatori e degli utenti riguardano sicuramente i prezzi, giudicati molto alti (e viene criticato anche il modello in abbonamento), la sicurezza delle app, la perdita dei dati (nel 2013 vennero rubati 2,9 milioni di dati sensibili degli utenti), le pratiche anti-competitive. Ad esempio l’acquisizione di FreeHand, avversario di Illustratori, che la Federal Trade Commission americana aveva vietato portando alla restituzione ad Altsys e al divieto per dieci anni di acquistare software analoghi. Altsys venne però comprata da Macromedia, che a sua volta venne comprato da Adobe: questo ha portato di fatto al blocco dello sviluppo di FreeHand, facendo esattamente l’opposto di quella che era l’intenzione della FTC.

Adobe è stata abilissima a muoversi, nonostante il colosso di San Jose abbia più di 26mila dipendenti e una struttura alquanto complessa. Così ha saputo cogliere pienamente la rivoluzione del cloud ancora prima di Microsoft (che ha dovuto cambiare amministratore delegato per riuscirci) facendo un passo ulteriore dopo la Adobe Creative Suite, e cioè la Adobe Creative Cloud.

Adobe Creative Cloud Express è la creatività digitale per tutti

Il cloud per Adobe è un modo per offrire tutti i servizi ai suoi clienti in modo scalare. Viene criticata tantissimo per i prezzi e l’approccio, visto che l’azienda fa anche una forte attività di lobby contro la pirateria e la contraffazione del suo software e l’accesso condiviso ai suoi servizi. Ma se da un lato c’è un pubblico molto ampio che potrebbe usare anche altri strumenti meno professionali e si arrabbia per i prezzi attuali, dall’altra è anche vero che Adobe è sempre presente con attività volte a rendere i suoi strumenti per la creatività digitale l’equivalente di quello che Office di Microsoft è per la produttività aziendale e personale: inevitabili.

Cos’è la creatività per Adobe

Al tempo dei due fondatori, la cui scomparsa è poi il motivo per cui vale la pena ripercorrere la storia e soprattutto il significato di Adobe, l’innovazione nel settore digitale al servizio della creatività era ancora tutta da inventare.

Warnock e Geschke si erano conosciuti allo Xerox Parc, il laboratorio di ricerca californiano, tutt’ora in funzione alle pendici di Coyote Hill in piena Silicon Valley, che è stato una delle più importanti fucine di talenti e di innovazione della storia dell’informatica e non solo. Dallo Xerox Parc sono uscite tante cose: l’idea della moderna workstation, della stampa PS, dell’interfaccia a finestre con mouse e menu, e tante altre cose fondamentali.

Soprattutto, sono usciti dei veri e propri geni, capaci di dare gambe alle loro innovazioni e costruire un’azienda attorno alla loro visioni. E la visione dei due era quella di creare, un pezzetto alla volta, degli strumenti che permettessero di fare qualcosa che prima non era mai stato possibile. Lavorare sui progetti, sul design, sui layout, come se fossero di carta ma trasformandoli in bit.

Adobe Creative Residency Fund sostiene i creativi di tutto il mondo

Chi scrive ha visto abbastanza camere oscure e tecnigrafi, normografi, pennini a china, lucidi e trasparenti, e strumenti di rilevazione, archivi di tubi contenenti rotoli e rotoli di disegni in scale diverse, per sapere che l’immagine che Steve Jobs coniò per il personal computer, cioè che si trattava di una bicicletta della mente, è sicuramente troppo modesta. Per la creatività il digitale è stato come un motore a curvatura, un sistema per andare nell’iperspazio.

All’improvviso, che si trattasse di scrivere, di impaginare, di disegnare, di progettare, di fotografare, di editare e ritoccare, tutto era possibile. Ogni anno sempre meglio. Un mondo che oggi non riusciamo più neanche a capire quanto sia diventato questo sì, liquido. È la parola giusta: non possiamo certo dire qui se l’idea di una società liquida, come la descrive il sociologo polacco Zygmunt Bauman, sia corretta o vera. Certamente è così per quanto riguarda invece la creatività digitale. Essa è straordinariamente liquida e dà dipendenza come una droga. Tornare indietro è impossibile.

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Certo, il singolo può e anzi deve provare tecniche antiche, manuali, ripetitive. Può e anzi deve seguire un approccio stile Montessori. Può e anzi deve capire come funzionano le cose. Però non funzionerebbe più niente se tornassimo a lavorare in quel mondo in un settore che è al centro della società. La creatività digitale. E tutto questo si deve a pochissime persone, pochissimi condottieri che hanno saputo raccogliere tecnologie innovative e dargli una forma legata a una visione.

John Warnock e Charles Geschke, cofondatori di Adobe, erano questo. L’azienda poi è lentamente diventata altro, un colosso con una idea e funzionamento completamente diversi. Per questo possiamo dire che con la loro scomparsa si chiude un’epoca in cui la visione era più importante del capitale. Quel che viene dopo è finanza ed esercizio del potere delle trimestrali sui manager, e poco altro.

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